Cardiomiopatie: cosa sono e come si riconoscono
PUBBLICATO IL 29 AGOSTO 2023
Le cardiomiopatie sono, come dice il nome stesso, delle patologie che coinvolgono il miocardio. Fanno parte di un gruppo eterogeneo e complesso di patologie del cuore accomunate da una predisposizione genetica che si manifesta con un’alterazione anatomica e/o strutturale di una camera cardiaca ventricolare, più spesso sinistra, oppure destra nella forma associata alla prognosi peggiore, ovvero la cardiomiopatia aritmogena.
Queste malattie sono accomunate dal punto di vista clinico, indipendentemente dalla specifica patologia, dal fatto di potersi manifestare clinicamente con aritmie ventricolari che possono essere spesso minacciose per la vita e, quindi, condurre all’arresto cardiaco.
L’obiettivo principale del cardiologo che gestisce questo tipo di patologie è mettere in atto tutti quei presidi che possono portare ad una diagnosi precoce, e pertanto identificare la situazione e caratterizzare la prognosi del paziente sulla base di una serie di esami approfonditi. Infine, mettere in atto quelle opzioni terapeutiche farmacologiche o di tipo interventistico finalizzate a ridurre la probabilità di morte cardiaca improvvisa o l’evoluzione verso lo scompenso cardiaco.
Ce ne parla il professor Daniele Andreini, responsabile dell’Unità Operativa di Cardiologia Clinica ed Imaging Cardiaco e di Cardiologia dello Sport presso l’IRCCS Ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio e Palazzo della Salute Wellness Clinic.
Le forme di cardiomiopatia
Le forme più rilevanti dal punto di vista epidemiologico di cardiomiopatie, quindi maggiormente frequenti nella popolazione, sono principalmente di 2 tipi:
- cardiomiopatia ipertrofica;
- cardiomiopatia aritmogena.
Esistono poi altre forme come:
- la cardiomiopatia dilatativa primitiva;
- la cardiomiopatia del ventricolo sinistro non compatto.
La cardiomiopatia ipertrofica
“Caratterizzata da una ipertrofia (ispessimento) delle pareti del ventricolo sinistro nella maggior parte dei casi a carico del setto interventricolare - spiega il prof. Andreini -, questo tipo di cardiomiopatia si manifesta in particolare agli esami di imaging cardiaco, come l’ecocardiografia o la Risonanza Magnetica cardiaca, con spessori parietali significativamente incrementati.
Dal punto di vista diagnostico, possiamo avere qualche informazione dall’Elettrocardiogramma semplice a 12 derivazioni, ma gli esami più importanti sono:
- l’ecocardiogramma, in prima battuta, in particolare se eseguito con un ecografo di recente generazione;
- la RM del cuore, che è l’esame più rilevante dal punto di vista della caratterizzazione prognostica in quanto ci consente di identificare aree di fibrosi miocardica, legate all’insorgenza di aritmie ventricolari spesso anche minacciose per la vita del paziente”.
La cardiomiopatia aritmogena
È la forma più temuta in quanto si associa spesso ad aritmie ventricolari, in particolare le tachicardie ventricolari, fino anche alle aritmie che possono condurre all’arresto cardiaco, come le tachicardie ventricolari sostenute o addirittura la fibrillazione ventricolare. Anche in questo caso, gli strumenti diagnostici sono quelli di imaging avanzato, in quanto la malattia solo raramente mostra segni elettrocardiografici.
“In entrambe le forme - continua - il test genetico può aiutarci nella diagnosi anche se non sempre ha una sensibilità elevata. Un test genetico negativo non esclude peraltro la diagnosi né di forma ipertrofica, né di forma aritmogena.
In quest’ultima, è molto importante anche la valutazione elettrofisiologica/aritmologica per definire meglio il profilo aritmico del paziente. Anche il test da sforzo cardiopolmonare si rivela un esame fondamentale per identificare la capacità di esercizio del paziente”.
La cardiomiopatia dilatativa primitiva e la cardiomiopatia del ventricolo sinistro non compatto
La cardiomiopatia dilatativa primitiva è una delle principali cause dello scompenso cardiaco e si caratterizza con una dilatazione del ventricolo sinistro. Quest’ultimo si contrae in modo inadeguato, portando il paziente a manifestare i segni e sintomi dello scompenso, come:
- fiato corto;
- marcata astenia;
- gambe gonfie.
Vi è poi la forma del ventricolo sinistro non compatto, simile a quella dilatativa, ma che si caratterizza per un ventricolo sinistro in cui la parete non è compatta, ma è trabecolata, spongiosa. Oltre alle aritmie e allo scompenso, si può caratterizzare anche per la facilità di eventi tromboembolici.
Gli ambulatori dedicati dell’IRCCS Ospedale Galeazzi- Sant’Ambrogio
“Per tutte queste patologie, all’IRCCS Ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio, abbiamo a disposizione innanzitutto un ambulatorio di facile accesso dedicato a prime visite e a visite periodiche ambulatoriali, svolte da cardiologi con anni di esperienza nel settore sia in termini diagnostici sia di gestione di questi pazienti - approfondisce lo specialista -.
Disponiamo, inoltre, in ospedale di tutti gli strumenti di avanguardia per questo tipo di valutazione:
- dall’ecocardiografia più avanzata con la valutazione dello strain cioè della deformabilità delle camere cardiache, con la valutazione tridimensionale;
- alla TC coronarica, molto utile per escludere che la causa di alcune di queste manifestazioni sia una malattia coronarica in modo del tutto non invasivo.
Il tutto nella massima sicurezza in termini di radio-esposizione e di bassissima dose di contrasto somministrato.
Infine la Risonanza Magnetica del cuore, che è quasi sempre un esame fondamentale per:
- la diagnosi nelle forme più atipiche o molto iniziali, impostando un’adeguata terapia e un follow up,
- identificare le aree di fibrosi del miocardio che, talvolta, sono l’unico fenomeno iniziale.
A questo riguardo - conclude Andreini - la nostra RM a 3 Tesla consente, con maggiore accuratezza e precisione nei confronti dello standard, di identificare aree cicatriziali miocardiche di piccolissime entità per una migliore gestione del paziente”.