Ernia Epigastrica: come riconoscerla e come curarla

PUBBLICATO IL 18 NOVEMBRE 2022

Al Policlinico San Marco l’ernia epigastrica viene trattata con la metodica laparoscopica mini-invasiva. Parola al Prof. Olmi. 

L’ernia epigastrica, detta anche ernia della linea alba, è una patologia piuttosto comune, ma poco conosciuta, che interessa una discreta porzione della popolazione, incidendo negativamente sulla qualità di vita e sulle normali attività quotidiane. Ma come si riconosce? E come si può curare? 

Lo abbiamo chiesto al professor Stefano Olmi, responsabile dell’Unità di Chirurgia generale e oncologia, Centro di chirurgia laparoscopica avanzata e Centro dell’Obesità del Policlinico San Marco, struttura nella quale è attivo anche il Centro di Chirurgia della Parete Addominale, sempre diretto dal professor Olmi, centro di riferimento per il trattamento delle ernie, sia con le tecniche classiche, sia soprattutto attraverso l’utilizzo della metodica laparoscopica mini-invasiva. 

 

Che cos'è un’ernia

“In linea generale, con il termine ernia si intende il passaggio e fuoriuscita di contenuto addominale (intestino, colon, omento…) o semplicemente di grasso attraverso un ‘buco’ della parete, tecnicamente chiamato ‘difetto di parete addominale’. 

Il luogo più comune e più noto in cui si presenta questo difetto è normalmente la regione inguinale, in virtù della sua particolare funzione e anatomia. 

Esistono però altri punti dell’addome meno conosciuti nei quali, per ragioni anatomiche, la parete può presentarsi più debole e quindi più soggetta a erniazioni. Uno di questi punti è la regione epigastrica, ovvero la porzione di addome compresa fra il torace e l’ombelico”, spiega il professor Olmi.

 

I sintomi

“Normalmente l’ernia epigastrica si presenta come un rigonfiamento, variabile per dimensioni e gravità, a livello epigastrico, che spesso compare durante sforzi fisici, impedendo in molti casi una corretta esecuzione dell’attività fisica, o di sforzi fisici anche solo un po’ più intensi della normalità”.  

Nelle fasi iniziali, si riesce a ridurre il rigonfiamento con una manovra manuale, riportando così il viscere nella sua sede originaria. Nelle fasi più avanzate o in caso di ernie di grandi dimensioni, però, questo non è possibile. 

Inoltre, possono associarsi anche dolore e modificazioni dell’alvo con comparsa di stipsi.

 

Le cause

L’ernia epigastrica in genere è legata alla presenza di:

  • difetti della parete addominale presenti fin dalla nascita, quando riguarda i bambini piccoli;
  • indebolimento della parete addominale e delle sue strutture muscolo-fasciali.

“L’indebolimento della parete addominale -  continua lo specialista - può essere favorito da: 

  • pregressi interventi chirurgici a livello addominale; 
  • obesità
  • gravidanza;
  • tosse persistente; 
  • stipsi ostinata; 
  • frequenti sforzi che comportano una contrazione muscolare della parete addominale e del diaframma, come succede, ad esempio, quando si sollevano pesi eccessivi, in palestra o per lavoro”. 

 

Cosa succede se non viene curata

Se non curata, con il passare del tempo l’ernia epigastrica finisce per rimanere sempre presente come rigonfiamento. Questo si traduce non solo in un problema estetico, ma soprattutto in un danno funzionale, limitando in modo importante la possibilità di eseguire le normali attività quotidiane. 

“Le ernie epigastriche spesso restano stabili nel tempo, ma in alcuni casi possono divenire una vera e propria urgenza, da trattare immediatamente per evitare conseguenze che possono essere anche molto gravi - avverte il professor Olmi -. Le complicanze a cui l’ernia può andare incontro, in particolare, sono 2:

  • incarcerazione dell’ernia, ovvero quando il contenuto, una volta uscito, non riesce più a rientrare nella sua sede naturale;
  • strozzamento dell’ernia, condizione a cui si può arrivare se l’incarcerazione non viene adeguatamente riconosciuta e trattata celermente, che può portare a infarto e ischemia del viscere erniato (che si tratti semplicemente di grasso o intestino) con rischio di necrosi”. 

