Transfer embrioni: come si stabilisce il momento giusto per l’impianto

PUBBLICATO IL 07 MARZO 2023

Il momento del trasferimento dell’embrione nell’utero materno è uno degli aspetti nevralgici nel percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). Scegliere il momento giusto, infatti, può fare la differenza, insieme alla qualità dell’embrione stesso, aumentando in modo significativo le probabilità di successo e quindi di diventare genitori. Ma come si fa a capire quando è il momento giusto? Ne parliamo con la dottoressa Nicoletta Maxia, biologa responsabile del Centro di Procreazione Medicalmente Assistita del Policlinico San Marco.

 

La formazione dell’embrione nel percorso di PMA 

“Nelle procedure di PMA, la cosiddetta ricettività endometriale, ovvero la capacità dell'utero di accogliere adeguatamente l’embrione, è un aspetto fondamentale e determinante” conferma la dottoressa Maxia. Prima però di approfondire questo tema, facciamo un passo indietro per spiegare cosa è un embrione. 

“L’embrione è il frutto della fecondazione di un ovocita, la cellula riproduttiva femminile, da parte di uno spermatozoo, la cellula riproduttiva maschile. Naturalmente questa fecondazione avviene all’interno dell’utero materno, in seguito a un rapporto sessuale. Nel caso invece della Procreazione Medicalmente Assistita, a cui la coppia può ricorrere in caso di problemi di infertilità e difficoltà di concepimento, la formazione dell’embrione può avvenire:

  • all’interno dell’apparato genitale femminile, con le tecniche di primo livello (ad esempio, l’inseminazione intrauterina, chiamata IUI);
  • in vitro e quindi all’esterno del corpo della donna, con le tecniche di secondo livello (come la FIVET, la ICSI etc.). In questo caso, una volta fecondato l’ovocita e formatosi l’embrione, lo step successivo è quello di trasferirlo nell’utero della donna”, continua la biologa. Ed è qui che entra in gioco la scelta della cosiddetta ‘finestra di impianto’, ovvero il momento migliore, per ogni singola donna, per trasferire l’embrione.

 

Lo studio della ricettività endometriale: i pinopodi 

“Studiare e personalizzare il timing o finestra d’impianto risulta fondamentale soprattutto nelle pazienti con ripetuti fallimenti, ma si rivela molto utile anche in tutti gli altri casi per potenziare le possibilità di successo ed evitare così alla donna e alla coppia di sottoporsi a ripetute procedure”, sottolinea l’esperta.  

La personalizzazione della finestra di impianto si basa sullo studio dei pinopodi, cioè particolari ‘formazioni’ cellulari che rivestono la superficie più esterna dell’endometrio (lo strato più interno dell’utero che ricopre la cavità uterina). Lo sviluppo dei pinopodi caratterizza, infatti, le diverse fasi del ciclo ovarico:

  • fase follicolare o proliferativa, che inizia con il primo giorno del ciclo mestruale e termina con l'ovulazione;
  • ovulazione;
  • fase luteale, che intercorre tra l’ovulazione e l’inizio del periodo mestruale successivo.

“Nella fase iniziale del ciclo, l’endometrio si presenta con un’esplosione di numerosi microvilli più o meno sviluppati, che creano delle ‘infiorescenze’. Man mano che si arriva al momento ovulatorio, questi microvilli si retraggono facendo affiorare delle strutture tondeggianti (i pinopodi iniziali). Ultimata l’ovulazione, i pinopodi aumentano maggiormente di numero e si sviluppano ulteriormente fino a raggiungere un ‘plateau’ (stabilizzazione) che definisce appunto la migliore finestra d’impianto dell’embrione nell’utero materno.
Da questo momento in poi, infatti, i pinopodi iniziano una debole involuzione fino ad andare in apoptosi (morte). Ciò determina la rottura delle cellule endometriali e successivamente la comparsa del ciclo mestruale se la gravidanza non si è instaurata - spiega la biologa -. 

Lo studio dei pinopodi, e nel dettaglio del loro grado di sviluppo (estroflessione) e quantità, quindi, si rivela un valido metodo biologico per la valutazione della recettività uterina. Dall’analisi dei pinopodi, la letteratura scientifica suggerisce, in particolare, che ci sia una correlazione fra:

  • numerosità dei pinopodi, massima estroflessione e maggiori gravidanze ottenute;
  • fallimenti e incapacità dell’endometrio a produrre i pinopodi.

Ipotizzando una massima espressione dei pinopodi, si potrà quindi individuare la miglior giornata di recettività endometriale”.

 

I test per determinare la corretta finestra d’impianto

L’analisi della quantità e dello sviluppo dei pinopodi avviene dopo una lieve pipelle o scratch endometriale, tecnica attraverso la quale si effettua un piccolo prelievo dell’endometrio mediante una sottile cannula denominata appunto Pipelle.
“Il giorno del prelievo degli ovociti, qualche minuto prima del risveglio della paziente dall’anestesia, il ginecologo effettua un piccolo scratch endometriale attraverso un adeguato catetere. Questa leggera biopsia viene consegnata in laboratorio al biologo che ne studia la morfologia endometriale sulla base della quantità ed estroflessione dei pinopodi. In base allo stato di ricettività si decide di mantenere gli embrioni in coltura 2 o 3 o 4 o 5 giorni prima di essere trasferiti. 

Un altro test utilizzato che può aiutare a individuare la finestra d’impianto è quello genetico” conclude la dottoressa Maxia.  

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