Terapia del dolore per il mal di schiena: come funziona

PUBBLICATO IL 25 MARZO 2022

Almeno tutti una volta nella vita abbiamo sofferto di mal di schiena, sia in forma acuta, sia in forma cronica, e probabilmente a tutte le età.

Nello specifico, le forme croniche di lombalgia e cervicalgia (cioè quelle che persistono nel tempo) e che coinvolgono in media più del 20% della popolazione italiana e mondiale di età adulta, sono molto frequenti e, soprattutto dal punto di vista del trattamento, richiedono un approccio di tipo multidisciplinare che prevede il coinvolgimento di diversi specialisti come il terapista del dolore, l’ortopedico, il fisioterapista e il neurochirurgo.

Il dottor Giovanni Frigerio, responsabile del centro di Terapia del dolore all’Istituto Clinico Villa Aprica di Como, ci spiega a questo proposito quando sia fondamentale il ruolo giocato dal terapista del dolore facendo una panoramica sulle diverse tecniche per il trattamento di cervicalgia e lombalgia.

 

Quando si ricorre alla terapia del dolore

“In un contesto di multidisciplinarietà, generalmente la figura del terapista del dolore subentra dopo qualche periodo di sintomatologia dolorosa intensa - spiega il dott. Frigerio – soprattutto nella fase subacuta e cronica

Le patologie della colonna che possono essere trattate attraverso la terapia del dolore sono diverse, tra queste:

  • sindromi artrosiche;
  • osteofitosi;
  • spondiloartrosi;
  • sacroileiti;
  • sindromi faccettali”.

La sindrome faccettale

“Nello specifico, la sindrome faccettale è una patologia cronica delle faccette articolari, cioè quelle articolazioni paravertebrali che stabilizzano la colonna. Talvolta, o per forme di degenerazione discale, artrosi o a seguito di interventi chirurgici spinali, queste faccette vanno in artrosi, portando all’insorgenza di un dolore lombare localizzato (monolaterale nell’80% dei casi). 

Nel momento in cui la patologia non è di competenza del neurochirurgo, e che quindi non contempla il ricorso a un intervento chirurgico, o che non si tratti di gravi instabilità della colonna, di ernia del disco da operare con urgenza o di forme degenerative importanti, il terapista del dolore può intervenire”, approfondisce lo specialista.

 

Il trattamento con la radiofrequenza

Lo specialista del dolore può intervenire attraverso l’utilizzo della radiofrequenza, ovvero onde elettromagnetiche di elevata frequenza che vanno ad agire sulla lesione tessutale con fonti di calore molto elevate. A questo proposito, possiamo distinguere 2 tipi di radiofrequenza per il trattamento del dolore acuto e cronico:

  • radiofrequenza pulsata (neuromodulazione)
  • radiofrequenza continua (neurolesiva).

La radiofrequenza pulsata

“La radiofrequenza pulsata (PRF) è un trattamento ambulatoriale e mininvasivo che consiste nell’andare a intervenire con una cannula molto fine, sotto guida radioscopica, all’interno della branca mediale del nervo spinale con una fonte di calore (max 42°C) - sottolinea l’esperto -. Questa tecnica non provoca lesioni neurologiche ma solo un reset del nervo, con un effetto benefico duraturo. 

La radiofrequenza pulsata viene utilizzata principalmente per trattare casi di:

  • ernia del disco con radicolopatia sia cervicale sia dorsale e lombare;
  • neuropatie post erpetiche;
  • neuropatie del pudendo nella spalla congelata.

 Inoltre, è efficace anche sui nervi cranici come, ad esempio, il trigemino”.

La radiofrequenza continua   

“La radiofrequenza neurolesiva (CRF) o continua - aggiunge il dottore -  pone il suo principio di azione nella lesione termica del piccolo nervo dell’articolazione, allo scopo di desensibilizzarlo in maniera permanente. La temperatura, molto elevata, si aggira intorno agli 80°C. 

Solitamente, la radiofrequenza neurolesiva è indicata per il trattamento della sindrome faccettale. Altri casi in cui viene utilizzata sono:

  •  la denervazione parziale della sacro iliaca per via posteriore;
  •  i nervi genicolati sensitivi per il ginocchio;
  •  il nervo otturatorio e femorale per l’anca. 

Di norma, prima di procedere con una radiofrequenza neurolesiva, vengono eseguiti alcuni test diagnostici come, ad esempio, il blocco anestetico o ecoguidato o sotto guida radioscopica che se dà esito positivo (cioè il dolore scompare almeno per il 70-80%, anche se solo per pochi giorni), allora si può procedere. 

Prima di questi trattamenti a livello ambulatoriale, è possibile optare per infiltrazioni antalgiche o ecoguidate o con l’ozonoterapia, anche quest’ultima molto efficace nelle forme croniche-degenerative oltre che nelle forme di ernia discale non chirurgica”.

 

La terapia del dolore per altre malattie della colonna vertebrale 

Altre patologie della colonna che abitualmente possono essere trattate anche con la terapia del dolore sono:

  • patologie degenerative del disco;
  • patologie cervicali. 

Terapia del dolore e patologie degenerative del disco

“Le patologie degenerative del disco - spiega il dott. Frigerio - sono legate a degenerazioni del disco come, ad esempio, il black disc, ovvero una degenerazione discale che comporta un abbassamento e un irrigidimento del disco stesso, che non adempie più alla funzione di ammortizzatore tra i due corpi vertebrali. Quando si riduce questo spazio, le faccette cominciano a sfregare l’una con l’altra, provocando dolore. 

In questi casi, se non è necessario l’intervento chirurgico, è possibile ricorrere a un trattamento piuttosto significativo, denominato disc fix, che consiste nell’introduzione di due filamenti all’interno del disco che si consolidano, e che servono a evitare un’ulteriore riduzione dello stesso. Questa procedura viene eseguita per via percutanea sotto guida radioscopica”.

Terapia del dolore e malattie cervicali

“Per quanto riguarda, invece, le patologie a livello cervicale - continua l’anestesista -,  i trattamenti correlati sono i medesimi. Talvolta, a questi disturbi, si può associare anche il ‘colpo di frusta’, ovvero la sindrome da trauma distorsivo cervicale, che all’inizio non è particolarmente doloroso, ma che, nel tempo, può avere fastidiosi strascichi. In questi casi, si interviene con un particolare trattamento detto radiofrequenza pulsata che riduce lo stato infiammatorio.

Un altro tipo di patologie che fa parte della grande famiglia delle cervicalgie, è la cefalea cervico-nucale che parte dalla nuca, sale verso il vertice del capo, coinvolgendo sia la fronte sia l’occhio. È un disturbo molto frequente ed è dovuta a un’irritazione del nervo grande occipitale. 

Questa si può trattare in 2 modi: 

  • tramite infiltrazioni locali, con anestetico, cortisone o ozonoterapia;
  • tramite radiofrequenza pulsata sul ganglio della vertebra C2, cioè da dove comincia una parte di questo nervo.

In entrambi i casi, i risultati sono ottimali con un miglioramento della sintomatologia dolorosa.  È importante sottolineare che se non viene trattata come si deve, la cervicalgia tende a ripresentarsi o a diventare cronica, per questo è importante non sottovalutarla e affidarsi a un buono specialista”, conclude Frigerio.

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