 

La diagnosi

La diagnosi dell’ernia epigastrica è innanzitutto clinica, cioè attraverso una visita con un chirurgo che confermerà la natura e la localizzazione dell’ernia e di eventuali altri difetti di parete associati al principale. 

In seconda istanza, comunque dopo la valutazione clinica dello specialista, possono essere prescritti ulteriori accertamenti quali l’ecografia addominale

 

L’intervento

Nel caso di ernie epigastriche di piccole dimensioni, asintomatiche e che si riesce a ridurre manualmente può essere indicata quella che viene chiamata ‘vigile attesa’.
Quando però l’ernia epigastrica è sintomatica, o in caso di complicanze, diventa necessario ricorrere all’intervento chirurgico che oggi, nei centri più avanzati come quello del Policlinico San Marco, viene effettuato con tecniche mini-invasive laparoscopiche

L’approccio laparoscopico

“Grazie all’approccio laparoscopico, anche nel campo del trattamento dell’ernia epigastrica non viene effettuato un taglio come succede con la chirurgia ‘tradizionale’, ma 3 piccole incisioni. Attraverso di esse il chirurgo, avvalendosi del laparoscopio, un tubo sottilissimo formato da una rete di fibre ottiche che fungono sia da sorgente luminosa sia da telecamera, riduce l’ernia. In seguito, introduce, posiziona e fissa una rete di materiale biocompatibile

In questo modo si ricostituisce l’integrità della parete addominale, risolvendo definitivamente l’ernia, con notevoli miglioramenti della qualità di vita del paziente, sia a livello funzionale (spesso i pazienti con grossi difetti di parete, oltre ad avere problematiche a livello meccanico-muscolare nello svolgere l’attività lavorativa o sportiva, presentano anche problemi respiratori correlati al laparocele), sia estetico - osserva lo specialista -. 

La continua evoluzione tecnologica garantisce l’utilizzo di reti con caratteristiche adatte al tipo e alle dimensioni del difetto con ottimi risultati, sia a livello di dolore postoperatorio, sia di tenuta nel tempo”. 

Normalmente la dimissione avviene 1 giorno dopo l’intervento e la ripresa delle attività, sempre da relazionare alle dimensioni del difetto erniario, avviene in media in 10-15 giorni.

I vantaggi dell’approccio laparoscopico

“Se con tecnica tradizionale per riparare ernie epigastriche era necessario tagliare la parete addominale ed effettuare un intervento lungo e laborioso, con decorsi postoperatori gravati dal rischio di infezioni di parete e limitazione delle attività anche per periodi discretamente prolungati, la laparoscopia permette di eseguire lo stesso intervento eliminando tali inconvenienti - aggiunge lo specialista -. 

La tecnica laparoscopica e mini-laparoscopica consente di trattare con estrema sicurezza l’ernia: grazie alla migliore visione che si ottiene con il laparoscopio, il chirurgo ha la possibilità di posizionare la rete in modo più completo, andando a coprire completamente tutta la regione in un unico intervento, anche trattando contemporaneamente altre eventuali ernie associate, ad esempio, una concomitante ernia ombelicale associata all’ernia epigastrica o a una diastasi dei muscoli retti addominali, e limitando al minimo il rischio di recidive. 

Il dolore postoperatorio, rispetto all’intervento tradizionale, è pressoché nullo; la ripresa delle attività, lavorative o sportive, anche a livello agonistico-professionale, avviene molto rapidamente. Il tasso di recidiva è comparabile, se non inferiore, alle principali casistiche internazionali”. 

 

Esercizio fisico: sì o no

"Finché l’ernia epigastrica non viene curata e trattata, normali esercizi fisici o sforzi addominali sono non solo sconsigliati, ma addirittura dolorosi, per via della presenza dell’ernia stessa - sottolinea il professor Olmi -. 

Viene pertanto consigliata l’astensione da sforzi fisici intensi o, qualora, ad esempio, per motivi lavorativi non si possano evitare, l’utilizzo di fascia elastica addominale”, conclude il professor Olmi.

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