Malattie della tiroide: sono un fattore di rischio per il Covid?

PUBBLICATO IL 23 APRILE 2021

Le evidenze scientifiche sull’infezione da SARS-CoV-2 sono in continuo aggiornamento ed evoluzione. E questo vale anche per quanto riguarda le informazioni a nostra disposizione sulle possibili relazioni tra nuovo Coronavirus e sistema endocrino, in particolare tra Coronavirus e malattie tiroidee.

Nello specifico, soffrire di patologie della tiroide può rendere più esposti e vulnerabili all’infezione da SAR-CoV-2? Chi è affetto, ad esempio, da ipertiroidismo o ipotiroidismo, deve seguire particolari precauzioni?

Cerchiamo di fare chiarezza insieme alla dottoressa Carmen Asteria, endocrinologa dell’Istituto Clinico Sant’Ambrogio , di Palazzo della Salute – Wellness Clinic e di Smart Clinic

“L’attuale epidemia da coronavirus richiede un impegno in prima linea degli endocrinologici nella cura dei loro pazienti che, mai come in questo frangente storico, hanno bisogno di sentirsi rassicurati e di avere risposte precise sulla loro condizione di salute, sull’eventuale maggior rischio di contrarre l’infezione da SAR-CoV-2 e/o di avere malattia più grave” sottolinea la specialista.

Il legame tra sistema endocrino e sistema immunitario

Il sistema endocrino è composto da ghiandole che producono sostanze chiamate ormoni. Il compito degli ormoni è trasferire informazioni da un gruppo di cellule a un altro, come dei messaggeri, garantendo il mantenimento dell’equilibrio delle diverse funzioni dell'organismo.

Le principali ghiandole che compongono il sistema endocrino sono:

  • Ipotalamo
  • Ipofisi
  • Tiroide
  • Paratiroidi
  • Surrene
  • Ghiandola pineale
  •  Ovaie
  • Testicoli.

Strettamente legato al sistema nervoso, attraverso l’ipotalamo, struttura del cervello che dirige l'attività dell'ipofisi, il sistema endocrino, o per meglio dire neuroendocrino, è connesso anche al sistema immunitario: gli ormoni agiscono sull’asse ipotalamo - ipofisi che a sua volta produce ormoni che svolgono un’azione di regolazione dell’immunità.

Le patologie tiroidee autoimmuni favoriscono il Covid?

All’interno del sistema endocrino, una delle ghiandole più importanti è la tiroide, che attraverso gli ormoni tiroidei T4 e T3, controlla molte funzioni del nostro corpo:

  • Metabolismo
  • Respirazione
  • Battito cardiaco
  • Temperatura corporea
  • Sviluppo del sistema nervoso centrale
  • Accrescimento corporeo.

Sono milioni gli italiani, soprattutto donne, che soffrono di disfunzioni o malattie della tiroide e, soprattutto in questa fase di emergenza sanitaria, si chiedono se possano essere esposti a un maggior rischio di contrarre l’infezione da Covid 19 o di svilupparla in modo più importante, soprattutto se la patologia tiroidea è di origine autoimmune, considerata la stretta relazione che esiste tra sistema immunitario e sistema neuro-endocrino.

“La stragrande maggioranza delle patologie a carico della tiroide, che comportano sia un iper-tiroidismo (eccesso di produzione di ormoni) sia un ipo-tiroidismo (un deficit di produzione di ormoni), sono su base autoimmune, con una componente genetica nell’80% dei casi - osserva la dottoressa Asteria -.

Inoltre, gli ormoni tiroidei esercitano un effetto:

  •  sulle cellule coinvolte nel processo immunitario (monociti, macrofagi, cellule natural killer, linfociti);
  • sulle varie fasi dell’infiammazione stessa.

Pertanto è normale chiedersi se un paziente, ad esempio, con una carenza di ormone tiroideo (congenito o acquisito di qualsiasi natura), possa essere considerato potenzialmente più immuno-depresso, e quindi più a rischio per COVID-19, rispetto a una persona non ipotiroidea”.

E come stanno le cose? “Innanzitutto è bene ricordare che il sistema immunitario è regolato anche da altri importanti fattori (ormonali e non) extra-tiroidei in grado solitamente di garantire un’adeguata risposta immunitaria.

Paziente ipotiroideo e rischio Covid

Approfondisce l’endocrinologa: “Se il paziente affetto da ipotiroidismo assume correttamente la terapia sostitutiva con L-Tiroxina non è più ‘tecnicamente ipotiroideo’ e, quindi, non è più potenzialmente immuno-depresso.

