Piede cavo: cos’è e come riconoscerlo

PUBBLICATO IL 05 APRILE 2022

*(Pagina aggiornata l'11 aprile 2022)

Il piede cavo è un’alterazione strutturale del piede che è caratterizzata da un aumento della volta (arco) longitudinale del piede. Può dipendere da diverse cause e, a volte, può rappresentare la punta dell’iceberg di malattie neurologiche più importanti e da non sottovalutare. Per questo può essere considerata come una patologia di competenza multidisciplinare perché coinvolge diversi specialisti tra cui l’ortopedico, il radiologo, il neurologo e il genetista.

Ce ne parla il dottor Umberto Alfieri Montrasio, responsabile dell'Unità Operativa di Chirurgia del Piede e della Caviglia (U.S.P. e C.) dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi e consulente presso Palazzo della Salute Wellness Clinic - Istituto Clinico Sant’Ambrogio

 

Le tipologie di piede cavo 

Il piede cavo si può classificare da un punto di vista morfologico in 3 situazioni: 

  • piede cavo posteriore, cioè che interessa la parte posteriore del piede. È dovuto soprattutto a una verticalizzazione del calcagno;
  • piede cavo anteriore, cioè che interessa la parte anteriore del piede. È dovuto soprattutto a una plantarflessione dell’avampiede;
  • piede cavo misto, cioè che interessa entrambe le parti del piede.

 

Le cause

Questa deformità presenta una classificazione eziologica, che la può ricondurre a 3 particolari cause:

  • piede cavo idiopatico-congenito;
  • piede cavo dovuto a cause neuromuscolari;
  • piede cavo dovuto a traumi o lesioni.

Il piede cavo idiopatico-congenito

“Il piede cavo idiopatico-congenito, definito anche come fisiologico-familiare, è dovuto a cause riconducibili a membri del proprio nucleo familiare che, parimenti, presentano un piede cavo. È una patologia che solitamente interessa ambedue i piedi (simmetrico), non è evolutiva e compare sin dall’infanzia - spiega il dott. Alfieri Montrasio -.

Talvolta, questo tipo di piede cavo si corregge anche con la crescita, negli anni, questo perché non evolve in senso peggiorativo, così come accade nelle altre tipologie”. 

Il piede cavo neuromuscolare

“Il piede cavo neuromuscolare è quello, in un certo senso, più grave perché è l’evidenza clinica di una patologia neurologica latente come, ad esempio, una neuropatia ereditaria sensitivo-motoria oppure la malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT), espressioni di patologie neurologiche ereditarie che vanno assolutamente identificate e trattate il prima possibile - continua l’ortopedico - . 

Oltre a queste, possono esserci anche malattie a livello del sistema nervoso centrale come il meningocele o il mielo-meningocele, oppure anche patologie ‘acquisite’ del sistema nervoso come la poliomielite, le paralisi cerebrali infantili o le lesioni del nervo sciatico”. 

Piede cavo da trauma o lesioni

“Il piede cavo della terza tipologia - completa il medico - è quello dovuto ad esempio a fratture complesse che possono interessare prevalentemente il mesopiede (cioè la parte centrale del piede) o i metatarsali, oppure anche a fratture della gamba. A questi si aggiungono anche delle lesioni tendinee, come ad esempio il tibiale anteriore o il peroneo breve, perché si genera uno squilibrio muscolare che va a evidenziare la deformità nel piede cavo; oppure delle ustioni, soprattutto se si verificano nell’infanzia, nell’età pediatrica, che possono portare alla retrazione dei tessuti molli cutanei e dare evidenza di un piede cavo. Anche le cosiddette sindromi compartimentali possono rientrare tra le cause del piede cavo nella terza tipologia”.

 

Come si manifesta il piede cavo

Ci si accorge di un piede cavo dalla forma del piede che presenta una volta plantare aumentata. Se già in famiglia ci sono casi similari di piede cavo, senza arrivare necessariamente a patologie neuromuscolari o a patologie di secondarismo, il figlio per familiarità eredita questo disturbo da parte materna o paterna. Spesso, come correzione, sono utili semplici accorgimenti come ad esempio l’ortesi (plantare).

“Solitamente, la persona si reca dallo specialista perché presenta diversi sintomi come, ad esempio, una metatarsalgia, cioè un dolore a livello della pianta del piede, magari con la comparsa di ipercheratosi (callosità) sempre nella zona plantare anteriore, oppure un’instabilità della caviglia che riconosce nel piede cavo una delle possibili cause, oppure, nei casi di piede cavo neuromuscolare, debolezza e fatica. Anche la comparsa delle dita a griffe potrebbe rappresentare un campanello d’allarme”, aggiunge l’esperto. 

