Cosa sono i marcatori tumorali e come interpretare i valori

PUBBLICATO IL 10 OTTOBRE 2023

I marker tumorali sono sostanze che circolano nel sangue e che costituiscono spesso un segnale della presenza e dello sviluppo di una neoplasia. Solitamente, vengono valutati nel sangue e, solo in casi particolari, anche in altri fluidi corporei come il liquido pleurico o peritoneale. La loro presenza, è necessario specificarlo fin da subito, non sempre è un’informazione inequivocabile di tumore perché talvolta possono essere segno di una infiammazione/infezione dell’organo cui si riferiscono. Ma quali sono i valori cosiddetti ‘normali’ e quando preoccuparsi?

La dottoressa Doris Mascheroni, responsabile dell’Unità Operativa di Medicina e dell’Unità Operativa Sub Acuti all’Istituto Clinico Villa Aprica, spiega come interpretare correttamente i valori e come è possibile rilevare dai marcatori la presenza di tumori.

 

Quando si utilizzano i marcatori tumorali

“Come regola generale - afferma la dott.ssa Mascheroni - non è utile utilizzare i marker nello screening diagnostico, cioè quando si sospetta o si ricerca un tumore, ma: 

  • soltanto a diagnosi certa di malattia per avere un primo punto di riferimento; 
  • nel follow up, cioè nei controlli successivi per verificare un’eventuale ripresa del tumore dopo la guarigione o un aggravamento del tumore stesso”. 

In base alla tipologia di carcinoma, si individuano diversi marcatori tumorali di riferimento, in grado di rilevare lo stato attuale di malattia e di impostazione del monitoraggio. 

Tumori dell’apparato digerente

“Nel carcinoma dell’apparato digerente (soprattutto stomaco e intestino), il CEA (antigene carcino-embrionario) da anni riveste il ruolo di marcatore di riferimento nel controllo di malattia. Va detto che, peraltro, un incremento di questo marcatore si ritrova anche in neoplasie di altri organi come polmone e mammella - spiega -. Non solo, ma un aumento del valore normale di CEA può verificarsi in un soggetto forte fumatore, senza che abbia patologia neoplastica, o in un soggetto portatore di patologia anche benigna del fegato e delle vie biliari (cirrosi, pancreatite, colangite)”. 

Analogo significato ha il marcatore tumorale CA 19-9 noto anche come GIKA, presente nelle neoplasie dell’apparato digerente e, in particolare, ancora più del CEA nei tumori del pancreas e delle vie biliari.

Tumori del fegato

Per quanto riguarda il tumore primitivo del fegato (l’epatocarcinoma) è di rilievo il riscontro di elevati valori di alfafetoproteina che però, come è noto, è un indicatore di gravidanza ed è utilizzato anche nel monitoraggio della neoplasia del testicolo.

Tumore mammario

“Quando invece si monitorizza l’andamento della neoplasia mammaria, si utilizzano i marker CEA e CA 15,5. Spesso, l’incremento anche lieve di questi marcatori indica precocemente una ripresa di malattia che magari non è ancora evidenziabile con radiografie, TC, scintigrafia o altri esami strumentali - prosegue la specialista -. E, analogamente, quando in corso di un trattamento si evidenzia una riduzione del valore, si può ottimisticamente dedurre una buona risposta del paziente”. 

Tumore della prostata

“Nel carcinoma della prostata, il noto PSA (antigene prostatico specifico) non è considerato un esame di screening, ma comunque andrebbe sempre monitorato in uomini di età superiore ai 45-50 anni. Infatti, pur non essendo specifico solo per il tumore della prostata, qualora aumentato di valore, deve indurre medico e paziente ad approfondimenti diagnostici, che potrebbero evidenziare solo un’infiammazione della prostata fino a una neoplasia anche in fase precoce”. 

Tumore al polmone

Un po’ più complessa è la valutazione dei marcatori nei carcinomi polmonari. Ai noti CEA e CA 19,9 si sono aggiunti negli ultimi anni i marcatori detti citocheratine circolanti (TPA, CIFRA 21.1) e altri ancora più specifici. Ogni marcatore è correlato a un tipo particolare istologico di carcinoma polmonare. 

Infatti, a tutt’oggi, non è più sufficiente parlare di carcinoma del polmone o della mammella o altro: occorre definire con l’esame istologico, la biologia molecolare e addirittura la genetica, il tipo di neoplasia che si sta trattando, per avere una strategia di cura sempre più mirata ed efficace. 

 

Come leggere i valori dei marker tumorali

Ogni marcatore ha un valore ‘soglia’ che può leggermente variare a seconda dei laboratori, oltre il quale si può iniziare a considerare una patologia in atto. Ovvio che una minima variazione del valore oltre il limite di normalità può essere dovuta a meccanismi legati al macchinario che esegue l’analisi, e quindi l’esame va ricontrollato per sicurezza, mentre valori francamente elevati o un trend in costante aumento vanno presi in considerazione come indice di alterazione dell’organo.

 

Le novità nell’ambito del marker tumorali

Quali sono le prospettive nel campo dei marcatori? “Attualmente, sono in atto nuovi test in grado di ricercare mutazioni nei geni del paziente (DNA, RNA), definiti marcatori genetici - conclude Mascheroni -. Nota è la mutazione: 

  • K RAS nel cancro del colon; 
  • ALK in alcuni tipi di neoplasia polmonare; 
  • il più ‘famoso’ BRCA nel cancro della mammella che consente di valutare un maggior rischio di sviluppare neoplasia mammaria o ovarica nei familiari stretti.

L’utilizzo dei marcatori è sempre più convalidato, ma va inserito in un più ampio contesto di diagnosi che solo il medico di base o lo specialista sanno riconoscere, dato che possono rivelarsi anche esiti ‘falsi negativi’ o ‘falsi positivi’ da inquadrare in modo scientifico e idoneo allo stato di malattia del paziente”.

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