Cellule Staminali Mesenchimali e coronavirus: prospettive terapeutiche
PUBBLICATO IL 05 MAGGIO 2020
Diversi studi clinici dimostrerebbero l’efficacia delle cellule staminali mesenchimali nei pazienti COVID. Fanno chiarezza le dottoresse dell’Istituto Ortopedico Galeazzi.
Come è ormai noto, nel dicembre 2019, una serie di casi di polmonite causata da un coronavirus è emersa a Wuhan, in Cina. Il virus, normalmente presente in alcuni animali, tra cui il pipistrello, è riuscito a infettare l’uomo in quanto è in grado di riconoscere alcuni recettori ampiamente distribuiti sulla superficie delle cellule umane.
La diffusione del nuovo coronavirus, denominato COVID-19 , è cresciuta fino a trasformarsi in pandemia con conseguente emergenza globale per la salute pubblica.
Due specialiste dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, la dottoressa Laura de Girolamo, responsabile del laboratorio di Biotecnologie ortopediche e la dottoressa Francesca Libonati, ricercatrice del laboratorio di Biotecnologie ortopediche, ci parlano degli effetti del coronavirus sul nostro organismo e fanno chiarezza sul ruolo delle Cellule Staminali Mesenchimali nel trattamento terapeutico del paziente malato.
Gli effetti del virus nel nostro organismo
“Lo spettro clinico di COVID-19 - spiega la dottoressa de Girolamo - varia da forme asintomatiche o paucisintomatiche (sintomi lievi quali febbre e tosse) a condizioni cliniche severe caratterizzate da polmonite virale.
Nei casi più gravi, l'infezione virale provoca un accumulo di liquido nei polmoni, che impedisce loro di effettuare lo scambio tra ossigeno e anidride carbonica (ARDS - sindrome da distress respiratorio acuto). Questa insufficienza respiratoria richiede ventilazione meccanica in Terapia Intensiva che, in molti casi, si rivela efficace, sebbene lunga e molto invasiva per il paziente.
Tuttavia, in alcuni casi, i soggetti infettati sviluppano un’ulteriore complicazione: il virus è in grado di produrre un'eccessiva reazione immunitaria, portando alla produzione di un gran numero di fattori infiammatori che sono la causa della cosiddetta ‘tempesta di citochine’.
In seguito a infezione, alcune cellule deputate alla difesa del nostro organismo (cellule dendritiche) reagiscono rilasciando nell’organo stesso e nel sangue delle proteine chiamate citochine infiammatorie.
Successivamente, altre cellule del sistema immunitario, tra cui neutrofili, macrofagi e linfociti, anch’esse ‘allarmate’ dalle citochine infiammatorie, iniziano a contribuire alla risposta immunitaria contro il virus, producendo una quantità troppo elevata di citochine antinfiammatorie.
Questa risposta, che è alla base delle nostre difese immunitarie, può in alcuni pazienti essere esageratamente attiva e danneggiare anche le cellule del nostro stesso organismo, soprattutto del polmone, per poi raggiungere, attraverso il sangue, altri organi provocando la cosiddetta sindrome da disfunzione multiorgano”.
Evitare la ‘tempesta di citochine’ o cercare di controllarla può essere la chiave per impedire l’insorgenza di quadri complicati di infezione da COVID-19.
La terapia immunologica, ovvero l’utilizzo di farmaci (normalmente anticorpi monoclonali) mirati contro alcune citochine, sembrerebbe una delle vie più efficaci, ma in alcuni casi potrebbe non essere abbastanza sufficiente per contrastare il rilascio massivo di citochine pro-infiammatorie.
Il ruolo delle Cellule Staminali Mesenchimali
In questo quadro è utile pensare a delle forme alternative di ‘regolatori’ della risposta immunitaria.
“Le cellule staminali mesenchimali (MSC) - spiega la dottoressa Libonati - sono note per la loro capacità immunomodulatoria che, a differenza del farmaco la cui azione dipende dalle dosi a cui viene somministrato, si autoregola in base all’ambiente in cui queste cellule vengono utilizzate.
