Pericardite e sport: esiste un legame?
PUBBLICATO IL 07 LUGLIO 2023
La pericardite è un’infiammazione del pericardio, ovvero della membrana che avvolge il cuore. È una patologia tendenzialmente benigna che, però, può causare intenso dolore toracico e, in rari casi, può essere necessario un breve ricovero per controllare il processo infiammatorio in atto.
Il trattamento consiste nell’assunzione di terapia antinfiammatoria che deve essere assunta in maniera molto accurata e per alcuni mesi, al fine di ridurre al minimo le probabilità di recidive.
Anche lo sportivo, talvolta, può essere colpito da questa patologia. Il dottor Edoardo Conte, cardiologo presso l’Unità Operativa di Cardiologia Universitaria all’IRCCS Ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio, spiega quali sono le caratteristiche, come si diagnostica e quali sono i trattamenti.
Le cause della pericardite
“Nella maggior parte dei casi, la pericardite viene definita idiopatica, ovvero non sono note fino in fondo quali siano le ragioni che portano all’insorgenza della patologia. Solitamente, non vengono effettuati esami per identificare una causa specifica, in quanto salvo casi rari, nei paesi occidentali, l’eziologia (il complesso delle cause di una malattia) è principalmente virale - spiega il dott. Conte -.
Un’infezione banale come, ad esempio, quella del raffreddore, potrebbe causare un’attivazione del sistema immunitario che, nel soggetto predisposto, aggredisce il pericardio in un processo autoimmunitario scatenato dall’infezione stessa. Non è utile, tuttavia, ai fini di un corretto trattamento, identificare quale sia stato il virus che ha portato all’insorgere di questo processo.
In casi più rari, può trattarsi di un’infezione anche batterica che può localizzarsi appunto nel pericardio e raramente c’è una patologia neoplastica (tumore) sottostante.
Un particolare tipo di pericardite è quella definita come iatrogena, cioè conseguente a interventi chirurgici oppure percutanei. Tale tipo di pericardite è in incremento nei paesi occidentali dove l’aumento dei trattamenti percutanei di un sempre maggior numero di patologie cardiache ha come conseguenza l’incremento dell’incidenza di pericardite iatrogena, che comunque rimane una complicanza rara”.
Chi colpisce
L’età di insorgenza della pericardite è più spesso quella giovanile, in un target compreso tra i 20 e 40 anni; infatti, i giovani hanno un sistema immunitario che possiamo definire più ‘vivace’ e che quindi più probabilmente può condizionare processi autoimmunitari. Tuttavia, molto dipende dalla predisposizione personale e i meccanismi fisiopatologici alla base di questi processi autoimmunitari non sono ancora del tutto noti.
Come si diagnostica la pericardite
Il sintomo più frequente della pericardite è sicuramente il dolore che si associa, di fatto, a criteri diagnostici specifici, tra cui:
- alterazione dell’elettrocardiogramma (ECG);
- riscontri obiettivi (es. sfregamento pericardico);
- riscontro imaging di nuovo versamento pericardico in aumento;
- alterazione degli indici di infiammazione (PCR).
Un’ulteriore conferma di diagnosi di pericardite viene data anche da 2 esami specifici: il già citato elettrocardiogramma e l’ecocardiogramma, quest’ultimo utile per mostrare la comparsa di un versamento pericardico.
Come si tratta la pericardite
Per quanto riguarda i trattamenti, in prima linea troviamo i farmaci antinfiammatori come, ad esempio, l’Ibuprofene, a cui bisogna sempre associare un altro farmaco, la Colchicina, che dà ottimi risultati in termini di riduzione del rischio di recidive. L’antinfiammatorio è ad alto dosaggio; però, se utilizzato correttamente in base alle indicazioni del medico cardiologo, è efficace e sicuro.
