Cos'è la tallonite e come curarla
PUBBLICATO IL 06 MAGGIO 2021
La tallonite si presenta con un dolore intenso al tallone e al calcagno. Il Responsabile del Servizio di Podologia del Galeazzi ne spiega le cause e come curarla.
Parlare di tallonite vuol dire parlare, più precisamente, di dolore acuto al tallone e al calcagno. Questa sintomatologia può insorgere già a partire dall’età infantile e se, non curata, in età adulta, potrebbe portare a patologie più gravi.
Ma quali sono le cause? Esiste una particolare predisposizione? Lo abbiamo chiesto al prof. Antonio Serafin, responsabile del Servizio di Podologia all’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi.
Le cause e i tipi di tallonite
La tallonite, detta anche tallodinia, è un dolore che si manifesta appunto al calcagno e può legata a differenti cause ed essere di differenti tipologie.
Tallonite infantile
La prima di queste, chiamata tallonite infantile, è comunemente associata a una patologia di crescita, e si evidenzia solitamente tra gli 8 e i 9 anni o tra i 13 e i 14 anni.
Questo avviene perché la tibia cresce più velocemente di quando si allunga il muscolo tricipite portando in tensione l’inserzione distale del tricipite cosicché il bambino, quando pratica attività sportiva o cammina molto, avverte un dolore intenso e lancinante, che si protrae per tutta la giornata.
Se questa patologia, nella sua insorgenza infantile, viene trascurata, in età adulta può portare alla formazione di un’esostosi, cioè un accrescimento dell’osso dove il tricipite surale del polpaccio si inserisce nel calcagno provocando a volte proprio l’erosione della tomaia della calzatura per sfregamento, portando all’insorgenza del morbo di Haglund.
In questi casi particolari, normalmente, è sufficiente aumentare il tacco della calzatura per rendere più rilassato il tricipite surale e quindi con meno trazione sul calcagno.
La spina calcaneare
Tra le possibili cause di tallonite, c’è la spina calcaneare. Dobbiamo pensare al calcagno come a un pendolo attaccato alla gamba attraverso l’osso talo (astragalo), trazionato posteriormente dal tricipite e anteriormente bloccato dalla fascia plantare che poggia a terra.
Questo osso porta in tensione le fasce plantari e tende a far ‘irritare’ l’origine della fascia plantare.
In questo modo, il nostro corpo per reazione deposita i sali di calcio, i quali, presentandosi come spina calcaneare, ossia sotto forma di cristalli con punte taglienti, possono accumularsi nei pressi di una fibra muscolare (accompagnata, talvolta, da una fibra nervosa) causando, in appoggio del piede, un dolore acuto e molto intenso.
Questo dolore si riscontra, nella maggior parte dei casi, all’inizio della deambulazione.
La fascite plantare
Nella fascite plantare, invece, c’è un’infiammazione della fascia plantare, cioè quell’insieme di tre strutture (achilleo-calcaneo-plantare) che originano dal calcagno e vanno a inserirsi in alcune zone del nostro piede permettendo l'ammortizzamento del peso del nostro corpo durante la deambulazione”.
Quanto dura la tallonite
La durata della tallonite varia a seconda della gravità:
- in caso di microtraumi (dovuti a un cattivo appoggio del piede, a calzature errate o a terreni un po’ sconnessi), la durata è di 15-20 giorni;
- Nei casi più gravi, dove c’è proprio un’infiammazione del periostio (membrana fibrosa che avvolge l’osso) con trazione della fascia tendinea, si può arrivare fino a 2-3 mesi.
Come si diagnostica?
Per effettuare una corretta diagnosi di tallonite, solitamente, è sufficiente una valutazione clinica dello specialista e, se non sufficiente, si può procedere con una serie di esami strumentali, sempre su indicazione medica come, ad esempio:
- radiografia
- ecografia
- risonanza magnetica.
Come curarla
“La terapia è principalmente di tipo ortesico perché vi è la necessità di permettere al piede di ammortizzare, assorbire lo shock, liberare l’inserzione e stabilizzare il movimento del piede - continua lo specialista -.
Da un punto di vista chirurgico, si dovrebbero pulire le calcificazioni, con il rischio però di ledere la fascia plantare e di provocare danni importanti; per questo motivo, si opera raramente.
Al giorno d’oggi, si hanno a disposizione, al riguardo, terapie non cruente come, ad esempio, le onde d’urto: due cicli di onde d’urto sono in grado di far passare il dolore.
Un ulteriore tipo di terapia sono le radiofrequenze e la terapia laser che, però, tolgono solamente il dolore senza andare a indagare sulla causa per evitare che il calcagno venga trazionato posteriormente”.
Ad esempio, quando le ragazze tolgono i tacchi, non riescono al momento a camminare normalmente perché il polpaccio è corto, il bacino sporge all’indietro e procedono faticosamente.
Come già sottolineato, nella tallonite infantile e nel morbo di Haglund, è sufficiente aumentare il tacco della scarpa, perché questo permetta al polpaccio di stare a riposo, utilizzando anche terapie antinfiammatorie non sistemiche.
Come curare la tallonite da fascite plantare
Nella fascite plantare, oltre ad avere una riduzione della tensione-trazione aumentata con la scarpa, è utile l’ausilio di plantari su misura e dell’applicazione di terapie con onde d’urto che tendono a togliere l’infiammazione senza sciogliere però la spina calcaneare.
“Qualche anno fa - conclude il prof. Serafin - era di uso comune praticare la nevrectomia in cui si recideva il nervo sensitivo togliendo definitivamente la sintomatologia dolorosa, procedura che si è preferita sostituire come le sopracitate onde d’urto o radiofrequenze”.