
Nuove terapie farmacologiche per l’obesità: il supporto dello specialista nel percorso di cura
PUBBLICATO IL 23 OTTOBRE 2025
L’obesità non è soltanto una questione estetica o un eccesso di peso. È una condizione complessa e cronica, riconosciuta a livello mondiale, che può influire profondamente sulla salute e aumentare il rischio di sviluppare patologie gravi, tra cui malattie cardiovascolari e tumori, riducendo non solo l’aspettativa, ma anche la qualità di vita.
Quando si parla di trattamento, il primo passo resta sempre lo stesso: migliorare lo stile di vita, con un’alimentazione equilibrata e attività fisica regolare. In alcuni casi, però, puònon bastare, rendendo necessario valutare con uno specialista anche un supporto di tipo farmacologico.
Ne parliamo con la dottoressa Carmela Asteria, endocrinologo, responsabile del Centro di Nutrizione a indirizzo Endocrino-Metabolico (NutrEndo_Me) e responsabile scientifico INCO - Istituto Nazionale per la Cura dell'Obesità presso l’IRCCS Ospedale Galeazzi - Sant'Ambrogio che collabora anche con Palazzo della Salute Wellness Clinic.
Quando è indicata una terapia farmacologica per l’obesità
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’obesità rappresenta una delle principali sfide sanitarie attuali. In Italia, circa il 46% della popolazione adulta è in sovrappeso o con obesità e i numeri sono in aumento anche tra bambini e adolescenti.
La gestione dell’obesità è quindi cruciale e prevede in prima battuta un approccio non farmacologico: un’alimentazione bilanciata e l’incremento dell’attività fisica.
“Se questi interventi però non sono sufficienti a determinare un miglioramento significativo, ovvero non si raggiunge almeno il 5% di riduzione del peso corporeo in 6 mesi, il medico può optare per la prescrizione di un trattamento farmacologico” spiega la dottoressa Asteria.
L’utilizzo di questi farmaci è indicato principalmente nei casi di:
- obesità con un indice di massa corporea, o BMI, pari o superiore a 30;
- sovrappeso (BMI ≥ 27) associato a comorbidità come diabete tipo 2, ipertensione, dislipidemia o altre condizioni clinicamente rilevanti.
“È importante sottolineare che la prescrizione avviene sempre sulla base di una valutazione clinica completa del paziente; l’obiettivo del trattamento non è, infatti, solo la riduzione del peso corporeo, ma il miglioramento della sua salute generale” aggiunge l’endocrinologo.
I farmaci disponibili: cosa sono e come agiscono
Per la cura dell’obesità, negli ultimi anni, sono stati introdotti farmaci appartenenti alla famiglia delle incretine, quali gli agonisti recettoriali GLP-1 (Glucagon-Like Peptide-1) e i doppi agonisti per GLP1 e GIP (Gastric Inhibitory Polypeptide), ovvero molecole che imitano l’azione di ormoni naturalmente prodotti dal nostro intestino.
Questi farmaci hanno un’azione mirata sui meccanismi principali coinvolti nella regolazione del peso corporeo:
- a livello del sistema nervoso centrale, aiutano a regolare il senso di fame e sazietà;
- a livello gastrico, rallentano lo svuotamento dello stomaco, favorendo un senso di pienezza prolungato;
- a livello metabolico, migliorano la sensibilità all’insulina e contribuiscono a regolare la glicemia e i livelli di lipidi nel sangue.
Le molecole, ad oggi, approvate e commercializzate in Italia sono:
- la semaglutide (agonista del GLP-1);
- il tirzepatide (agonista del GLP-1 e GIP).
“I dati clinici ci indicano che questi farmaci possono sì favorire una riduzione significativa del peso corporeo, ma è importante ricordare che i risultati possono variare da persona a persona e dipendono da numerosi fattori” continua il medico.
A chi sono rivolti questi farmaci
Non tutti i pazienti con sovrappeso o obesità sono candidati a questo tipo di terapia. Oltre al BMI e alla presenza di altre patologie come detto, il medico deve tener conto di altri fattori come:
- la risposta a precedenti tentativi non farmacologici;
- la disponibilità a seguire un percorso terapeutico strutturato e continuativo;
- eventuali controindicazioni individuali.
“La personalizzazione del trattamento è essenziale, ogni paziente ha una storia diversa, e il piano terapeutico va costruito tenendo conto anche di tutti questi aspetti” sottolinea la dottoressa.
Sicurezza e monitoraggio: un aspetto fondamentale
Come ogni trattamento farmacologico, anche questi farmaci possono causare effetti indesiderati. I più comuni sono:
- nausea;
- alterazioni dell’alvo come diarrea o stitichezza;
- gonfiore addominale.
In rari casi sono stati segnalati casi più seri, come pancreatiti o problematiche legate alla colecisti.
“Per questo motivo è fondamentale che la terapia venga seguita sotto controllo medico. Il paziente va monitorato, informato e supportato durante tutto il percorso” delinea la dottoressa Asteria.
La terapia farmacologica: un supporto in un percorso strutturato
“È importante ribadire che la terapia farmacologica non sostituisce gli interventi sullo stile di vita – continua l’endocrinologo -. Alimentazione equilibrata, movimento quotidiano e, quando indicato, supporto psicologico, restano fondamentali nel percorso terapeutico.
Gli studi stanno indicando che il miglior risultato si ottiene dall’integrazione dei vari approcci, in un contesto multidisciplinare.
Sottovalutare l’importanza dello stile di vita o considerare il farmaco come ‘soluzione unica’ può ridurre significativamente l’efficacia dell’azione farmacologica”.
Quanto dura la terapia?
Uno degli aspetti più delicati da affrontare con il paziente è la durata del trattamento. “L’obesità è una malattia cronica e recidivante, e come tale richiede spesso una gestione a lungo termine” spiega la specialista.
La sospensione del trattamento può favorire il recupero del peso perso, un fenomeno noto come weight regain, dovuto a meccanismi fisiologici di compensazione (come l’aumento della fame o la riduzione del consumo energetico basale).
“Per questo motivo, è fondamentale che il paziente sia informato in modo chiaro e trasparente. Una terapia ben strutturata, continuativa e seguita da uno specialista può davvero aiutare a mantenere i risultati raggiunti nel tempo” conclude la dottoressa Asteria.