Cos'è la cardiomiopatia ipertrofica e come si cura

PUBBLICATO IL 22 FEBBRAIO 2023

La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia genetica che determina un aumento dello spessore delle pareti del ventricolo sinistro. Quali tipologie esistono? Quali i sintomi che ne permettono il riconoscimento da parte dello specialista e quali le cause? 

Approfondiamo l’argomento con il Dott. Lorenzo Menicanti, Direttore dell’Area Chirurgica Cuore – Adulto e Direttore Scientifico dell’IRCCS Policlinico San Donato, primo centro di cardiochirurgia in Italia, per numero e complessità dei casi.

 

Che cos’è la cardiomiopatia ipertrofica e quali tipologie esistono

La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia genetica, che determina un aumento dello spessore delle pareti del ventricolo sinistro. Tale aumento è dovuto a un numero maggiore di cellule del muscolo cardiaco, dette miocellule, e da un disordinato rapporto tra di loro. Mentre, infatti, in un cuore normale le miocellule sono orientate in piani ordinati, nel caso di una cardiomiopatia ipertrofica questi stessi piani vengono sovvertiti. Tale patologia colpisce tra lo 0,2 e lo 0,5% della popolazione adulta

Si può presentare in tipologie e gravità diverse: da forme molto lievi a situazioni con aumento della parete significativo. L’ipertrofia, infatti, può localizzarsi in un solo segmento del ventricolo sinistro o coinvolgerlo interamente. 

Nel caso di cardiomiopatia ipertrofica asimmetrica, condizione in cui alcune parti della parete del ventricolo sono più spesse di altre, l’ipertrofia può:

  • coinvolgere il setto alto;
  • localizzarsi sulla parete laterale;
  • comportare l’ispessimento della sola parte puntale.

Diversamente, l’ipertrofia può anche determinare l’aumento dello spessore di tutta la parete del ventricolo.

Oltre alle tipologie sopra elencate, determinate dalla localizzazione dell’ipertrofia, è possibile distingue anche tra cardiomiopatia ipertrofica non ostruttiva e ostruttiva: in questo caso, l’ipertrofia determina un impedimento all’uscita del sangue dal ventricolo sinistro.

 

I sintomi della cardiomiopatia ipertrofica 

La sintomatologia è strettamente legata all’entità e alla sede dell’ipertrofia. Vi sono pazienti con gradi di ipertrofia lievi e, quindi, asintomatici, altri in cui l’ipertrofia è tanto estesa da determinare una limitazione importante allo sforzo con insorgenza di:

  • mancanza di fiato;
  • dolori al petto di tipo anginoso;
  • stanchezza;
  • aritmie, in certi casi tanto importanti da portare all’insorgenza di sincope o addirittura fibrillazione ventricolare, situazione questa che può determinare il decesso del paziente.

La causa delle aritmie, tra i sintomi più gravi, è da riscontrarsi nell’orientamento caotico delle cellule, con presenza di fibrosi (accumulo di tessuto connettivo) tra i miociti (fibre muscolari), che comporta un’interruzione del normale ritmo cardiaco.

 

Quali esami fare per arrivare alla diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica

Per diagnosticare una cardiomiopatia ipertrofica si procede con l’esecuzione di: 

Se il sospetto di malattia si fa più concreto, viene eseguita una Risonanza Magnetica per valutare non solo l’estensione dell’ipertrofia, ma soprattutto il grado e la presenza di fibrosi, tra le cause principali delle aritmie pericolose. Completano l’analisi: 

  • studio delle coronarie;
  • test genetico, utile per una più completa conoscenza della situazione.

 

Quali sono le cure per la cardiomiopatia ipertrofica

In presenza di un paziente sintomatico la prima scelta è la terapia medica, fondamentalmente basata sull’uso di:

  • betabloccanti;
  • calcio antagonisti;
  • vasodilatatori.  

