Alluce rigido: cos’è e come si tratta

PUBBLICATO IL 09 OTTOBRE 2024

Per alluce rigido si intende una patologia degenerativa che colpisce l'articolazione del primo dito del piede, ovvero l'articolazione metatarso-falangea prima. 

Colpisce per lo più la popolazione over 50 con una prevalenza nei soggetti femminili. Nonostante non vi siano cause note che provochino questa patologia, esistono però diversi fattori predisponenti che possono contribuire all’insorgenza.

La diagnosi è essenzialmente clinica, con visita specialistica, e radiografica e il trattamento può andare da quello conservativo a quello chirurgico.

Abbiamo approfondito la tematica con il dottor Fabrizio Arensi, Responsabile della Unità Operativa di Chirurgia del Piede all’Istituto Clinico San Siro.

 

Le cause dell’alluce rigido

“A oggi, non si conosce una causa specifica per l’alluce rigido – spiega il dott. Arensi -. Se ne conoscono però vari fattori predisponenti come: 

  • malattie infiammatorie/reumatologiche (es. artrite reumatoide);
  • cause metaboliche (es. gotta);
  • cause traumatiche (es. lesioni dell’articolazione, micro-traumatismi in attività svolte dai pazienti, attività sportive come il calcio, danza classica, arrampicata, ecc.);
  • lesioni da schiacciamento;
  • fratture intra-articolari.

In assenza di traumi, l’alluce rigido viene correlato in particolare a una condizione che vede il metatarso dell’alluce più elevato rispetto ai metatarsi delle altre dita, prendendo il nome di primo metatarso elevato”.

Come si manifesta l’alluce rigido

L’alluce rigido si manifesta principalmente con un dolore alla deambulazione, causato da una ridotta mobilità dell’alluce in estensione. 

“Soprattutto nei soggetti femminili - continua - questa condizione può rendere impossibile l’utilizzo di scarpe con il tacco poiché si verificherebbe la tendenza a spostare il peso del corpo sul margine esterno del piede con conseguente metatarsalgia biomeccanica ‘da trasferimento’ e borsite della metatarso-falangea del 5° metatarso, una griffe delle 4 dita minori, frequente comparsa di tendinite dei peronei (muscoli della gamba)”.

Inoltre, spesso l’articolazione metatarso-falangea subisce una degenerazione con progressivo ingrossamento globale dell’articolazione stessa e sporgenza sottocutanea ossea su tutta la rima articolare (osteofiti), con conflittualità e sfregamento con la calzatura (spesso con arrossamento doloroso - borsite reattiva). Questa neoformazione crea, nel tempo, una sempre più limitata articolarità dell’estensione dell’alluce sul metatarso. 

 

La diagnosi 

“La diagnosi di alluce rigido è essenzialmente clinica (visita specialistica) e radiologica. 

L’esame clinico si basa sull’osservazione della deformità articolare, della borsite, sulla costatazione del dolore al movimento dell’alluce. 

La radiologia potrà essere standard con le proiezioni in antero-posteriore e latero-laterale, preferibilmente eseguite in carico”, afferma lo specialista.

 

Il trattamento dell’alluce rigido

“Da un punto di vista chirurgico, l’alluce rigido viene trattato, nella maggior parte dei casi, nel momento in cui è presente una sintomatologia persistente come il dolore.

Nei primi stadi, invece, si ricorre al trattamento conservativo attraverso l’utilizzo di mezzi ortesici (es. plantari, solette, …) allo scopo di ridurre lo stato doloroso”.

L’intervento chirurgico

Quando questi accorgimenti non sono più sufficienti, nello stadio II e nello stadio III precoce, è necessario il trattamento chirurgico. 

L’intervento consiste in un’artroplastica, cioè una vera e propria sostituzione cartilaginea che permette la ricostruzione completa dell’articolazione della metatarso-falangea. Per questa tecnica si può ricorrere o meno a un impianto di protesi oppure di spaziatori.

Il tipo di intervento è un’osteotomia percutanea detta osteotomia obliqua, che consente al metatarso di ‘scivolare’ nella posizione corretta. Se presente anche l’esostosi dorsale, verrà eliminata eseguendo in aggiunta una cheilectomia dorsale, con scopi sia estetici che funzionali. 

Il paziente sarà subito in grado di camminare con una calzatura post-operatoria (scarpa piana) da indossare per 4 settimane, per permettere la corretta guarigione dei tessuti. A distanza di un mese dall’intervento sarà possibile indossare calzature comode. La ripresa della calzatura con tacco potrà avvenire a circa 90 giorni dall’intervento.

L’artrodesi del piede

Nello stadio III avanzato e nel IV, si potrà proporre un intervento di fusione articolare (artrodesi) della metatarso-falangea prima.

In casi di pazienti che rifiutano l’artrodesi oppure di donne che chiedono di poter utilizzare anche dopo l’intervento scarpe con il tacco, si potrà eseguire un intervento di protesizzazione articolare con una protesi-spaziatore metatarso-falangea – conclude Arensi -.

Si tratta, dopo adeguata resezione modellante dei capi epifisari, di inserire una protesi spaziatrice in silicone rinforzato, munita di dischi forati in titanio (detti grommets), il cui scopo è quello di impedire effetti taglienti sui gambi protesici”.

Cura e Prevenzione