Cos’è e come si cura la coccigodinia

PUBBLICATO IL 29 MARZO 2022

Un intenso dolore all’altezza del coccige e alla parte finale della colonna vertebrale lombare. Lo specialista spiega cos’è la coccigodinia e cosa fare.

Quel dolore che si irradia nella parte bassa della schiena e che a volte rende difficile anche sedersi o compiere attività banali, quali allacciarsi le scarpe, potrebbe essere riconducibile a un’infiammazione del coccige: la coccigodinia. Il dottor Alberto Debernardi, consulente neurochirurgo della Casa di Cura La Madonnina, ci illustra meglio di cosa si tratta.

 

Che cos’è la coccigodinia?

“Con coccigodinia o coccidinia, dal greco kòkkux = ‘coccige’ e odùne = ‘dolore’, non si intende una patologia specifica, ma una sintomatologia dolorosa originata da uno stato infiammatorio alla parte terminale della colonna vertebrale, la regione osteo-legamentosa del coccige, localizzata a livello della regione anale e piega glutea”, spiega il dottor Debernardi.

La coccidinia interessa prevalentemente una popolazione di età media pari a 40 anni, nel 60-70% dei casi di sesso femminile. Le motivazioni potrebbero risiedere verosimilmente in una maggior prominenza del coccige nella donna rispetto all’uomo, quindi in una sua maggior suscettibilità a questo tipo di stati infiammatori.

Oltre a ciò, un altro elemento che caratterizza la prevalenza femminile della coccigodinia è la sua frequente associazione al ciclo mestruale e, in alcuni casi, a traumi generati nel corso del parto. 

 

I sintomi 

Questa sindrome si manifesta, come già detto, con dolore alla regione del coccige, che a volte, tuttavia, caratterizza anche le aree limitrofe, quali rachide lombare e glutei e può acuirsi:

  • in posizione seduta;
  • nel passaggio dalla posizione seduta a quella eretta; 
  • quando si applica una pressione sull’area interessata.

 

Le cause 

Le cause alla base di questa manifestazione dolorosa, spiega il dottor Debernardi, possono essere racchiuse fondamentalmente in:

  • trauma diretto: un colpo o una lesione all’altezza della zona del coccige possono essere la causa dell’infiammazione, con le seguenti differenziazioni statistiche:
  • trauma da caduta nel 25% ca. dei casi; 
  • traumi lievi ma ripetuti, come ad esempio in sport quali ciclismo e canottaggio, nel 12% ca.;
  • traumi da parto, nel 12% ca.; 
  • traumi da trattamento chirurgico, nel 5% ca. (almeno il 50% di questi per intervento effettuato in ‘posizione litotomica’, ovverosia con paziente disposto sulla schiena a ginocchia divaricate).
  • causa ignota (idiopatica);
  • prostatite: quindi a seguito di un’infiammazione della prostata.
  • tumore: alla base della coccigodinia può esservi, più raramente, anche una neoplasia come, ad esempio:
  • cordoma: tumore che si sviluppa solitamente alla base del collo o della colonna vertebrale;
  • tumore a cellule giganti o osteoclastoma: neoplasia ossea caratterizzata dalla presenza di cellule giganti e che si manifesta soprattutto in ossa lunghe quali femore e tibia; 
  • schwannoma intradurale: tumore che colpisce le cellule di Schwanna a livello dei nervi spinali;
  • cisti perineurali (cisti di Tarlov): tasche contenenti liquido cerebrospinale che si originano lungo la colonna vertebrale e in particolare a livello della zona sacrale;
  • lipoma intraosseo: tessuto adiposo che si viene a formare all’interno dell’osso;
  • carcinoma del retto: tumore a carico del retto, quindi la parte dell’intestino più vicina all’ano;
  • emangioma sacrale: una proliferazione delle cellule epiteliali dei vasi sanguigni nella zona sacrale;
  • metastasi pelviche, spesso da neoplasia alla prostata.

 

La diagnosi

Lo specialista sottolinea come la diagnosi di coccigodinia sia prettamente clinica, quindi con il paziente che manifesta dolore e/o indolenzimento a livello della piega anale. 

Una conferma viene effettuata tramite l’iniezione di anestetico locale nell’area del coccige: se il dolore è relativo a quell’area, il soggetto percepisce un immediato sollievo.

“Questa pratica si rende necessaria per un’anamnesi differenziata dai dolori insorti in altre aree all’interno della regione inferiore della colonna vertebrale e della zona pelvica che possono simulare una coccigodinia. Se il test con anestetico risulta positivo, seguono, poi, una radiografia dinamica o una risonanza magnetica, in grado di evidenziare se il coccige si lussa nel momento in cui il paziente si accinge a sedersi” , spiega il dottore.

La radiografia dinamica è in grado di identificare le cause del dolore in circa il 68% dei pazienti, mentre la TAC ossea e l’imaging a risonanza magnetica (MRI) evidenziano o escludono sia fratture ossee, che patologie neoplastiche.

Nel caso di sospetta diagnosi di coccidinia occorre, quindi, rivolgersi a un chirurgo esperto in chirurgia vertebrale, quindi un neurochirurgo od ortopedico.

 

I rimedi 

La maggioranza dei pazienti manifesta un miglioramento o addirittura una completa risoluzione dei sintomi entro 3 mesi dalla diagnosi della coccicodinia, tramite trattamento conservativo che si basa essenzialmente su:

  • terapia farmacologica con: antiinfiammatori non steroidei; blandi analgesici; rilassanti muscolari (miorilassanti);
  • cuscino in gomma con la classica forma ‘a ciambella’, utilizzato per ridurre la pressione sul coccige nella posizione seduta;
  • fasce lombari e sedie con supporto lombare, per mantenere la lordosi necessaria.

Tuttavia, i pazienti che riscontrano un miglioramento con il trattamento conservativo in circa il 20% dei casi possono manifestare un ripresentarsi della sintomatologia nel corso del primo anno.

In queste situazioni la scelta può essere quella di ripetere il trattamento conservativo o di attuare strategie più mirate.

Terapia per i casi refrattari 

Per i casi clinici più ostinati e resistenti alla terapia conservativa contro la coccigodinia le strade più indicate sono dunque:

  • iniezioni locali: cortisonici e anestetici somministrati localmente, che vanno a determinare un miglioramento in circa il 60% dei casi.
  • manipolazione del coccige: tramite dei movimenti specifici si migliora o addirittura ripristina il corretto posizionamento e scorrevolezza dell’articolazione. Nell’85% dei casi si riscontra un miglioramento del quadro clinico se la manipolazione è effettuata in combinazione con iniezione locali di cortisonici e anestetico;
  • infiltrazioni locali con ossigeno-ozono (ossigeno-ozono terapia) che svolge un’azione anti-infiammatoria. 
  • fisioterapia con impiego di tecarterapia e magneto-terapia, esercizi di stretching e applicazione di calore, in modo da consentire un miglioramento posturale;
  • coccigectomia: la rimozione chirurgica del coccige (in particolare della sua porzione mobile) che può arrivare ad interessare anche il 20% dei pazienti affetti da coccigodinia. L’operazione chirurgica determina un miglioramento clinico nel 90% dei casi, ma si tratta, ovviamente, della soluzione più estrema, indicata per i pazienti a cui tutte le altre terapie non hanno dato esito positivo con scomparsa del sintomo. 
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