In condizioni normali, con l’impiego della terapia medica si hanno ottimi risultati in termini di miglioramento della sintomatologia e della prognosi a lunga distanza: i dati in letteratura ci dicono che la possibilità di sopravvivenza a 5 anni con una buona terapia è del 97,5%.

Nel caso di pazienti ad alto rischio di aritmie, si procede invece con l’impianto di un ICD (Implantable Cardioverter Defibrillator - Defibrillatore Cardiaco Impiantabile). Questo device prevede l’inserimento di una sonda nelle cavità destre del cuore, attraverso una vena. Con una scarica elettrica, la sonda è in grado di azzerare l’aritmia, se questa si presenta, scongiurando il pericolo di una fibrillazione ventricolare e, quindi, di una morte improvvisa. L’ICD è un device molto simile ad un normale pacemaker; rispetto a quest’ultimo è, inoltre, in grado di individuare le aritmie maligne ed eliminarle.   

Il trattamento chirurgico per la cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva

Nel caso di cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva, è necessario intervenire chirurgicamente. L’ostruzione al flusso sanguigno è, infatti, responsabile di gran parte della sintomatologia: per questa ragione, laddove la terapia medica non fosse sufficiente, si deve asportare la parte di muscolo ipertrofico che determina l’ostacolo all’uscita del sangue. È, quindi, possibile intervenire in 2 modi:

  • alcolizzazione del setto: durante un esame coronarografico, attraverso un catetere, le coronarie che portano sangue al setto vengono ‘alcolizzate’: si inietta al loro interno una sostanza (alcol), che lede in modo irreversibile la coronaria stessa, determinandone la chiusura e quindi un infarto della porzione del setto che la coronaria sottende. Tale procedura è piuttosto imprecisa: non sempre, infatti, vi è una coronaria che serve solo ed esclusivamente la parte del setto ipertrofico. Pur evitando al paziente il trauma chirurgico, la malattia non viene efficacemente trattata ed è possibile insorgano altre complicazioni. Per questa ragione tale procedura, dopo un iniziale entusiasmo, è sempre meno utilizzata;
  • trattamento chirurgico: il trattamento di scelta, quindi, in presenza di una cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva è l’intervento chirurgico, che permette non solo di asportare completamente la parte ipertrofica del setto, ma anche di trattare le eventuali altre patologie che spesso accompagnano tale situazione come, ad esempio, alcune disfunzioni della valvola mitralica. La procedura chirurgica è relativamente semplice: attraverso una piccola apertura dell’aorta ascendente, si raggiunge il setto ipertrofico passando attraverso la valvola aortica. Una volta evidenziata la zona ipertrofica del setto, si esegue l’asportazione per mezzo di un bisturi. I risultati sono ottimi con un rischio chirurgico molto basso (attorno al 1%). 

I pazienti con cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva trattati con intervento chirurgico hanno la stessa sopravvivenza a 10 anni dei pazienti trattati con terapia medica senza ostruzione; diversamente, i pazienti con ostruzione trattati solo con terapia medica hanno un’alta mortalità.*

I risultati chirurgici sono estremamente favorevoli. I portatori di una cardiopatia ipertrofica ostruttiva devono essere trattati se sintomatici: l’asportazione dell’ostruzione, infatti, modifica completamente la loro aspettativa di vita. 

“Con oltre 150 casi trattati (in totale), il Policlinico San Donato si attesta tra gli Ospedali con la più grande esperienza in questo tipo di chirurgia”, conclude il medico.

Gli studi sul trattamento farmacologico

Attualmente, sono in corso studi sul trattamento farmacologico, con farmaci inibitori della produzione di miociti, della patologia. I risultati sono, però, molto preliminari e non è ancora possibile capire la reale portata di questi trattamenti e, soprattutto, a quale categoria di pazienti possano essere somministrati. 

 

*Fonte Mayo Clinic

Cura e Prevenzione