Test sierologici per COVID-19: cosa sono e a cosa servono

PUBBLICATO IL 18 MAGGIO 2020

I test sierologici permettono di individuare la presenza di anticorpi al virus SARS CoV-2. L’esperto ci spiega di cosa si tratta, a cosa servono, la loro affidabilità e il confronto con il tampone.

*(pagina aggiornata il 30 giugno 2021)

Risale al 29 aprile la pubblicazione del primo studio che confermava lo sviluppo degli anticorpi in tutti i pazienti che si sono ammalati di COVID-19

Pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature Medicine, l’indagine ha rivelato come tutti coloro che hanno contratto il virus SARS-CoV-2 hanno sviluppato delle immunoglobuline che possono proteggere da una seconda infezione. Una scoperta importante, che ha dato sostanzialmente il “via libera” alla realizzazione dei test sierologici per individuare la presenza di anticorpi nella popolazione. 

A distanza di un anno, si sono moltiplicati gli studi scientifici sul tema e sono stati fatti enormi passi avanti nella battaglia contro il SARS-CoV-2: lo sviluppo di numerosi vaccini, l’approvazione da parte di FDA, EMA e AIFA di 4 sieri, la vaccinazione massiccia della popolazione, che conta – a oggi – oltre 44 milioni di dosi somministrate in Italia. 

Esistono tuttavia alcuni aspetti ancora ignoti legati all’immunità, soprattutto riguardo la durata.

Ne parliamo con il Prof. Massimiliano Marco Corsi Romanelli, Direttore dell’Unità Operativa Complessa SMEL-1 di Patologia Clinica all’IRCCS Policlinico San Donato, Professore Ordinario di Patologia Clinica all’Università degli Studi di Milano e Presidente di SIPMeT, Società Italiana di Patologia e Medicina Traslazionale.

I tipi di test: qualitativi e quantitativi

Esistono tre tipologie di test sierologici: qualitativi, semi-quantitativi, quantitativi

La sostanziale differenza sta nella metodologia di analisi:

Anche la modalità con cui si effettuano cambia: 

Affidabilità dei test sierologici

Differente sembrerebbe anche il grado di affidabilità dei test: “Sui test qualitativi, i cosiddetti test a cassetta - spiega il Prof. Corsi Romanelli -, non siamo in grado di definire i livelli di affidabilità e accuratezza, perché hanno grandi limitazioni in base al cut-off che viene definito, ovvero la soglia che stabilisce il limite di separazione tra positività e negatività al test.

I test quantitativi, che hanno un elevato grado di affidabilità e accuratezza, utilizzano sistemi di rilevazione con chemiluminescenza (CLIA) oppure sistemi immunoenzimatici (ELISA). 

A oggi sono diversi i test sierologici quantitativi che hanno ottenuto l’EUA (Emergency use authorization) dalla Food and Drug Administration americana e possono essere utilizzati in tutto il mondo”. 

La misurazione degli anticorpi IgM e IgG 

A prescindere dalla modalità di rilevazione, i test sierologici vanno a indagare la presenza degli anticorpi del virus SARS-CoV-2 nel sangue. 

Esistono cinque tipologie di anticorpi prodotti dal sistema immunitario (IgM – IgG – IgA – IgD – IgE), ma nelle diverse fasi dell’infezione virale le più considerate sono:

  • IgM: prodotti nella fase iniziale, solitamente appaiono al 4°-6° giorno dalla comparsa dei sintomi della malattia e, dopo qualche settimana, scompaiono;
  • IgG: prodotti più tardi (9°-12° giorno), rimangono all’interno dell’organismo per periodo più lungo.

Sono gli anticorpi IgG a essere indicativi dell’immunità, la cui durata è ancora un tema dibattuto e poco chiaro. 

IgG trimerici

“Oggi, a distanza di tempo, sappiamo che la quantità di anticorpi presenti nelle persone che hanno avuto la malattia o che hanno ricevuto un vaccino, sia a mRNA sia a vettore virale, è variabile.

Esistono molti test sierologici che vanno a valutare la qualità degli anticorpi IgG nei confronti della spike protein S1-S2.  Siamo a conoscenza dell’esistenza di IgG trimerici (Trimeric S – IgG), ovvero degli anticorpi IgG particolari che si sviluppano all’interno dell’organismo nel momento in cui viene inoculato il vaccino.

Questo valore, espresso in AU (arbitrary unit)/ml o BAU (Binding Arbitrary Unit), secondo indicazioni della World Health Organization, esprime la presenza di anticorpi in pazienti che hanno contratto il virus e valuta la risposta immunitaria contro la proteina Spike nativa a seguito dell’avvenuta vaccinazione.

