Fase 2: come affrontarla al meglio

PUBBLICATO IL 27 APRILE 2020

I consigli del Professor Fabrizio Pregliasco per la Fase 2 dell’emergenza coronavirus e l’uscita dal lockdown. 

Il periodo della Fase 2, rispetto alla fase precedente, non prevederà grandi cambiamenti nel comportamento delle persone: “Non ci sarà una vera e propria differenza rispetto alle norme già in uso di distanziamento sociale, isolamento personale o cura dell’igiene personale e non - spiega il professor Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi e virologo presso l’Università degli Studi di Milano -.

Sarà ancora più importante che ognuno di noi si ricordi di prestare attenzione a non compiere quei gesti ‘potenzialmente pericolosi’ come il toccarsi occhi, naso e bocca con le mani sporche (veicoli di trasmissione del coronavirus). Questo va assolutamente visto in termini di consapevolezza! 

Ciò, sicuramente, diventa più difficile con i bambini (soprattutto quelli più piccoli che amano scorrazzare, buttarsi per terra e sporcarsi) per cui è necessaria un’attenzione sì accurata, ma non ossessiva alla loro igiene. 

Stesso discorso per gli anziani, per i quali le raccomandazioni rimangono le medesime della fase 1: sì alle visite dei parenti, ma mantenendo sempre un’adeguata distanza di 1 metro, evitando di andare a casa loro nel caso di sintomi influenzali o sospetti”.

L’importanza di una sana alimentazione e di un corretto stile di vita

Anche l’alimentazione e il mantenimento di un corretto stile di vita sono aspetti importanti: “Da questo punto di vista - continua il professore - ci sono alcuni consigli da seguire, soprattutto per mantenersi in salute e in forze.

L’assunzione di una dieta che sia il più possibile mediterranea con frutta, verdura e ortaggi di stagione, pane fresco, cereali, legumi e altro ancora è fondamentale nel garantire al nostro organismo il giusto apporto di vitamine e Sali minerali. Cercare, poi, di ridurre (se non di eliminare) il cibo spazzatura o i cibi con eccessivi livelli di grassi cattivi. 

Praticare un’attività fisica adattata, e che sia compatibile anche con lo stato di salute del soggetto e la propria capacità osteo-muscolare, è l’ideale per mantenere uno stile di vita sano e non sedentario. 

L’alimentazione incide molto per l’apporto di vitamina C, vitamine del gruppo B, vitamina E e sali minerali grazie all’azione immunomodulante e immunostimolante che esercitano sull’organismo. 

Naturalmente, nessuno studio a oggi ne ha mai dimostrato l’efficacia nella prevenzione o nel trattamento del COVID, ma certamente un organismo ben nutrito e con un buon sistema immunitario risulterà più forte rispetto a un organismo carente e debole”. 

Test sierologici: cosa sono? 

In questo periodo, si è sentito molto parlare dei test sierologici come strumento molto atteso per individuare chi realmente è entrato in contatto con il virus, anche se sono ancora in corso di validazione, e che saranno tra i protagonisti della Fase 2.  In cosa consistono?

“Innanzitutto - approfondisce l’esperto - bisogna sapere che nel nostro organismo esistono due tipi di anticorpi: IgM e IgG. I primi sono quelli coinvolti nella risposta iniziale anticorpale che cominciano a 7 giorni e scompaiono al 21esimo giorno di malattia. 

Gli IgG, invece, sono le immunoglobuline della memoria (che probabilmente saranno coinvolte anche nell’immunità successiva) e che si positivizzano dal 14esimo giorno rimanendo tendenzialmente positivi.

Il problema è che una positività di questo tipo presa a random può non dare la certezza rispetto al fatto di essere immuni, poiché è sempre necessario effettuare anche un tampone faringeo, se non si hanno precedenti. In più il test fisiologico, così come altri, presenta margini di errore (i cosiddetti falsi positivi e falsi negativi) per cui anche i migliori in commercio arrivano a sensibilità del 97% cioè con un margine di falsi positivi. 

Nelle altre patologie, paradossalmente, il risultato ‘migliore’ è quello negativo, cioè il risultato sicuro, quindi un test che è negativo sierologicamente è sicuramente più affidabile rispetto alle condizioni del paziente (anche se non è esattamente quello che ci si aspetta in questo caso specifico). 

In questo momento - conclude Pregliasco - l’Istituto Superiore di Sanità sta attuando degli studi a campione per capire la dimensione del problema, la diffusione nelle aree geografiche e i contesti particolari. 

Rimarrà, comunque, un certo margine di errore sulla diagnosi nei singoli soggetti rispetto alla difficoltà di assegnazione di un ‘patentino da immunizzato’, ripetendo il test e rieseguendolo, e complementandolo eventualmente con il tampone (anche se ciò non sarà immediato)”.

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