Anestesia generale o locale? Scopriamo i diversi tipi

PUBBLICATO IL 13 FEBBRAIO 2020

Scopriamo insieme allo specialista quanti tipi di anestesia esistono e le loro caratteristiche. 

L’anestesista è una figura fondamentale all’interno dell’équipe medica, in quanto accompagna il paziente durante tutto il suo percorso chirurgico. 

Il dottor Andrea Pizzi, primario dell’U.O. di Anestesia e Rianimazione all’Istituto Clinico Villa Aprica, spiega le principali tecniche anestesiologiche utilizzate in sala operatoria. 

Tipi di anestesia

  • Anestesia locale: utilizzata anche in ambito ambulatoriale prevede la somministrazione di un anestetico in prossimità di un nervo o di un tessuto in grado di interrompere le informazioni che, da questo, raggiungono il cervello.

“Nell’immaginario collettivo – approfondisce il dottore - è la tecnica adottata dall’odontoiatra. Spesso, però, è utilizzata anche in sala operatoria per l’esecuzione di piccoli interventi, come per esempio l’asportazione di nevi o lipomi, che senza anestesia risulterebbe improponibile”.

  • Anestesia plessica: è un tipo di anestesia locale e prevede la somministrazione di farmaci anestetici, in volume e concentrazioni variabili, e disattiva in maniera reversibile alcune strutture nervose.

“La tecnica, se affidata a professionisti esperti, permette ai pazienti di affrontare numerosi interventi agli arti superiori o inferiori in respiro spontaneo e senza anestesia generale – illustra il medico -. 

Al momento risulta la prima scelta nell’artroscopia di spalla, in tutti gli interventi maggiori alla mano e nella correzione dell’alluce valgo”.

  • Anestesia spinale: il termine spinale – continua l’esperto - di derivazione anglosassone, è abbastanza generico e spesso utilizzato in modo improprio. 

Distingue il dottore: “In realtà nella rachianestesia, cioè l’anestesia eseguita nel rachide, si collocano due approcci distinti: subaracnoidea (quella che spesso viene identificata in società come spinale) e peridurale.

Nella fattispecie, avviene una somministrazione di anestetico a concentrazione e peso specifico variabile all’interno del liquido cefalorachidiano (subaracnoidea), oppure all’interno di uno spazio virtuale (peridurale).

Queste tecniche danno la possibilità al chirurgo di eseguire interventi agli arti inferiori e a determinati distretti addominali.

Anche in questo caso gli esempi sono svariati: protesi d’anca, protesi di ginocchio, riduzione cruenta di fratture ossee, artroscopia di ginocchio, ernioplastica, taglio Cesareo, interventi di urologia, parto indolore e safenectomia.

“La grande virtù delle tecniche di anestesia loco-regionale – aggiunge il medico - dà la possibilità di programmare la durata dell’effetto antalgico.

Le molecole e le concentrazioni, oltre alle svariate tecniche, permettono al medico specialista di approcciare ogni tipologia di atto chirurgico in maniera razionale ed equilibrata.

Le controindicazioni sono il numero di piastrine ridotto e le alterazioni dei tempi di coagulazione.

Queste procedure vengono proposte solo a pazienti adulti e collaboranti”. 

  • Anestesia generale: “Nei casi controindicati e per alcuni interventi – spiega il dottore – l’anestesia totale è una tecnica ancora oggi molto valida che prevede l’utilizzo di oppiacei, ipnotici e miorilassanti”.

Ogni paziente è unico 

Ogni paziente va indagato in profondità proprio per adattare tecnica e aspettative. 

A volte sono sufficienti basse dosi di farmaco ipnotico per ridurre l’ansia da camera operatoria e superare brillantemente qualsiasi operazione chirurgica. 

“In futuro - conclude Pizzi - avremo farmaci ancora più performanti e specialisti capaci e attenti alle singole esigenze. Un forte sinergismo tra Paziente, Chirurgo e Anestesista è quanto di più auspicabile. 

Spesso le buone parole, l’empatia e qualche carezza sono molto più efficaci rispetto a qualsiasi farmaco”. 
 

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