
Pubblicati i primi risultati di ‘A Call for Women’, il progetto del Policlinico San Donato sulla salute cardiovascolare femminile
PUBBLICATO IL 28 MAGGIO 2025
Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte tra le donne, ma poche lo sanno. È quanto emerge da una survey lanciata in Regione Lombardia nell’ambito del progetto ‘A Call for Women’, condotto dai professionisti dell’IRCCS Policlinico San Donato.
È stato appena pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology lo studio che riporta i dati raccolti tra settembre 2022 e novembre 2023 in Lombardia. La survey, promossa in occasione della Giornata Mondiale del Cuore, ha coinvolto oltre 3.500 donne residenti nella regione, con l’obiettivo di esplorare stili di vita, fattori di rischio e livello di consapevolezza sul tema della salute cardiovascolare femminile.
Per approfondire i risultati, abbiamo intervistato la dottoressa Serenella Castelvecchio, cardiologa e promotrice del progetto, esperta in medicina di genere e prevenzione cardiovascolare, nonché Responsabile del Programma di Medicina di Genere presso l’IRCCS Policlinico San Donato.
“I dati emersi sono estremamente rilevanti, e in parte preoccupanti - spiega la dott.ssa Castelvecchio -. Quasi 2 donne su 3 non sono consapevoli che le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nel sesso femminile. Eppure, in Italia, oltre il 50% dei decessi femminili è legato proprio a cause cardiovascolari”.
Perché le malattie cardiovascolari nelle donne sono ancora sottovalutate
Il cuore delle donne è ancora oggi trascurato. Per molto tempo, si è pensato alle patologie cardiovascolari come “malattie da uomini”, anche nei percorsi di diagnosi, trattamento e ricerca. I sintomi nelle donne possono presentarsi in modo meno tipico e meno eclatante (con affaticamento, nausea, dolore alla schiena o all’addome) e questo porta spesso a diagnosi tardive o sottovalutate.
Inoltre, le donne sono state storicamente sottorappresentate negli studi clinici, il che ha portato alla compilazione di linee guida più adatte al genere maschile. Solo negli ultimi anni, grazie alla crescente attenzione alla medicina di genere, si stanno colmando queste lacune.
‘A Call for Women’: uno studio su larga scala, tutto al femminile
Lo studio ‘A Call for Women’ nasce proprio con l’intento di ascoltare le donne, comprenderne i bisogni e disegnare strategie preventive più efficaci e mirate. La survey è stata realizzata somministrando un questionario online distribuito su tutto il territorio lombardo, con il supporto di associazioni, enti pubblici, ambulatori e canali digitali.
“La risposta è stata straordinaria: abbiamo raccolto oltre 3.500 questionari - spiega la dott.ssa Castelvecchio -. Un campione ampio, eterogeneo, che ci ha permesso di:
- identificare diversi profili di rischio;
- elaborare proposte concrete per la prevenzione”.
Come sono stati raccolti e analizzati i dati
Per analizzare i dati raccolti, i ricercatori hanno utilizzato una tecnica chiamata cluster analysis. Si tratta di un metodo statistico che consente di organizzare un insieme di dati in gruppi omogenei, chiamati cluster, basandosi sulle caratteristiche comuni delle partecipanti: età, livello d'istruzione, presenza di malattie, stile di vita, e così via.
In parole semplici: il cluster aiuta a trovare profili-tipo, ovvero gruppi di persone con comportamenti o condizioni simili. In questo caso, è servito a capire che:
- non tutte le donne sono uguali di fronte al rischio cardiovascolare;
- serve una comunicazione personalizzata per ciascun gruppo.
I 3 profili emersi: tra consapevolezza e vulnerabilità
- Cluster 1: donne mediamente istruite, con un’età media di 53 anni, normopeso e discretamente attive in termini di attività fisica. Sono le più consapevoli del rischio cardiovascolare (38%), anche se la maggior consapevolezza potrebbe essere veicolata da problematiche di salute già in atto (il 68,8% presentava almeno una patologia, tra cui ipertensione (20,1%) e ipercolesterolemia (19,3%).
- Cluster 2: donne più anziane e fragili, spesso in pensione o vedove, con istruzione più bassa e patologie croniche (solo il 14% circa non aveva problematiche di salute). Sono molto legate al proprio medico di base, che diventa la principale figura di riferimento e che dovrebbe contribuire ad accrescere la consapevolezza sul rischio cardiovascolare, che resta comunque bassa (36%).
- Cluster 3: donne giovani (età media 38 anni) e occupate, con alto livello di istruzione, ma stili di vita più sedentari, maggiore consumo di tabacco e frequente presenza di patologie ginecologiche (come endometriosi o sindrome dell’ovaio policistico). Sono le meno consapevoli del proprio rischio, forse perché si percepiscono ancora “troppo giovani” per ammalarsi.
“Questo ultimo gruppo, quello delle donne giovani, ci impone una riflessione - continua la dott.ssa Castelvecchio -. Nonostante l’alto livello culturale, queste donne, che conducono una vita molto impegnata, non hanno consapevolezza del proprio rischio cardiovascolare. Sono anche le meno raggiunte dalle attuali campagne di prevenzione, spesso pensate per un target più adulto”.
Le strategie per il futuro
Lo studio, registrato su ClinicalTrials.gov (NCT05372237) e approvato dal Comitato Etico Regionale, evidenzia quanto sia urgente abbandonare le campagne “taglia unica” e abbracciare una nuova prevenzione su misura.
Le proposte che emergono dallo studio includono:
- sviluppare messaggi mirati per ogni cluster (es. campagne social per le giovani, video educazionali nelle palestre, ambulatori territoriali per le over 60);
- integrare la prevenzione cardiovascolare nei percorsi ginecologici ed endocrinologici, soprattutto per le donne con patologie specifiche come l’endometriosi, creando percorsi multidisciplinari;
- coinvolgere i medici di medicina generale, che restano un punto di contatto fondamentale;
- sviluppare programmi educativi sulle malattie cardiovascolari nelle donne e per le donne, coinvolgendo medici di diverse specialità, ricercatori, operatori sanitari, industria del farmaco, istituzioni e comunità;
- investire in educazione sanitaria nelle scuole e nei luoghi di lavoro.
“Capire chi abbiamo davanti è il primo passo per agire in modo efficace - conclude la dottoressa Castelvecchio -. Solo così potremo costruire interventi personalizzati, in grado di arrivare davvero alle donne, nelle diverse fasi della loro vita”.