Tumore alla prostata: diagnosi precoce e approccio multidisciplinare alla cura

PUBBLICATO IL 17 MARZO 2021

Dal tumore alla prostata si può guarire, ma è importante la diagnosi precoce e un approccio multidisciplinare alle cure. Parola all’esperto del Policlinico San Pietro. 

Il tumore alla prostata è la forma di neoplasia maligna più frequente nell’uomo adulto. Colpisce prevalentemente sopra i 60 anni rappresentando un importante problema di spesa sanitaria. Basti pensare che nei Paesi Occidentali costituisce circa il 15% di tutti i tumori nella popolazione maschile

Come tutti i tumori, deriva da una crescita incontrollata delle cellule della prostata, ovvero la ghiandola localizzata tra vescica e uretra, anteriormente al retto.

La buona notizia è che se diagnosticato e curato tempestivamente la probabilità che la malattia abbia un esito infausto è bassa. Ne parliamo con il dottor Alessandro Piccinelli, responsabile dell’unità operativa di urologia del Policlinico San Pietro e con il dottor Riccardo Galli, urologo della stessa unità, dove è possibile essere seguiti in un percorso personalizzato di diagnosi e cura del tumore alla prostata con tecnologie all’avanguardia e un approccio multidisciplinare che vede coinvolti oltre all’urologo anche oncologo e radioterapista.

I fattori di rischio

Tra i principali fattori di rischio per l'insorgenza  del tumore alla prostata ci sono: 

  • l’età: le possibilità di ammalarsi sono molto scarse prima dei 40 anni, mentre aumentano considerevolmente dopo i 50 anni e circa 2 tumori su 3 sono diagnosticati dopo i 60 anni.

 

  • la familiarità: il rischio di ammalarsi è pari al doppio in chi ha un parente consanguineo (padre, fratello etc.) con questo tumore rispetto a chi non ha nessun caso in famiglia.

I fattori di rischio modificabili

“Fin qui i fattori di rischio cosiddetti non modificabili - osservano gli specialisti -. Esistono poi anche alcuni fattori di rischio modificabili, che possono favorire l’insorgenza e lo sviluppo della malattia, legati allo stile di vita. Tra questi, in particolare:

  •  sovrappeso e obesità
  • sedentarietà
  •  dieta ricca di grassi saturi” .

L’importanza della diagnosi precoce

Il tumore della prostata è asintomatico, pertanto è di vitale importanza la diagnosi precoce, innanzitutto con dosaggio del PSA (dosaggio dell’antigene prostatico specifico) e visita urologica dai 50 anni in poi  (con cadenza indicata dallo specialista urologo in base agli eventuali fattori di rischio), da anticipare se c’è familiarità diretta per questa neoplasia. 

Se nella maggior parte dei casi il tumore alla prostata rimane confinato e cresce molto lentamente, al punto da non essere diagnosticato per anni, in altri, invece, può risultare molto aggressivo e diffondersi velocemente ad altre parti del corpo. Inquadrarne correttamente la tipologia e il livello di aggressività è indispensabile per poter mettere a punto la strategia terapeutica più efficace e meno invasiva.

Come si diagnostica

L’algoritmo diagnostico corrente si basa su: anamnesi, esame digito-rettale, dosaggio dell’antigene prostatico specifico (Psa) e biopsia prostatica ecoguidata

L’anamnesi

L’anamnesi è il primo e fondamentale passo per avere un inquadramento corretto del paziente e consiste nella raccolta dei sintomi e della storia clinica del paziente e dei suoi familiari.

Esame digito-rettale

L'esplorazione rettale permette a volte di identificare al tatto la presenza di eventuali noduli a livello della prostata.

Dosaggio del PSA

Il dosaggio del PSA è un test semplice e non invasivo che richiede un semplice prelievo di sangue

“Il PSA è un enzima che mantiene fluido il liquido seminale, contribuisce quindi a mantenere una corretta viscosità dello sperma, indispensabile per garantire la motilità degli spermatozoi. Viene prodotto e secreto dalla ghiandola prostatica (o prostata) e può essere dosato nel sangue

Ogni cellula della prostata produce una quantità costante di PSA, esistono tuttavia 3 situazioni patologiche in cui la produzione aumenta quando le cellule prostatiche degenerano in tumore (la produzione è 10 volte superiore):

  • quando le cellule prostatiche sono infiammate;
  • in caso di iperplasia prostatica benigna, poiché aumenta il numero di cellule prostatiche con conseguente incremento del PSA; 
  • in presenza di un tumore alla prostata. 

