La diagnosi del diabete: perché spesso arriva in ritardo
PUBBLICATO IL 17 NOVEMBRE 2022
Troppo spesso sottovalutato, il diabete è tra le malattie croniche più gravi non trasmissibili. Sono oltre 3,5 milioni i diabetici in Italia e i dati mostrano purtroppo un costante aumento della mortalità (+3% circa) per questa patologia. L’aspetto più critico: la diagnosi tardiva del diabete.
Approfondiamo la tematica con la dott.ssa Ioana Savulescu, responsabile del Servizio di Endocrinologia e Diabetologia dell’Istituto di Cura Città di Pavia.
Una malattia silente
L’aspetto più grave è il mancato riconoscimento della malattia. Si parla di ‘diabete sommerso’ o non ancora diagnosticato per indicare quella quota di popolazione che:
- ancora non sa di avere il diabete
- non accetta la condizione di malattia diabetica.
Questa fetta di popolazione, pertanto, non cura la malattia, che ignora di avere, e insieme ad essa le relative complicanze tra cui, i rischi cardiovascolari e la mortalità.
“Solo nel nostro territorio - spiega la dottoressa -, nel 2021, si sono registrati 33.000 pavesi diabetici, circa il 6,5% della popolazione totale. Abbiamo tutti gli strumenti per individuare e affrontare per tempo il diabete, evitando danni irreversibili, ma è ancora tutt’oggi una patologia assai sottostimata”.
Molto frequentemente il diabete viene riscontrato casualmente, magari duranti gli esami di routine o di prericovero, per un intervento programmato o ancora peggio in occasione di un ricovero d’urgenza, per un’altra problematica.
“Se un ‘diabetico noto’ presenta una mortalità triplicata rispetto ad un soggetto non diabetico, in occasione di un ricovero ospedaliero, per un diabete misconosciuto, tale mortalità aumenta ad oltre il 15-16%”, specifica la dottoressa.
Il ritardo nella diagnosi è notevole: si stima si impieghino 7-8 anni o più per una certezza di malattia e, in quest’arco temporale, è frequente che compaiono complicanze croniche ed elevato rischio cardiovascolare.
L’importanza della diagnosi
“Nonostante l’ampia campagna di sensibilizzazione - racconta la specialista -, a tutt’oggi, vediamo nei nostri ambulatori pazienti che accedono per lievi forme di dislipidemia o che richiedono una terapia per banali problematiche tiroidee ancora subcliniche, ma non accettano un sospetto di malattia diabetica che invece li accompagna da anni. E questo perché il diabete è una malattia che va individuata, accettata e curata: concetto banale, ma non scontato”.
Alla diagnosi di diabete, il 71% dei malati sono in eccesso ponderale (vs 41% di chi non ha il diabete), il 52% sono ipertesi (vs 18% di chi non ha il diabete), il 43% hanno alti livelli di colesterolo (vs 21% di chi non ha il diabete), il 49% sono sedentari (vs 36% di chi non ha il diabete), il 23% fumatori (analogamente al resto della popolazione 25%).
A differenza di problematiche altrettanto serie come la dislipidemia, l’ipertensione, l’iperglicemia, però, il diabete non viene vissuto con la stessa attenzione. Anzi, va ‘giustificato’, trascurato o non considerato.
I sintomi dell’iperglicemia
“È proprio la mancanza di sintomi conclamati, la causa della poca considerazione che viene riservata a questa malattia. Da qui, un riscontro tardivo del diabete e delle sue complicanze. Per esempio, i sintomi dell’iperglicemia a digiuno sono solo:
- astenia;
- aumentato senso di sete;
- poliuria (aumentata quantità di urina).
Ma niente di più. E così anche forme severe di iperglicemia, rischiano di passare inosservate, sempre per la carenza di sintomi rivelatori.
“È per questo motivo che dai 45 anni, o anche prima, in soggetti a rischio, magari con casi di diabetici in famiglia - sottolinea la dott.ssa Savulescu -, l’iperglicemia va ricercata, sottoponendosi ad esami di routine, con un semplice prelievo venoso per glicemia”.
I campanelli di allarme: i valori della glicemia a digiuno
La glicemia a digiuno è valutata come:
- normale per valori <100mg/dl,
- patologica/diabetica per valori >126mg/dl
- da indagare tra 101-125mg/dl.
Basta un prelievo ematico per glicemia e, nel caso di valori >100mg/dl, anche di emoglobina glicata.
Chi deve fare attenzione
In particolare, bisogna indagare in caso di:
- familiari di primo grado di pazienti diabetici;
- eccesso ponderale in soggetto con vita sedentaria;
- donne con pregresso diabete gestazionale (nei primi 5 anni post-parto o peri menopausa);
- soggetti con fattori di rischio cardiovascolare già noti (ipertesi, dislipidemici, obesi, ma anche fumatori);
- pazienti affetti da epatopatia steatosica o policistosi ovarica.
L’importanza di una diagnosi precoce
“Individuare la malattia ai primi esordi, permette di valutare e prevenire la comparsa delle complicanze croniche, vera causa di invalidità per il paziente. Ma non solo.
Permette anche di trattare il diabete in maniera adeguata, anche grazie alle ultime terapie e tecnologie a disposizione, capaci di modificare la storia clinica della patologia e ridurre la mortalità cardio-nefro-vascolare”, conclude la dottoressa.