La sindrome della spalla congelata: cos’è e come si cura
PUBBLICATO IL 31 DICEMBRE 2021
Spalla congelata, frozen shoulder, capsulite adesiva: sono tutti termini che indicano un’affezione dolorosa della spalla che si manifesta con dolore, rigidità e difficoltà nei movimenti. Una sindrome che, con il passare del tempo, può cronicizzarsi e determinare una progressiva perdita di mobilità ed elasticità dell’articolazione.
Si tratta di una condizione che si verifica circa nel 2% della popolazione. Più comunemente colpisce le persone di età compresa tra i 40 e i 60 anni e, generalmente, interessa di più le donne.
Il Dott. Fulvio Modonesi, Responsabile dell’U.O. di Ortopedia e Traumatologia sez. I dell’Istituto Clinico Città di Brescia spiega di cosa si tratta e come è possibile curarla.
I sintomi
Quando insorge questa sindrome la capsula della spalla si ispessisce, diventa stretta e si sviluppano spesse bande di tessuto (definite in gergo medico 'aderenze') causando:
- dolore localizzato sopra la spalla che qualche volta si estende fino al braccio;
- rigidità soprattutto al mattino, dopo il risveglio;
- difficoltà nell’eseguire normali movimenti della spalla;
- progressiva perdita di elasticità sia pur in assenza di traumi noti.
Cause e fattori di rischio
“La sindrome della spalla congelata - prosegue lo specialista - può essere:
- di natura idiopatica, quindi senza causa apparente;
- secondaria a traumi dell’articolazione o interventi chirurgici.
La causa ha un’origine infiammatoria, nella maggior parte dei casi, infatti, è originata da:
- borsite;
- tendinite calcifica;
- sindrome della spalla di Milwaukee;
- artrite reumatoide;
- post mastectomia.
I fattori di rischio sono principalmente il diabete, l’ipotiroidismo e il morbo di Parkinson”.
La diagnosi
“La diagnosi per chi è affetto da capsulite adesiva è spesso difficile - aggiunge lo specialista - . Per evidenziare depositi calcifici o escludere altre patologie, sarebbe opportuno sottoporsi a radiografie in proiezioni standard”.
Terapia e riabilitazione
Il processo di guarigione è solitamente lento e può richiedere del tempo: “Una terapia antinfiammatoria, un po’ di riabilitazione e stretching nella maggior parte dei casi sono risolutivi - conclude il Dott. Modonesi -. Più raramente, quando i sintomi non si alleviano e il dolore persiste, si può discutere con lo specialista ortopedico della possibilità di effettuare un’ artrolisi artroscopica”.
La riabilitazione mira, attraverso l’esecuzione di movimenti specifici, al recupero dell’articolarità: il trattamento prevede massaggi ed esercizi che lentamente consentono al paziente di recuperare l’elasticità compromessa.