Dolore alla pianta del piede: potrebbe trattarsi di metatarsalgia
PUBBLICATO IL 09 GENNAIO 2020
Una sensazione dolorosa della pianta del piede, localizzata al metatarso, può essere il sintomo della patologia del piede. L’esperto ci spiega come riconoscerla e curarla.
Un dolore localizzato alla pianta del piede, nella zona del metatarso potrebbe essere il segnale di una patologia del piede: la metatarsalagia.
Il dottor Christian Jager, Responsabile dell’U.O. di Ortopedia e Traumatologia sez. II dell’Istituto Clinico San Rocco di Brescia, ci spiega di cosa si tratta e come comportarsi.
Cos’è la metatarsalgia
Con il termine di metatarsalgia si definisce un quadro clinico ad eziopatogenesi multipla, caratterizzato da dolore localizzato alla regione plantare in corrispondenza di una o più teste metatarsali.
Questa patologia predilige soprattutto il gentil sesso, sia per una non ben chiara predisposizione congenita, sia per l’influenza negativa di tacco alto e punta stretta.
Elementi che determinano un sovraccarico ed uno squilibrio sull’avampiede.
I sintomi della metatarsalgia
Quali sono i segnali di questa malattia? Di solito si manifesta con una significativa callosità cutanea, conseguenza del sovraccarico, che esprime fedelmente, meglio e prima di qualunque altro dato strumentale, la topografia della localizzazione del sovraccarico stesso.
In aggiunta, i pazienti affetti da questa affezione segnalano spesso un dolore localizzato a livello della zona plantare, la presenza di una borsite reattiva che può trasformarsi in “igroma” e “necrosi” ed infine, nei casi più gravi, rare e tardive lesioni ossee.
Diagnosi della patologia
Quali sono i passi da seguire per la diagnosi? Il primo è sicuramente l’esame radiografico:
“L’esame radiografico di un piede affetto da metatarsalgia - spiega Dott. Christian Jager - va eseguito con proiezioni dorso-plantare e latero-laterale, con e senza appoggio”.
Altri esami da eseguire sono:
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la podoscopia a transilluminazione: consente la visualizzazione diretta delle zone di sovraccarico in corrispondenza delle teste metatarsali.
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la baropodometria elettronica: permette di definire la distribuzione del carico nell’ambito della superficie di appoggio del piede ed in particolare dell’avampiede individuando le zone di sovraccarico.
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gli esami podoscopico e baropodometrico: oltre che per un preciso inquadramento diagnostico, sono indispensabili per la valutazione dei risultati ottenuti con il trattamento instaurato (sia esso ortesico o chirurgico).
I rimedi conservativi: il trattamento con il plantare correttivo
Il trattamento con plantare correttivo va adottato nelle forme iniziali della metatarsalgia, quando è presente scarsa sintomatologia dolorosa, ma evidente sintomatologia obiettiva, come callosità e duroni.
“Tale trattamento - prosegue il Dott. Jager - può essere anche realizzato nelle forme dolorose gravi allo scopo di alleviare la sintomatologia dolorosa a livello dell’avampiede.
Condizione indispensabile per l’ottenimento di un buon risultato è l’utilizzo di un plantare correttivo ‘costruito su misura’ e con materiale morbido per ottenere un effetto ammortizzante.
La realizzazione personalizzata del plantare permette, infatti, di correggere adeguatamente i carichi di appoggio statico e dinamico dell’avampiede mediante l’ausilio di ‘zone di scarico’.
Frequentemente si associano anche terapie antinfiammatorie farmacologiche e con la fisioterapia”.
L’intervento chirurgico e i tempi di recupero
Il trattamento chirurgico va riservato ai casi dolorosi gravi che non hanno tratto alcun beneficio in seguito al trattamento conservativo, con plantare.
Tale approccio consiste in resezioni ed osteotomie (tagli correttivi delle ossa interessate) metatarsali selettive o globali.
L’anestesia può essere di tipo è loco-regionale, spinale o generale ed è valutata da caso a caso dal medico anestesista.
La degenza ospedaliera è normalmente di 24-48 ore. Dopo pochi giorni il paziente inizia la deambulazione con l’utilizzo di una scarpa specifica e, dopo un mese, si esegue una radiografia di controllo.
La convalescenza con ritorno alle normali attività del quotidiano raramente è inferiore ai 2 mesi. Per la ripresa di attività sportive che coinvolgono intensamente i piedi, invece, bisogna generalmente attendere almeno 4-6 mesi.