Defecazione ostruita: come si manifesta e come si cura
PUBBLICATO IL 03 NOVEMBRE 2022
La defecazione ostruita è una forma di stipsi cronica (che dura per più di 6 mesi) che si manifesta a causa di un impedimento alla corretta espulsione delle feci, di consistenza dura, dovuto, appunto, a un’ostruzione.
Rivolgersi a un buon specialista, che inquadri la problematica e imposti fin da subito un percorso terapeutico, rappresenta l’approccio più corretto per affrontare questo tipo di disturbo. Ce ne parla il professor Angelo Guttadauro, Responsabile dell’Unità operativa Clinicizzata di Chirurgia Generale, del Centro per la cura delle patologie Proctologiche e del Pavimento Pelvico e dell’Hernia Center presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza.
Cos’è la defecazione ostruita
Nella defecazione ostruita, il problema è dovuto alla difficoltà della persona a espellere le feci che sono regolarmente arrivate. È un problema che interessa principalmente i soggetti di sesso femminile.
Questo malfunzionamento è manifestato da alcuni sintomi specifici come una defecazione difficoltosa con prolungati ed eccessivi ponzamenti (sforzo addominale intenso per evacuare) nel tentativo di espellere le feci (di consistenza piuttosto dura) che, il più delle volte, avviene in maniera incompleta e frazionata.
Dopo dopo aver escluso cause organiche come, ad esempio, il tumore del colon-retto, la malattia diverticolare complicata, le malattie croniche infiammatorie, è necessario studiare se vi è un impedimento alla defecazione a livello dell retto, l’ultimo tratto dell’intestino.
Le cause
“La difficoltà espulsiva è di solito causata dalla presenza di un prolasso del retto all’interno del retto stesso. Si può paragonare a un cannocchiale: più lo si chiude, più il lume libero si riduce. Quindi riducendosi sempre più il lume libero del retto, l’evacuazione risulta più difficoltosa e le feci ristagnano ed escono in maniera frammentata e incompleta.
Tutto questo, sommato allo sforzo del paziente di andare di corpo, porta a uno sfiancamento della parete anteriore del retto che prende il nome di rettocele, ovvero un’erniazione del retto verso la vagina (una sorta di sacca) in cui vanno a ristagnare le feci che, insieme al prolasso, contribuiscono all’ostruzione”.
Molte volte il prolasso del retto è associato anche a un prolasso uro-ginecologico e spesso il trattamento di quest’ultimo corregge anche il prolasso del retto.
È, quindi, fondamentale la visita specialistica al fine di studiare e trattare nel modo più corretto tali patologie.
Alcune volte, la difficoltà all’espulsione può anche essere data da una patologia funzionale e cioè da un rilasciamento non adeguato dei muscoli del pavimento pelvico che, nel momento in cui il paziente spinge per defecare, invece di rilassarsi e aprire il canale anale per far uscire le feci, si contraggono chiudendolo.
Quando il paziente contrae i muscoli addominali per defecare, ma incontra una importante incoordinazione dei muscoli del pavimento pelvico che, invece di favorire sinergicamente l'espulsione, la ostacolano, si verifica una dissinergia del pavimento pelvico. Questa non può essere risolta chirurgicamente, ma con cicli di fisioterapia del pavimento pelvico che rieducano al corretto funzionamento.
I sintomi dell’ostruzione
Il paziente comincia a lamentare di non riuscire più a espellere le feci. Poi dice di riuscire a defecare in più tempi, cioè in maniera frazionata fino a 3 o più volte al giorno.
Riferisce di sentirsi ancora pieno dopo esser andato di corpo, quindi una franca sensazione di defecazione incompleta, fino a un senso di peso doloroso a livello anale.
Nei casi più estremi, il paziente è costretto a esercitare pressione con le dita intorno all’ano, per fare in modo che le feci tornino nella posizione corretta per poter uscire.
“Quando c’è un’ostruzione a livello dell’uscita delle feci a causa di un prolasso, non ha senso quindi ricorrere cronicamente a lassativi, non risolutivi della patologia, ma è necessario disostruire”, sottolinea lo specialista.
Come si diagnostica
“Per una corretta diagnosi della defecazione ostruita, dopo una visita specialistica, si ricorre in primis a una colpocistodefecografia, esame radiologico molto semplice in cui viene praticato un piccolo clistere di mezzo di contrasto nel retto del paziente. Viene poi fatto sedere su un vasino radiotrasparente, e mediante uno studio radiologico, mentre sta ponzando ed espellendo - prosegue l’esperto -, si osserva:
- quanto prolasso (‘cannocchiale’) si forma;
- eventuale presenza di un rettocele e la sua entità;
- se è presente dissinergia;
- soprattutto, quanto residuo di contrasto rimane dopo che il paziente ha ultimato la defecazione.
Oltre a questo, si deve sempre associare una colonscopia, utile per escludere la presenza di più gravi cause organiche dell’intestino, ed eventualmente anche una manometria anorettale, qualora dovesse essere sospettata una dissinergia”.
Come si cura
Se siamo in presenza di un’ostruzione da dissinergia, è sufficiente fare della fisioterapia; se invece siamo di fronte a una ostruzione da prolasso-rettocele è necessario ricorrere alla chirurgia disostruttiva.
Se al prolasso e/o rettocele è presente anche una dissinergia, si ricorrerà al binomio chirurgia-fisioterapia. Qualora al prolasso rettale si associa un prolasso uro-ginecologico, l’approccio specialistico multidisciplinare deciderà per un intervento risolutivo solamente di tipo uro-ginecologico, rettale o combinato.
L’intervento chirurgico
“La chirurgia per la cura dell’ostruzione per via rettale è di tipo routinario e di semplice decorso - afferma il medico -. Consiste nell’asportazione del rettocele e del prolasso attraverso delle suturatrici meccaniche. La ferita chirurgica viene richiusa con piccole graffette metalliche che, nell’arco di 6 mesi, vengono espulse spontaneamente dal paziente con la defecazione.
La ferita chirurgica è posta all’interno del canale anale, in una zona non innervata e quindi non dolorosa. Non vi sono ferite esterne e non vengono inseriti fastidiosi tamponi. Il paziente si alimenta da subito e può andare di corpo regolarmente.
La degenza in ospedale è al massimo di 2 giorni, dopodiché il paziente può tornare a casa senza dolore, solo con un leggero fastidio. Può mangiare e andare di corpo senza nessun problema e riprendere da subito le proprie attività con una semplice visita di controllo dopo 7 giorni”.
Come prevenire le recidive
“Nonostante la chirurgia, tutte le regole che valgono nella stipsi, vanno poi sempre attuate per evitare le recidive e quindi a scopo preventivo - conclude Guttadauro -. Tra queste, le più importanti:
- il mantenimento della posizione a 35 gradi durante la defecazione;
- una dieta varia, ricca di liquidi (soprattutto nei mesi caldi) e di scorie (frutta e verdura);
- un’adeguata attività fisica, evitando il più possibile il sedentarismo”.
La posizione corretta per defecare
“Bisogna sapere che noi occidentali, abbiamo l’abitudine di evacuare mantenendo tipicamente una posizione seduta a 90° - continua -. Questa è una posizione scorretta, perché non facilita la corretta fuoriuscita delle feci. La posizione ideale sarebbe ad angolo acuto, a 35°, con gambe flesse sul busto.
La posizione a 35° è una posizione che rilassa i muscoli del pavimento pelvico, in particolare il pubo rettale, che normalmente è un muscolo che partecipa alla continenza chiudendo il retto”, conclude il dottore.