Arresto cardiaco e infarto: le differenze
PUBBLICATO IL 16 DICEMBRE 2024
Molto spesso sono 2 patologie che in tanti confondono, ma arresto cardiaco e infarto non sono la stessa cosa. Facciamo chiarezza e vediamo quali sono le differenze con il dott. Emiliano Boldi, Responsabile del Servizio di Emodinamica Interventistica dell'Istituto Clinico San Rocco.
Qual è la differenza tra arresto cardiaco e infarto?
Anche se entrambi richiedono un tempestivo intervento medico, arresto cardiaco e infarto (o attacco cardiaco) sono 2 eventi cardiovascolari disgiunti che si manifestano con sintomi propri e caratteristici.
L’arresto cardiaco è dovuto all’alterazione dell’attività elettrica del cuore che necessita di intervento immediato.
L’infarto, invece, è dovuto a un problema di circolazione, ovvero l’occlusione acuta di un vaso che porta il sangue e nutre il muscolo cardiaco. Certo è che, nei casi più sfortunati, un infarto può portare a un arresto cardiaco, quindi, se non si interviene celermente, può essere il preludio di un arresto cardiaco.
Quando avviene l’arresto cardiaco
L’arresto cardiaco si verifica quando il cuore incontra un problema e improvvisamente:
- smette di battere;
- batte talmente rapidamente da non riuscire a pompare sangue nel resto del corpo.
Si ha l’interruzione dell’attività cardiaca, quindi di quella respiratoria e il conseguente blocco delle funzioni vitali. Se non si interviene tempestivamente, i danni soprattutto al cervello possono essere seri e irreversibili.
Come si manifesta l’arresto cardiaco
In alcuni casi non vi sono segni clinici e/o avvertimenti di un imminente arresto cardiaco, mentre in altri è bene prestare attenzione ad alcuni sintomi come, per esempio:
- disagio toracico;
- fiato corto;
- palpitazioni;
- vertigini;
- debolezza.
Questi sintomi precedono il collasso e la perdita di conoscenza.
Le cause di un arresto cardiaco
Sono molteplici e possono essere congenite (come, per esempio, la displasia aritmogena del ventricolo destro o la sindrome di Brugada) o acquisite.
Un arresto cardiaco può essere, come già detto, la conseguenza di un infarto, di una miocardite, di uno scompenso del cuore, di un’insufficienza respiratoria.
Esistono anche dei fattori di rischio che possono accrescere le possibilità di una patologia cardiaca e, di conseguenza, di un arresto cardiaco. Sono certamente fattori da non trascurare:
- età;
- ipertensione arteriosa;
- obesità;
- colesterolo;
- trigliceridi alti;
- diabete;
- aterosclerosi;
- stress;
- abitudine al fumo.
Quando avviene l’infarto
L’infarto è un attacco cardiaco che si verifica quando il flusso sanguigno viene bloccato e ciò impedisce al sangue di raggiungere il cuore. È un danno provocato a una porzione del cuore in seguito all’occlusione parziale o totale di un’arteria.
I segni premonitori dell’infarto
Differiscono da quelli dell’arresto e sono clinicamente più rilevabili. Tra i sintomi dell’infarto più conosciuti vi sono:
- dolore compressivo al petto;
- dolore alla spalla che si irradia sino al braccio sinistro;
- respiro corto;
- sudorazione fredda;
- stanchezza diffusa.
In caso di infarto, pur in presenza di un’interruzione del flusso sanguigno con conseguente danneggiamento del tessuto cardiaco, non si perde conoscenza. La perdita di conoscenza in caso di infarto avviene solo se compare la più temibile delle sue complicanze, ovvero l’arresto cardiaco.
Le cause di un infarto
Un attacco cardiaco è dovuto al fatto che placche aterosclerotiche presenti nelle coronarie si rompono e si ha in tale sede la formazione di un coagulo di sangue (trombo) che occlude acutamente la coronaria. Fattori che predispongono certamente alla formazione di placche sono:
- un regime dietetico ricco di grassi;
- l’abitudine a fumo e alcool;
- un eccesso di colesterolo nel sangue;
- diabete mellito;
- ipertensione arteriosa.
Da non trascurare è anche la predisposizione familiare, quindi genetica.
Cosa fare in presenza di arresto cardiaco e/o infarto
Entrambe le patologie richiedono un intervento tempestivo e soprattutto qualificato.
Nel caso di arresto cardiaco, l’intervento deve essere immediato, con la messa in atto di manovre di supporto vitale di base (massaggio cardiaco, rianimazione cardiopolmonare, ventilazione di emergenza) in attesa dell’arrivo di un defibrillatore, che possa ripristinare il regolare battito del cuore (nei casi in cui è indicato).
Se ciò non avviene, in pochissimi minuti si hanno prima i danni al cervello, quindi il decesso del soggetto. Le possibilità di sopravvivenza, infatti, dipendono dalla velocità con la quale si presta soccorso alla persona colpita dall’arresto. Una volta ripristinate le funzioni vitali della persona colpita da arresto cardiaco, si devono identificare le cause ed eventualmente si impianta un defibrillatore sottocutaneo, una sorta di pacemaker più evoluto capace di attivarsi al bisogno.
Per ciò che concerne l’infarto, invece, la terapia è la riapertura della coronaria ostruita. Il paziente deve essere condotto il più rapidamente possibile in una struttura ospedaliera dotata di Laboratorio di Emodinamica, dove si esegue rapidamente una coronarografia e direttamente una angioplastica coronarica (palloncino e stent).
In alternativa si può effettuare un tentativo di riapertura dell’arteria anche mediante un farmaco ospedaliero (trombolisi), ma con risultati inferiori rispetto all’angioplastica.