L’aumento del PSA, quindi, indica che qualcosa non va a carico della prostata, ma non ci indica la patologia che ne determina l’innalzamento: infiammazione, iperplasia e cancro. È la correlazione con l’anamnesi e i dati clinici del paziente che può indirizzare verso la corretta diagnosi”. 

La biopsia prostatica ecoguidata

La biopsia multipla ecoguidata è indispensabile in caso di sospetto palpatorio alla visita specialistica o di alterazione del PSA e rappresenta l'unico esame in grado di identificare con certezza la presenza di cellule tumorali

“La biopsia, che viene effettuata ambulatorialmente e in anestesia locale, consiste in una sola puntura, con apposito ago, a livello del perineo (la zona tra i testicoli e l'ano), da cui si prelevano dei piccoli campioni di tessuto prostatico che vengono poi analizzati al microscopio per rilevare o escludere la presenza di cellule neoplastiche”. 

Innovazione tecnologica con la biopsia prostatica fusion

Da qualche anno è disponibile anche un nuovo tipo di biopsia prostatica, chiamata fusion, che permette di eseguire biopsie in modo ancora più mirato e preciso, ma allo stesso tempo meno invasivo, grazie a un programma che fonde le immagini dell’ecografia e della risonanza magnetica precedentemente eseguite. 

“La biopsia prostatica in fusione di immagini, o biopsia fusion, è una biopsia alla prostata che viene eseguita in modo mirato su aree sospette per tumore segnalate alla Risonanza Magnetica Multiparametrica.

In pratica si trasferiscono le informazioni della risonanza sull’immagine ecografica tridimensionale, permettendo così di ‘mirare’ in modo molto preciso. 

Nella biopsia ‘standard’ le immagini ecografiche non consentono di individuare eventuali aree sospette, pertanto si prelevano campioni di tessuto in maniera ‘random’. 

La fusion permette, invece, di sfruttare l'accuratezza delle immagini della Risonanza Magnetica per individuare e campionare solo le aree sospette, anche di piccole dimensioni, con meno prelievi. In questo modo si può massimizzare e velocizzare la diagnosi del tumore alla prostata riducendo la necessità di ricorso a biopsie multiple, incrementando la diagnosi dei tumori più aggressivi e riducendo quella dei tumori a più lenta crescita”. 

La cure per il tumore alla prostata

Oggi per il tumore della prostata sono disponibili diversi tipi di trattamento

  • chirurgia
  •  terapia ormonale e chemioterapica
  • radioterapia.

La scelta della terapia o delle terapie deriva da un’attenta valutazione delle caratteristiche del paziente (età, aspettativa di vita etc.) e della malattia (basso, intermedio o alto rischio).

L’approccio multidisciplinare del Policlinico San Pietro

 In quest’ottica, negli ultimi anni, è diventato sempre più cruciale per l’elaborazione di strategie terapeutiche il più possibile personalizzate ed efficaci l’approccio multidisciplinare. 

“In diversi Paesi la gestione del paziente con neoplasia prostatica è multidisciplinare e multiprofessionale da anni. Questa opportunità sta prendendo sempre più piede in Italia, ma è un processo che necessita di supporto organizzativo e cambiamento di approccio da parte degli specialisti coinvolti”. 

Da due anni anche al Policlinico San Pietro tutti i casi oncologici prostatici vengono affrontati in modo multidisciplinare. Ma quali vantaggi offre nello specifico? 

“L’approccio multidisciplinare nel paziente oncologico prostatico permette di affrontare al meglio tutte le fasi della malattia, migliorando:

  •  la scelta terapeutica
  • il supporto
  •  la risposta ai trattamenti.

Si basa sulla sinergia e competenza di più specialisti coinvolti a formare un team, tra cui oncologo, radioterapista e urologo, che collaborando permettono di porre il paziente al centro del percorso di diagnosi e cura, proponendo un approccio ‘personalizzato’, diverso da paziente a paziente. 

Le figure professionali coinvolte integrano le proprie competenze e esperienze cliniche-relazionali per ottimizzare il percorso diagnostico-terapeutico. 

La gestione varia sulla base delle caratteristiche del paziente e della malattia, valutando percorsi diagnostici, di stadiazione e indirizzando a diverse terapie come la chirurgia, la radioterapia esterna, l’ormonoterapia, la chemioterapia, come anche atteggiamenti osservazionali di vigile monitoraggio”. 

Come opera il team? “Tutti i casi di patologia oncologica prostatica vengono ‘discussi collegialmente’ in assenza del paziente, per pianificare il percorso migliore in ogni singolo caso. Successivamente l’esito della discussione viene comunicato al paziente dallo specialista di riferimento o con “visite multidisciplinari”, in cui il paziente incontra simultaneamente gli specialisti coinvolti nel suo percorso assistenziale”.

Cura e Prevenzione