Il nome ‘trimerico’ deriva dalla particolare forma sferica: non ha niente di diverso dal normale anticorpo anti S1-S2, ma quando questo incontra la proteina Spike nativa si conforma e si muta, imitando la conformazione della proteina nativa presente nel virus.

Questa mutazione permette di rilevare l’intero spettro della risposta immunitaria al virus, una risposta a 360° che minimizza l’impatto delle mutazioni delle varianti, perché fornisce un numero maggiore di epitopi (piccola parte di antigene che lega l'anticorpo specifico).

Dosare il valore di IgG trimerici può darci una risposta in merito al nostro livello di immunizzazione, valutando anche l’eventualità di sottoporsi magari a una terza dose”.

Non solo numeri

“Occorre fare attenzione perché monitorare costantemente la nostra copertura anticorpale può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Potrebbe entrare in campo la paura di perdere gli anticorpi, l’ossessione per i valori numerici in discesa, l’ansia per la durata della protezione.

Innanzitutto è bene fare riferimento al cut-off del test sierologico, quel numero – specifico per singolo test e laboratorio – che indica il valore soglia di positività/negatività alla presenza di anticorpi.

Se il nostro valore, qualsiasi esso sia, è superiore al cut-off, non abbiamo – in quel momento – necessità di sottoporci a un richiamo di vaccino. Ricordiamo inoltre che questi valori scendono e sono diversi a seconda del soggetto, poiché esiste la variabilità biologica: ciascuno risponde con tempi e modalità propri.

Quanto dura l’immunità?

“Anche a distanza di un anno, a questa domanda rispondo dicendo che non possiamo saperlo ora. Il numero che scopriamo attraverso un test sierologico può non essere completamente rappresentativo della nostra risposta immunitaria: oltre ai linfociti B, esistono i linfociti T, in particolare i linfociti T e B di memoria, che possono sopravvivere per anni.

Non sappiamo se la vaccinazione ci darà un permanente stato di copertura (come il vaccino anti-varicella o rosolia), ma probabilmente ci saranno persone che avranno molto più anticorpi per molto tempo.

Quello che la scienza sta cercando di fare, con uno straordinario sforzo collettivo, è quello di trasformare il COVID-19 in un banale ‘raffreddore’. Non stiamo combattendo il virus, ma stiamo cercando di ‘domarlo’ per renderlo innocuo”.

Il tampone naso faringeo

Non va però dimenticata la fondamentale importanza del tampone per la diagnosi della malattia: “Per diagnosticare l’infezione attiva l’unico strumento che abbiamo è il tampone naso-faringeo

La sierologia, infatti, non ci aiuta nella diagnostica, ma nella parte prognostica e a livello epidemiologico, per capire come si è mosso il virus e se rimarrà. 

Per una diagnosi corretta vanno realizzati i tamponi, alla comparsa dei sintomi (positivo) e a conclusione della malattia.

Solo dopo ha senso realizzare il test sierologico. Anche perché, non dimentichiamolo, ci sono casi di pazienti positivi al tampone anche dopo 50 giorni dagli esordi della malattia – conclude il Prof. Corsi Romanelli". 

Dove effettuare il test sierologico presso le strutture di Gruppo San Donato 

Presso gli ospedali di Gruppo San Donato è possibile eseguire i test sierologici qualitativi e quantitativi per la ricerca degli anticorpi al Covid-19. In particolare: 

  • per ricevere maggiori informazioni sul test sierologico qualitativo e sapere quali sono le strutture GSD presso cui è possibile prenotarlo ed effettuarlo, puoi visitare la pagina dedicata Test Sierologico COVID-19
  • per sapere di più sui test sierologici quantitativi e sapere in quali strutture GSD poterli prenotare e eseguire, visita la pagina dedicata al Test Sierologico del livello di anticorpi da Covid-19

 

Long, Q., Liu, B., Deng, H. et al. Antibody responses to SARS-CoV-2 in patients with COVID-19. Nat Med (2020). 

Thevarajan, I., Nguyen, T.H.O., Koutsakos, M. et al. Breadth of concomitant immune responses prior to patient recovery: a case report of non-severe COVID-19. Nat Med 26, 453–455 (2020).  

Gralinski LE, Baric RS. Molecular pathology of emerging coronavirus infections. J Pathol. 2015 Jan;235(2):185-95. 

Patel R., Babady E., Theel E.S., Storch G.A., Pinsky B.A., St. George K., Smith T.C., Bertuzzi S. Report from the American Society for Microbiology COVID-19 International Summit, 23 March 2020: Value of Diagnostic Testing for SARS–CoV-2/COVID-19. mBio Mar 2020, 11 (2) e00722-20. 

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