L’Istituto Clinico Sant’Ambrogio tra i primi per un intervento di toracoscopia in pazienti COVID

PUBBLICATO IL 04 LUGLIO 2020

I due pazienti ricoverati presentavano insufficienza respiratoria e pneumotorace persistente a seguito dell’intubazione. Il dottor Aiolfi racconta l'intervento di toracoscopia mininvasiva.

L’emergenza sanitaria da SARS-CoV-2 ha favorito presso l’Istituto Clinico Sant’Ambrogio la creazione di reparti Covid specifici, gestiti da équipe mediche polispecialistiche che hanno messo a disposizione dei pazienti esperienze e competenze diverse per affrontare le situazioni più gravi. 

Come, per esempio, è accaduto nei casi di due pazienti Covid con insufficienza respiratoria e pneumotorace persistente (conseguenza dell’intubazione), ricoverati presso la Terapia intensiva della struttura.

L’equipe di medici dell’Istituto Clinico Sant’Ambrogio, tra i primi al mondo, ha proceduto al trattamento del pneumotorace attraverso un intervento mininvasivo in toracoscopia

Ecco cosa è successo nel dettaglio e in quale fase di sviluppo della malattia sono intervenuti gli esperti della struttura milanese di Gruppo San Donato. 

Le fasi di sviluppo del COVID-19

L’infezione da COVID prevede 3 diverse fasi di sviluppo. 

La prima fase è quella del contagio in cui il virus, attraverso le vie respiratorie, entra all’interno dell’organismo e inizia la fase replicativa

I sintomi legati a questa prima fase sono quelli classici delle sindromi influenzali: 

  • malessere;
  • artralgie diffuse;
  • febbre;
  • tosse secca. 

Quando la malattia si blocca in questo stadio, spontaneamente o grazie ai farmaci, la prognosi è ottima e il decorso è benigno.

La seconda fase: la polmonite interstiziale 

La seconda fase è quella della polmonite interstiziale che, a differenza della classica polmonite lobare, colpisce i polmoni in modo esteso, sia attraverso gli effetti diretti del virus, sia per la risposta infiammatoria e citochimica del nostro organismo. In questa fase possono comparire sintomi respiratori anche molto importanti, associati a una riduzione della saturazione di ossigeno e spesso si rende necessario il ricovero

La prognosi di questa fase è variabile e dipende, oltre che dalle cure, dal tipo di paziente colpito: evidentemente più a rischio sono quelli con patologie cardiache o polmonari pre-esistenti, quelli più anziani e quelli con patologie croniche di qualunque tipo.

La terza fase: la risposta infiammatoria grave

Infine, in un numero più ridotto di pazienti, la malattia evolve in una terza fase, caratterizzata da un quadro clinico ingravescente, causato da una risposta iperinfiammatoria che determina tra l’altro un quadro di vasculopatia sia arteriosa, sia venosa, con stato di ipercoagulabilità, trombosi dei piccoli vasi, evoluzione verso lesioni polmonari anche estremamente gravi e potenzialmente permanenti (fibrosi) e coinvolgimento extra-polmonare. 

In questo caso la prognosi può essere peggiore, anche in pazienti meno anziani e senza patologie associate.

L’ intervento mininvasivo per il trattamento dello pneumotorace 

È proprio all’interno di questa ultima fase che un gruppo di medici polispecialistico costituito dal Prof. Francesco Donatelli (coordinatore), dal Prof. Davide Bona, dalla Prof.ssa Silvia Cirri, dalla Dott.ssa Barbara Baronio, del Prof. Giancarlo Micheletto, dal Dott. Alberto Aiolfi, dal Dott. Tullio Biraghi, dal Dott. Roberto Papotti e dal Dott. Andrea Montisci dell’Istituto Clinico Sant’Ambrogio ha proceduto, tra i primi casi a livello mondiale, al trattamento toracoscopico di due pazienti con insufficienza respiratoria grave e pneumotorace persistente dovuta al COVID-19, ricoverati presso la Terapia intensiva della struttura.

“I due pazienti - spiegano gli specialisti - sono giunti da noi con una diagnosi di polmonite interstiziale accompagnata da sintomi tipici da coronavirus quali febbre e distress respiratorio. 

Data la gravità del quadro clinico, si è resa necessaria l’intubazione che, in entrambi i pazienti, ha causato durante la degenza in Terapia intensiva un quadro grave di pneumotorace sinistro trattato inizialmente mediante posizionamento di drenaggio toracico, atto a espellere l’aria in eccesso. 

Il pneumotorace è la condizione che comporta una fuoriuscita anomala di aria nello spazio pleurico che, accumulandosi, conduce al collasso completo o parziale del polmone. 

Nel caso dei due pazienti, esso è avvenuto a causa del decorso della malattia che ha provocato un irrigidimento del polmone e lo ha reso quindi difficile da ventilare. Con questa condizione di irrigidimento, il polmone non essendo più elastico in alcun casi tende a lacerarsi.

Data la non risoluzione clinica, si è reso quindi necessario un trattamento chirurgico toracoscopico, eseguito su questi due pazienti e documentato su Annals of Thoracic Surgery, rivista internazionale di elevato impatto scientifico, di cui il dottor Aiolfi è stato il primo autore”.

Le caratteristiche della procedura 

“Nello specifico - spiega il dottor Alberto Aiolfi - è stata introdotta una telecamera all’interno del torace dei malati dove è stata effettivamente riscontrata la presenza di aree bollose con piccole perdite di aria. 

Successivamente, sono state eseguite delle mini resezioni nella parete polmonare in prossimità delle zone danneggiate, permettendo di limitare notevolmente la perdita di aria e migliorandone la meccanica respiratoria, grazie all’utilizzo di suturatrici”.

Il primo intervento mondiale su pazienti Covid

L’intervento si è rilevato efficace soprattutto in questa particolare condizione clinica, dove il rischio di contagio era elevato, in primis per anestesisti e operatori: essendoci continue perdite di aria dal polmone, ogni atto respiratorio del paziente poteva essere motivo di ulteriore diffusione del virus, essendo il COVID-19 annidato proprio all’interno degli alveoli polmonari.

“Questo intervento - conclude Aiolfi - si è rivelato un importante apripista avendo grande riscontro e relativa applicazione nel trattamento dello pneumotorace persistente nei pazienti Covid in diversi ospedali in tutto il mondo”.

 

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