La Giornata mondiale della Talassemia ai tempi del coronavirus

PUBBLICATO IL 08 MAGGIO 2020

Oggi è la Giornata mondiale della Talassemia. Che diffusione ha questa malattia in Italia? E che legame potrebbe avere con il COVID-19? 

Si celebra oggi, venerdì 8 maggio 2020, la Giornata internazionale della Talassemia, giornata commemorativa in onore di tutti i pazienti con talassemia e di tutti gli scienziati che, con instancabile impegno e sforzi duraturi, cercano di garantire una migliore qualità della vita a questi ammalati.

L’anemia mediterranea o talassemia - spiega la dottoressa Doris Mascheroni, responsabile dell’Unità di Medicina interna e Oncologia all’Istituto Clinico Villa Aprica di Como - è una malattia ereditaria del sangue dovuta alla sintesi ridotta o assente di una delle catene dell’emoglobina, proteina responsabile del trasporto di ossigeno attraverso tutto l’organismo. 

La malattia era tipicamente presente tra le popolazioni residenti nelle aree paludose o acquitrinose, infestate per secoli dalla malaria come le isole, le regioni del Sud e il delta del Po. 

La ragione di ciò risiede nel fatto che, nei talassemici, l'anomalia dei globuli rossi ostacola la riproduzione del plasmodio della malaria, rendendoli più resistenti a questa malattia e consentendo, negli anni, una sorta di selezione naturale delle persone con talassemia in determinate zone d’Italia”.

I numeri e le diverse forme di Talassemia 

Questa patologia ha ampia diffusione nell’area del bacino del Mediterraneo (il nome ‘talassemia’ significa sangue e mare), ma anche nella penisola araba, in Iran, in Africa e nel Sud est asiatico, zone che una volta erano paludose.

“Nel nostro Paese - continua la dottoressa - si stima che i pazienti talassemici siano circa 7.000, con concentrazione massima in alcune regioni del Centro-Sud: la regione più colpita è la Sicilia, in cui si contano 2.500 pazienti, seguita dalla Sardegna con 1.500. 

I restanti 3.000 pazienti sono abbastanza uniformemente distribuiti in tutta la penisola, con una frequenza più alta fra Puglia, Emilia Romagna, Lazio e Calabria” (fonte: Osservatorio Malattie Rare).

Esistono diverse forme di talassemia: 

  • talassemia major: chiamata anche Morbo di Cooley,  viene ereditata da entrambi i genitori e comporta un’anemia grave che necessita di emotrasfusioni e che può comportare malformazioni e gravi danni agli organi interni; 
  • talassemia minor: ereditata da uno solo dei genitori, è una forma per niente grave, spesso riscontrata casualmente con gli esami del sangue che mostrano globuli rossi più piccoli del normale; 
  • talassemia intermedia.

Secondo l’Osservatorio delle Malattie Rare, si calcola che l'1.5% della popolazione mondiale, per un totale di 90.000.000, sia portatore di beta-talassemia, i malati siano circa 400.000 e ogni anno nascano circa 60.000 nuovi casi.

La malattia ai tempi del COVID-19 

“In tempo di pandemia da coronavirus, è sorta una curiosa anomalia - asserisce la specialista -: in Emilia Romagna, una delle zone più colpite dal COVID-19 , la provincia di Ferrara è stata pressoché risparmiata dal contagio, come pure il Polesine e la provincia di Rovigo, aree con alto tasso di incidenza di pazienti talassemici”.

A questo proposito, il dottor Sergio Venturi, commissario della regione Emilia Romagna per l’emergenza, ha osservato: “Magari quando sarà tutto finito ci chiederemo, perché i contagi non sono mai cresciuti a Ferrara. Evidentemente qualche ragione ci sarà, o perché fosse zona malarica, o perché c’è la talassemia. Ancora una risposta a queste domande non c'è. Quello che è certo è che il caso dovrà essere studiato perché ci potrà essere utile anche per altri cittadini”. 

Infatti, come già detto, le persone affette da talassemia sono più resistenti alla malaria: una correlazione tra gli anticorpi sviluppati per resistere alla malaria (o forse alla talassemia) e quelli necessari ad “aggredire” il COVID-19. 

“Viceversa, gli ematologi Giorgio La Nasa, docente all’Università di Cagliari, ed Emanuele Angelucci, direttore della clinica di ematologia del San Martino di Genova, negano ogni correlazione”, prosegue la dottoressa.

Al momento non c'è nulla di provato; è solo un'idea che andrà verificata e studiata come molte altre in merito alla maggior protezione dall’epidemia che alcune aree hanno avuto rispetto ad altre nella nostra nazione ed in tutto il mondo.

“In ogni caso -  conclude la dottoressa Mascheroni -  il paziente talassemico affetto da infezione da coronavirus ha manifestato gli stessi sintomi e le stesse reazioni alle terapie degli altri ammalati non sofferenti di anemia mediterranea. E anche in regioni come la Sardegna o la Sicilia, dove il numero dei talassemici è elevato, è sempre stata garantita loro l’assistenza e le cure (anche emotrasfusionali) con percorsi puliti che impediscano il contagio”.

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