 

La diagnosi del piede cavo

Quando si reca dal medico, il paziente viene visitato sia in fase distesa sul lettino, sia in piedi; viene fatto camminare e si procede con un’analisi della deambulazione che permette di avere una visione più ampia del funzionamento dei piedi cavi, cioè con un appoggio che si verifica prevalentemente sul bordo esterno (in supinazione). 

Eventualmente, si può procedere con una baropodometria che consiste nel fare camminare la persona su una pedana rilevando eventuali mal appoggi del piede, oppure situazioni in cui i muscoli attivati funzionano o non funzionano. Si possono inoltre notare zone del piede che vengono appoggiate troppo come ad esempio a livello anteriore o a livello posteriore, il cosiddetto effetto tripode”.

A supporto della clinica e di un’anamnesi molto accurata, è possibile procedere con esami strumentali di ulteriore conferma della diagnosi. Tra questi:

  • radiografia dei piedi in carico, più frequente;
  • TC dei piedi in carico, dove richiesto;
  • risonanza magnetica, più rara;
  • ecografia, più rara.

“Il Galeazzi, a questo proposito, è una delle poche strutture dove vengono effettuate le TC dei piedi in carico. Nella nostra struttura, il paziente può avvalersi sia della competenza di specialisti ortopedici di piede e caviglia sia di una strumentazione diagnostica altamente all’avanguardia come la TC dei piedi in carico nonché dell’esame baropodometrico”, assicura lo specialista .

La diagnosi del piede cavo con causa neuromuscolare

Ovviamente non tutti i piedi cavi devono essere sottoposti a TC di questo tipo. Nel piede cavo soprattutto neuromuscolare, è importante effettuare un’elettromiografia. Nei casi di patologie neuromuscolari come le distrofie muscolari, lo Charcot-Marie-Tooth e altre, si può eseguire un esame del DNA oppure addirittura un esame del sangue per la valutazione dei cosiddetti enzimi CPK (creatinfosfochinasi), utile per indagare su eventuali miopatie o, nei casi ancora più severi, una biopsia muscolare. È fondamentale, in queste circostanze, associare anche una valutazione neurologica”. 

 

Come si cura il piede cavo

Il trattamento del piede cavo può essere: 

  • conservativo;
  • chirurgico. 

Il trattamento conservativo con gli esercizi

“Dal punto di vista conservativo, che rappresenta sempre il primo step a meno che non si tratti di piede cavo neuromuscolare, si può procedere con un intervento fisiokinesiterapico - spiega il dott. Umberto Alfieri Montrasio - . 

Quando il piede cavo è lieve, e quindi non presenta una progressione verso la deformità, si può ricorrere alla ginnastica con l’aiuto di un fisioterapista (previa valutazione fisiatrica)”. Questa pratica è utile per diversi aspetti:

  • prevenzione delle contratture; 
  • preservazione della propriocezione, soprattutto in età adolescenziale;
  • rafforzamento delle strutture capsulo-legamentose della caviglia, nel caso di instabilità”.

I plantari

“Come già accennato, un altro intervento conservativo è l’approccio podologico attraverso i plantari e le ortesi digitali in silicone (ortesi) che fondamentalmente sono utili per evitare sovraccarichi e far sì che non si formino le callosità. Essi agiscono distribuendo la pressione dell’appoggio, aumentandone la superficie e scongiurando eventuali conflitti con la calzatura. Quest’ultima dovrà essere adeguata ai volumi del piede”, continua l’ortopedico. 

Il trattamento chirurgico

“ Il trattamento è chirurgico interviene sull’osso in diversi modi:

  • osteotomie del calcagno o dei metatarsali, intervento che procura fratture all’osso per poterlo poi riallineare;
  • artrodesi, intervento di blocco di una o due articolazioni, con il coinvolgimento anche dell’alluce o delle dita a griffe. Anche l’alluce talvolta può andare in griffe (alluce flesso).

Accanto a interventi sulle ossa, si possono fare interventi sulle parti molli come, ad esempio, i tendini, attraverso le tenodesi o trasposizioni tendinee. L’importante è cercare di recuperare un certo bilanciamento muscolare”, conclude l’esperto. 

Cura e Prevenzione