Le MSC iniettate nel paziente per via endovenosa, a oggi ritenuta la via di somministrazione più adeguata e meno invasiva, si accumulano nei polmoni, determinando un'alta concentrazione direttamente nel sito dell'infiammazione dove potrebbero migliorare il microambiente polmonare.
Si ritiene che le MSC inibiscano l’iper-attivazione della risposta immunitaria del paziente contro il virus, favorendo la transizione da un ambiente pro-infiammatorio ad un ambiente rigenerativo.
Esse attenuerebbero la ‘tempesta di citochine’ e l’attivazione eccessiva delle cellule del sistema immunitario, promuovendo l’abbassamento dei livelli sanguigni di fattori pro-infiammatori e bloccando il richiamo di cellule immunitarie nel polmone, tramite il rilascio di fattori antinfiammatori o anche tramite biomolecole racchiuse in vescicole di trasporto che possono agire anche a distanza su altri organi”.
Primi trial sulle MSC
Le terapie basate sull’utilizzo di MSC normalmente, soprattutto in Europa, utilizzano cellule autologhe (ovvero del paziente stesso) del midollo osseo o del tessuto adiposo.
“Tuttavia - continua Libonati - considerando che il processo di isolamento, coltura ed espansione in vitro e caratterizzazione delle MSC richiede in genere settimane, questo ridurrebbe la fattibilità di tale approccio terapeutico nei casi di pazienti COVID che necessitano di cure immediate.
Conseguentemente, MSC come quelle derivanti dal cordone ombelicale (UC-MSC) consentirebbero un trattamento tempestivo del paziente, intervenendo quindi quando la risposta immunitaria anomala è ancora reversibile.
Pertanto, la possibilità di avere stock crioconservati di UC-MSC, che mantengano il loro e siano pronte all’uso immediato, è certamente una strategia praticabile ed efficace nei trattamenti terapeutici contro malattie acute a insorgenza rapida come il COVID-19 .
Gli effetti positivi delle terapie con UC-MSC sono stati evidenziati in diversi studi clinici su pazienti COVID-19 con sintomatologia grave che non rispondevano a terapie convenzionali. La somministrazione di 3 dosi contenenti 50 milioni di cellule UC-MSC hanno mostrato i primi segni di efficacia dopo la prima iniezione stabilizzando i parametri vitali e la disfunzione d’organo.
Dopo 2 giorni dall’ultima dose i pazienti sono stati trasferiti dalla terapia intensiva ai normali reparti risultando inoltre negativi per il COVID-19 nei tamponi di controllo”.
La somministrazione di MSC su pazienti in pericolo di vita
Utilizzare le MSC in pazienti affetti da COVID-19 sarebbe off-label (utilizzo in condizioni che differiscono da quelle per cui è stato autorizzato) e pertanto porterebbe con sé un elevato numero di rischi, almeno sul piano teorico.
Tuttavia, dato l’elevato profilo di sicurezza dell'uso clinico delle MSC, dimostrato da numerosi studi clinici condotti in tutto il mondo nel trattamento di diverse malattie, è possibile che, di fronte a tale grave emergenza sanitaria come quella a cui si sta assistendo, l’impiego delle MSC possa essere valutato in pazienti compromessi a rischio di vita, seguendo le attuali normative per un uso compassionevole.
“Questo significa che un farmaco o un trattamento ancora in sperimentazione - conclude de Girolamo - possono essere utilizzati in pazienti che si trovino in pericolo di vita, quando, a giudizio del medico, non vi siano valide alternative terapeutiche.
Considerando il grande potenziale delle Cellule Staminali Mesenchimali, quando questa fase di emergenza sarà passata, la ricerca sulle proprietà delle MSC nel trattamento di risposte immunitarie anomale proseguirà sicuramente seguendo i percorsi regolari previsti dalla normativa sulle sperimentazioni cliniche”.