Dalla Polonia al Galeazzi - Sant’Ambrogio: il viaggio di un ragazzo per correggere una grave scoliosi
PUBBLICATO IL 30 MARZO 2023
Una grave forma di scoliosi che impatta fortemente sulla qualità di vita di un ragazzo polacco di 17 anni e che, se non trattata, avrebbe avuto come conseguenze gravi problemi respiratori. Un intervento difficile, ritenuto impossibile in Polonia, ma che all’IRCCS Ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio è divenuto realtà, grazie al dottor Pedro Berjano, Responsabile dell’Unità Operativa di GSpine4 e alla sua équipe.
Il caso clinico
Il paziente è un giovane ragazzo, Michal, a cui all’età di 13 anni è stata diagnosticata la scoliosi con l’indicazione al trattamento prima con busto e, successivamente, con un intervento di artrodesi vertebrale che consente la correzione della deformità, ma sacrificando parte della mobilità della colonna.
Nonostante il quadro preoccupante, Michal aveva deciso di non sottoporsi alle cure proposte nella speranza di arrestare la progressione della deformità mantenendo integra la mobilità della colonna. Ha cercato dunque di trattare la sua scoliosi con esercizi, con il risultato di un ulteriore peggioramento della curva fino ad una molto grave deformità di 128° (in generale, la chirurgia viene proposta per curve sopra i 50-60° e si ritengono gravi le scoliosi sopra gli 80°).
A questo punto il paziente, alla ricerca di un’opzione di trattamento che preservasse la mobilità della colonna, si era rivolto a diversi specialisti internazionali che avevano però ritenuto impossibile un intervento di questo tipo.
I sintomi del paziente
Giunto in ospedale, Michal presentava non solo un quadro di dolore dorsale e lombare frequente, ma sembrava anche molto provato emotivamente. Il tronco era visibilmente deforme, con un gibbo sotto la scapola molto evidente.
“Oltre alle difficoltà psicologiche e relazionali - spiega il dottor Berjano - la condizione del paziente faceva presagire un incremento progressivo della curva anche nell’età adulta e la deformità della colonna avrebbe avuto un impatto sempre maggiore sulla cassa toracica, provocando quindi una sofferenza degli organi interni”.
L’intervento è stato quindi assolutamente necessario per ridurre la curva, arrestandone la progressione, e permettere a Michal di avere un futuro più sereno.
L’intervento: come si è svolto
L’intervento, che ha avuto una durata di 11 ore, ha visto il chirurgo sfruttare l’approccio anteriore alla colonna eseguendo una mini-toracotomia. Attraverso la piccola incisione, effettuata sul fianco, si è raggiunta la colonna vertebrale senza la necessità di tagliare e lesionare la muscolatura che la sostiene. Quindi sono stati posizionati 2 ancoraggi con viti di titanio per ogni singola vertebra nella parte della curva interessata dalla deformità.
Gli ancoraggi sono stati poi collegati da corde flessibili in poliestere che permettono di conservare la mobilità del rachide, a differenza delle più utilizzate barre di titanio. La tensione opportunamente dosata delle corde, collocate nella convessità della curva, fa sì che le vertebre si avvicinino apportando così la correzione.
“Nel caso di Michal ho applicato la tecnica MP-ASC (Motion-Preservation Anterior Scoliosis Correction) che si utilizza in soggetti che, desiderando mantenere la mobilità della colonna, hanno già raggiunto una maturità scheletrica oppure presentano curve sopra i 70°.
In situazioni così complesse è necessario utilizzare 2 ancoraggi per ogni vertebra, con 2 o 4 corde, per imprimere una forza di correzione maggiore. Talvolta si procede anche con un ‘release’, ovvero si rilascia il legamento che mantiene contratta la colonna nella posizione deformata, per ottenere una maggiore flessibilità e quindi un risultato migliore - afferma il dottor Berjano -.
Il paziente ha ottenuto una significativa riduzione della scoliosi dai 128 ai 70°. In casi così gravi, la tecnica MP-ASC prevede un secondo tempo chirurgico, dopo qualche mese, di ritensionamento e ulteriore correzione della deformità per ottenere il risultato finale”.
L’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio è pioniere in Europa per complessità dei casi trattati, sia con tecniche tradizionali di artrodesi, sia con questa moderna tecnica di preservazione della mobilità.