La depressione nell’anziano: cause, sintomi e cure
PUBBLICATO IL 01 NOVEMBRE 2022
Difficoltà a concentrarsi, calo di memoria, dolori muscolari, paure, insicurezze, ipocondria, aumento della frequenza dell’irritabilità, rifiuto del cibo e autoisolamento, non è solo tristezza! La depressione maggiore negli anziani è una patologia seria da affrontare tempestivamente con le terapie più adeguate.
Con la professoressa Cristina Colombo, Primario del Centro disturbi dell'umore di Ospedale San Raffaele-Turro e Professore Ordinario di Psichiatria, della Facoltà di Medicina di Università Vita-Salute San Raffaele, scopriamo come curare questa malattia che ogni anno colpisce circa il 27% delle donne e il 20% degli uomini di età superiore ai 65 anni.
Che cos’è la depressione nell’anziano e perché è difficile riconoscerla
Si tratta di un disturbo dell’umore che può divenire una patologia invalidante se non curato per tempo, ma che spesso, lo stesso soggetto fa fatica a riconoscere.
“L’anziano depresso lamenta spesso sintomi fisici (somatizzazioni dello stato psichico o peggioramenti di malattie fisiche note) e difficoltà cognitive: egli minimizza la tristezza che prova pensando che sia ‘normale’ dopo una certa età oppure per vergogna di sperimentare questo sentimento magari dopo una vita di gratificazioni (quando lavorava e non era ‘un semplice pensionato’, ecc)”, spiega la professoressa Cristina Colombo.
I sintomi e i campanelli d’allarme della depressione nell’anziano
“I sintomi più evidenti della presenza di depressione maggiore nell’anziano sono i disturbi dell’appetito e quelli della digestione. Altri sintomi frequenti sono:
Un campanello d’allarme forte è l’ideazione suicidaria: questo sintomo è più difficile da indagare e necessita di un clima di elevata fiducia tra medico e paziente affinché venga confidato”.
Le possibili cause scatenanti
La depressione ha una origine incerta e la causa (o le cause) variano da soggetto a soggetto. Spesso la causa è multifattoriale. Vediamo con la psichiatra quali sono le possibili cause scatenanti.
“Nell’ottica bio-psico-sociale è importante la familiarità: durante la prima visita psichiatrica è utile riferire allo specialista, così come in precedenza al medico curante, se nella famiglia del paziente ci sono stati in passato altri familiari diretti (nonni, genitori ecc.) con una diagnosi di depressione o altre patologie dell’area disturbi dell’umore.
Tra le possibili cause di depressione nell’anziano ci sono eventi stressanti e malattie croniche. Inoltre, tra le cause di questa patologia ci sono i cambiamenti che si vivono tipicamente dai 65 anni di età in poi, cioè dalla terza età, quali: pensionamento, preoccupazioni economiche, lutti in famiglia, perdita di autonomia, problemi di memoria e altri eventi.
Questi eventi della vita hanno un effetto destabilizzante sulla salute mentale e fisica del paziente”, spiega la professoressa Colombo.
La diagnosi: il ruolo dei famigliari e del medico di base nell’individuare questa patologia
“Il paziente evita di farsi visitare per vergogna oppure cerca continuamente una causa ‘fisica’, arrivando allo psichiatra tardi. Tipicamente, le donne si sentono in colpa perché stanno male e gli uomini provano, appunto, vergogna e quindi grande difficoltà a chiedere aiuto per il timore del giudizio altrui.
Bisogna ascoltare con empatia il paziente e ricordare che la salute mentale è importante come quella fisica, anche nella terza età”.
La diagnosi clinica da parte dello psichiatra
“Il primo strumento diagnostico è la storia clinica, familiare e generale del paziente, che si raccoglie durante il colloquio della prima visita psichiatrica.
A seguito della visita per perfezionare la diagnosi, potrebbe essere prescritta dallo specialista una Risonanza magnetica (RM) o una Tac/TC dell’encefalo. Questi esami diagnostici approfondiranno le variazioni fisiologiche dell’età oppure i segni di atrofia o micro-vasculopatia, frequenti nella depressione a esordio senile (dai 65 anni di età o anche prima, dai 50 anni).
I test neuropsicologici indagano le funzioni cognitive attuali e si possono ripetere nel tempo come monitoraggio”.
L’accettazione della diagnosi e della terapia
“È fondamentale la comunicazione tra medico e paziente nell’accettazione della diagnosi e nell’aderenza alla terapia (compliance, ndr) sia da parte dei pazienti, sia dei loro famigliari e caregiver - spiega la psichiatra -.