Ne consegue che il paziente con ipotiroidismo, adeguatamente trattato e compensato, non presenta apparentemente un rischio maggiore di infezione virale o di complicanze legate alla patologia COVID-19, rispetto alla popolazione generale non affetta da ipotiroidismo”.

Tiroidite cronica di Hashimoto e morbo di Graves-Basedow

Lo stesso vale per i pazienti con altre forme autoimmuni come la tiroidite cronica di Hashimoto o il Morbo di Graves-Basedow: “A tutt’oggi non c’è alcuna dimostrazione che i pazienti con alterazione della funzionalità tiroidea su base autoimmune siano più suscettibili a contrarre infezioni virali o a sviluppare patologia COVID-19 più grave. Pertanto al momento, vanno considerati ed equiparati alle persone sane.

Questo perché, a differenza di molte altre patologie autoimmuni, quelle endocrinologiche prevedono un trattamento con farmaci sostitutivi e quasi mai con immuno-soppressori che potrebbero compromettere la risposta immunologica.

Solo alcune categorie di pazienti, come quelli con orbitopatia basedowiana (OB) in corso di terapia immunosoppressiva, sono probabilmente più a rischio di sviluppare un’infezione da Coronavirus più severa”.

Tiroidite subacuta e Covid 19

Recenti ricerche scientifiche hanno suggerito, invece, un possibile legame tra la tiroidite sub-acuta e l’infezione da SARS-CoV-2.

“La tiroidite sub-acuta è un’infiammazione della tiroide di origine virale che si manifesta con:

  • dolore al collo, febbre
  • sintomi generali
  • disfunzione tiroidea.

Inoltre, è quasi sempre anticipata da un’infezione delle prime vie respiratorie.

Come già si è visto per altri virus, è possibile che l’infezione da Coronavirus, che interessa per primo le alte vie respiratorie, possa trasferirsi per contiguità e continuità alla tiroide - sottolinea l’endocrinologa -.

Sappiamo, infatti, che il SARS-CoV-2 penetra nelle cellule ricche del recettore ACE2 (sigla che sta per enzima di conversione dell'angiotensina), tra cui ci sono anche quelle della tiroide.

Questo rende le cellule della tiroide un potenziale bersaglio per l’ingresso di SARS-CoV-2 e potrebbe spiegare il nesso tra tiroidite subacuta e sindrome COVID-19.

Un altro meccanismo alla base dell’associazione tra COVID-19 e tiroidite subacuta potrebbe essere la tempesta” di citochine (in particolare di interleuchina-6, IL-6) che si sviluppa in corso di infezione da SARS-CoV-2”. 

Questa tempesta potrebbe influenzare la funzione tiroidea determinando una tireotossicosi, ovvero un eccesso di ormoni tiroidei in circolo.

L’infezione COVID-19, quindi, potrebbe associarsi a un più alto rischio di tireotossicosi in seguito all’attivazione immunitaria sistemica indotta dall’infezione da SARS-CoV-2.

Quanto appena descritto e altri dati scientifici presenti in letteratura, sebbene ancora preliminari e da confermare, sembrano suggerire un maggior rischio di tiroidite subacuta, con conseguente tireotossicosi, nei pazienti affetti da infezione da SARS-CoV-2.

Il rischio sembra essere maggiore nei pazienti con forme più severe di COVID-19, ma una tiroidite subacuta può svilupparsi anche in forme lievi o pauci-sintomatiche.

In conclusione, per tutti questi motivi e soprattutto per la grande diffusione della pandemia da SARS-CoV-2, è importante ricordare la possibile insorgenza di tiroidite subacuta nei pazienti con COVID-19 ed eventualmente sottoporli a specifici accertamenti (esami clinici, ecografia tiroidea)”.

Pazienti con tumore della tiroide

Tra le patologie che possono riguardare la tiroide c’è anche il tumore: “Per i pazienti affetti da tumori tiroidei non vi sono evidenze scientifiche di maggiore associazione con COVID-19. Quindi, in generale, si può affermare che questi pazienti non rappresentino una popolazione a maggior rischio di infezione da SARS-Cov-2.

Solo in caso di carcinomi tiroidei particolarmente aggressivi o avanzati, con metastasi diffuse, specie se a livello polmonare, o trattati con terapie onco-immunologiche specifiche, si può riscontrare un maggior rischio di sviluppare complicanze:

  • per l’infezione COVID-19
  • per i possibili effetti collaterali delle terapie assunte.

Si raccomanda, quindi, in questi pazienti, ancor più rigorosamente, di restare a casa e seguire scrupolosamente tutte le procedure di distanziamento sociale”.

(pagina aggiornata il 28/08/2021)

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