Cosa si intende per anaffettività e come curarla

PUBBLICATO IL 01 MARZO 2024

L'anaffettività si definisce come l’incapacità di esprimere i propri sentimenti. È una condizione invalidante per chi ne soffre e per chi gli sta vicino. Scopriamo insieme al dott. Davide Carlotta, psicologo all’Istituto di Cura Città di Pavia, quali possono essere le cause e come affrontare la problematica.

 

I comportamenti della persona anaffettiva 

Un individuo ‘anaffettivo’ ha difficoltà o è completamente incapace nel provare o esprimere emozioni, sentimenti e affetti, al punto da apparire freddo, cinico o indifferente, anche in circostanze ritenute comunemente coinvolgenti. 

“La cosiddetta anaffettività – spiega il dott. Carlotta - non va tuttavia considerata una sindrome a sé stante, ma al più un sintomo, l’espressione manifesta di una condizione retrostante, come potrebbe essere un disagio psicologico o una particolare configurazione relazionale o di personalità. 

Essa può esprimersi con intensità variabile a seconda dei casi e delle circostanze e non è neppure scontato che rappresenti una caratteristica stabile del funzionamento di una persona. Un certo livello di distacco o appiattimento emotivo, per esempio, può essere il risultato di una reazione transitoria a un evento di vita stressante”.

Una simile tendenza può, però, non solo compromettere la qualità di vita di chi ne è portatore/portatrice, ma anche generare sofferenza nelle persone più vicine, in particolare familiari e amici. L’anaffettività viene spesso percepita dall’altro come distacco o mancanza di attenzione ed empatia. 

L’anaffettività non è una patologia, ma una caratteristica del funzionamento personale che merita comprensione e accoglienza - precisa lo specialista -. Certamente, essa può essere causa di sofferenza e malessere, arrivando a compromettere la realizzazione personale e la vita interpersonale delle persone”.

 

Le cause dell’anaffettività

L’anaffettività in genere è il risultato dell’azione di processi differenti. Il dott. Carlotta spiega che “essa potrebbe originare, per esempio, da uno stile cognitivo ‘orientato all’esterno’, ovvero dalla tendenza a rivolgere l’attenzione verso gli stimoli ambientali piuttosto che a quelli interni, oppure da una difficoltà a percepire e identificare le emozioni o a descriverle a parole”.

Un ulteriore elemento che può concorrere alla formazione di uno stile interpersonale sbilanciato verso l’anaffettività può essere costituito dalle esperienze relazionali precoci. Nei primi anni di vita, infatti, a partire dalle interazioni con chi si prende cura di noi, costruiamo schemi di previsioni e aspettative circa la nostra capacità di suscitare negli altri affetto e disponibilità alla cura, così come sulla propensione degli altri a fornire aiuto.

“Quando le richieste di cura, conforto e protezione ricevono risposte pronte ed efficienti, si formeranno rappresentazioni di sé, dell’altro e della relazione in cui le emozioni provate sono valutate positivamente, in quanto validate da un caregiver affidabile e disponibile.
Le cose possono andare molto diversamente, però, quando le richieste di vicinanza avanzate dal piccolo incontrano una costante indisponibilità da parte dell’adulto. Questo tipo di risposta, infatti, può essere vissuto come un tacito invito all’autosufficienza emotiva ed essere associato a una rappresentazione delle emozioni di vulnerabilità come fonte di fastidio per la figura di accudimento - chiarisce lo specialista -. 

Una possibile conseguenza - specifica poi lo specialista - è proprio la formazione di uno stile relazionale che considera l'attenzione ai propri bisogni e sentimenti (e alla verbalizzazione di questi ultimi) come comportamenti da evitare, in quanto percepiti implicitamente come una potenziale minaccia alla tenuta del legame".

 

Come fare in caso di anaffettività  

La presa di coscienza del problema e un serio lavoro psicologico possono portare il soggetto anaffettivo a migliorare il proprio atteggiamento.

“In questi casi – spiega il dott. Carlotta - può essere d’aiuto un lavoro psicologico volto a migliorare la consapevolezza dei propri stati interni e la capacità di identificare e denominare le emozioni, così come a riconoscere quegli aspetti del nostro vissuto relazionale che ostacolano la possibilità di condividere i propri sentimenti e rispecchiare quelli degli altri”.

Cura e Prevenzione