Gli anziani spesso pensano di essere troppo vecchi per curarsi, di essere ‘deboli’: questo rischia di far cronicizzare i sintomi, con ripercussioni negative sulla salute e sull’autonomia. Per questo motivo durante la visita psichiatrica dobbiamo trasmettere diagnosi, cura e prognosi con giusto ottimismo.
Servono alcune settimane di terapia per vederne gli effetti e poi va proseguita ancora come mantenimento: il paziente e i caregiver devono conoscere queste tempistiche di cura, in modo da garantire regolarità nella compliance e nelle visite di controllo”.
Come si cura la depressione degli anziani
Diverse sono le strategie e le terapie per la cura di questa patologia che colpisce sempre più ultra 65enni. Le più innovative sono già disponibili nella struttura dell’Ospedale San Raffaele Turro: si va dalla terapia farmacologica e psicoterapica alle innovative tecniche di stimolazione transcranica per alcuni casi specifici. Le affrontiamo con la specialista
Cura psichiatrica: tra farmacologia, cronoterapia e stimolazione transcranica
“Prediligiamo i farmaci antidepressivi con minori interazioni tra farmaci (di prima scelta sono gli inibitori per la ricaptazione della serotonina): spesso gli anziani assumono tante medicine per diverse patologie concomitanti. Grazie a queste terapie si arriva al 50%-85% di guarigione, anche se non sempre bastano i soli farmaci a ripristinare l’equilibrio psicofisico del paziente anziano depresso.
In alcuni casi specifici, proponiamo le cronoterapie come, per esempio, la Terapia della luce: queste tecniche agiscono sull’orologio biologico dell’essere umano resettando i sistemi coinvolti nei sintomi depressivi.
Oppure, vengono proposte le tecniche somatiche come, per esempio, la Stimolazione magnetica transcranica o la Stimolazione transcranica a corrente diretta: tecniche che vanno a ‘svegliare’ le aree cerebrali dormienti al fine di potenziare la risposta ai farmaci del paziente - illustra la psichiatra -.
“Nei casi gravi o di forte resistenza, la Terapia elettro convulsivante è ben tollerata e dà buoni risultati (60-80%). Nel nostro ospedale per questa terapia abbiamo un’équipe dedicata che segue il paziente depresso per tutto il percorso di accertamenti e trattamento”.
Cura psicoterapica
“Spesso nell’anziano gli schemi cognitivi e relazionali sono più difficili da cambiare, ma si può proporre un supporto psicologico per affrontare meglio la malattia e gli eventi della vita, soprattutto nei casi lievi o di controindicazione ai farmaci, magari affiancato da esercizi di allenamento neuro-cognitivo (ad esempio, ricordare la lista della spesa, fare le parole crociate o altri giochi di enigmistica, leggere libri con molti personaggi ecc.)”.
Dieta e stile di vita
“La perdita di appetito e di peso o l’alimentazione disordinata hanno ripercussioni sul fisico, instaurando un circolo vizioso: una dieta bilanciata può aiutare a recuperare energie e sostenere l’umore.
Il movimento dà benefici sullo stato fisico, sui sintomi depressivi e sull’autostima. Inoltre, incoraggiamo il paziente a riprendere la socialità e gli interessi che aiutano a mantenere le facoltà cognitive allenate”, approfondisce la dottoressa Colombo.
Depressione versus Demenza Senile: cosa le lega e cosa le differenzia?
“Nella depressione dell’anziano i contorni tra fasi di malattia e di benessere, tipici della Depressione maggiore, sono più sfumati, con rischio di cronicizzazione di stati depressivi ‘minori’, ma invalidanti - spiega la professoressa Colombo -.
Nella demenza senile c’è un declino cognitivo progressivo, con alterazioni variabili dell’umore.
Nel mezzo, queste si influenzano a vicenda: la depressione è un fattore di rischio per demenza e negli anziani con demenza senile è più frequente osservare anche depressione.
Per questi motivi è importante per il paziente, o più di frequente per il familiare convivente e/o caregiver professionale (es. badante), cogliere i primi segnali di modifica dell’umore e chiedere un consulto al medico di famiglia e poi allo specialista in psichiatria, se la flessione del tono dell’umore e gli altri sintomi persistono per più di due settimane”.
Depressione e ansia nell’anziano: cosa le lega e cosa le distingue?
“La comorbidità di depressione e ansia è molto alta in generale, anche negli anziani. Spesso nell’anziano la depressione è ansiosa con paure, insicurezze, ipocondria, ma può avvenire anche l’inverso: se il paziente sviluppa un’ansia duratura può arrivare a una depressione secondaria all’esaurimento delle risorse interiori e per questo è importante trattarla tempestivamente”, conclude l’esperta.