“Nel caso in cui questo dovesse fallire, si ricorre al cortisone con un dosaggio medio-basso e, se anche questo non fosse sufficiente - rassicura lo specialista - qui all’Ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio viene offerta ai pazienti l’opportunità di accedere a un nuovo farmaco detto Anakinra, inibitore di interleuchina-1. I dati in letteratura dimostrano come l’utilizzo di questo farmaco possa ridurre le recidive e soprattutto come il paziente riesca a ridurre e sospendere la terapia steroidea, la cui assunzione a lungo termine può essere associata a effetti collaterali.
Anakinra, il cui utilizzo è comunque riservato ad un gruppo selezionato di pazienti che non rispondono alle precedenti terapie, si somministra con un’iniezione sottocutanea, che all’inizio deve essere praticata tutti i giorni; l’effetto collaterale più frequente è l’arrossamento della cute che si può trattare con applicazione di ghiaccio locale.
Pericardite costrittiva: come trattarla
Quando la pericardite recidiva tante volte, il rischio è che diventi cronica e si trasformi in pericardite costrittiva, con una calcificazione del pericardio: questa membrana, che accoglie il cuore e si dilata con lui, diventa in questi casi gabbia calcifica che porta a una sindrome da scompenso molto difficile da curare farmacologicamente, in cui i pazienti stanno molto male e per la quale l’unica soluzione è rappresentata dall’intervento chirurgico che però è aggravato da una mortalità che si colloca tra il 10 e il 20%”.
Pericardite e sport
È importante sapere che, anche dopo una pericardite e con i giusti trattamenti, è possibile tornare a praticare attività sportiva anche a livello agonistico. Una volta che la terapia è ben eseguita e si è portato a termine lo schema terapeutico, nella maggioranza dei casi la pericardite si risolve. Nel 30-40% dei casi, però, possono verificarsi delle recidive.
“Anche se l’attività fisica non rappresenta una delle principali cause di pericardite nello sportivo, quel che è certo è che, sicuramente, dopo un episodio, è necessario osservare un periodo di stop da attività sportiva intensa - continua -.
Questo perché vi sono dati in letteratura che suggeriscono come l’attività sportiva possa favorire l’insorgenza di recidive e, solitamente, si consiglia di mantenere un periodo di sospensione dell’attività durante l’assunzione della terapia, almeno fino a quando i sintomi non sono risolti.
In alcuni casi, si tratta di circa 3 mesi, ma molto dipende dall’intensità dello sport (es. calcio, corsa, sci competitivo) e dall’eventualità della ricomparsa di recidiva”.
Gli ambulatori dedicati del Galeazzi-Sant’Ambrogio
“A questo proposito, l’ambulatorio dedicato alle patologie del miocardio e del pericardio della nostra struttura è pensato proprio alla diagnosi e al trattamento di queste patologie - prosegue lo specialista - in modo che i pazienti possano accedere rapidamente, anche in regime di SSN, a un consulto con specialisti cardiologi. A questo, si associa anche l’ambulatorio di cardiologia dello sport, sempre a rapido accesso e in regime di SSN, importante soprattutto nel caso di coinvolgimento anche del miocardio (es. miopericardite).
In questi casi, l’inquadramento cardiologico del paziente è fondamentale al fine di mettere in condizioni il medico dello sport di rilasciare l’idoneità, in modo che il paziente possa riprendere l’attività sportiva, anche agonistica, in sicurezza e tranquillità. Nella nostra struttura abbiamo, inoltre, la possibilità di effettuare una valutazione integrata anche attraverso l’utilizzo di metodiche di imaging di alto livello, quali Risonanza Magnetica Cardiaca (1.5 e 3T) e TC cardiaca, e grazie anche all’integrazione con l’attività aritmologica e di cardiologia interventistica del nostro Ospedale”.
I consigli del cardiologo
“Non esiste una vera e propria prevenzione dell’ambito della pericardite - conclude Conte -, ma sicuramente è possibile seguire qualche utile consiglio per evitare eventuali recidive:
- cercare di ridurre al minimo l’incidenza di infezioni virali (es. lavarsi spesso le mani, uso di mascherine in luoghi affollati);
- utilizzare in maniera corretta i farmaci prescritti;
- effettuare (in caso di più episodi di pericardite) anche una valutazione immunologica per capire se c’è una latente patologia autoimmune”.