Vulvodinia, cos'è, quali sono le cause e come è possibile curarla
PUBBLICATO IL 20 LUGLIO 2020
Colpisce il 12-15% delle donne e può comprometterne significativamente la vita sessuale. L’esperto ci spiega che cos’è la vulvodinia e come si può curare
Si tratta di una patologia che colpisce l’organo genitale femminile ed è dovuta alla crescita disordinata di piccole terminazioni nervose a livello vulvare. Colpisce circa il 12-15% delle donne e può seriamente compromettere la loro qualità della vita. Insieme al Dott. Eric Francescangeli, specialista ginecologo e referente dell’attività laparoscopica ginecologica dell'Istituto Clinico Sant'Anna, vediamo di cosa si tratta, quali sono le cause e com’è possibile curarla.
L’origine del termine vulvodinia
Vulvodinia è un termine composto da “vulvo”, parte anatomica femminile che interessa l’apparato genitale esterno (grandi labbra ed introito vaginale) ed il suffisso “-dinia” che in gergo medico significa “dolore”. Il termine vulvodinia significa, dunque, “dolore vulvare” che, come puntualizza il Dott. Francescangeli: “Oggi come oggi deve considerarsi come un dolore localizzato nell’area vulvare e persistente da 3 a 6 mesi”.
Classificazione e forme
A seconda della frequenza dei sintomi, la vulvodinia può essere:
- cronica e continua;
- intermittente o episodica (cioè, in relazione al ciclo mestruale, generalmente nella fase premestruale).
Cause e sintomi
“Le cause che possono innescare questo sintomo doloroso in sede vulvare - prosegue lo specialista - sono molteplici e non sempre riconducibili a cause note: in questi casi si parla di vulvodinia spontanea oppure di vulvodinia per uno stimolo tattile come, per esempio, un abbigliamento troppo stretto.
Molto spesso questa condizione patologica può non essere diagnosticata per anni, modificando la vita sessuale della donna in quanto considerata di origine psicologica; a smentire quest’ultima affermazione sono le ormai comprovate cause biologiche, ampiamente documentabili scientificamente. Una donna affetta da vulvodinia presenta:
-
alterazione del processo sensoriale che rileva e convoglia i segnali e le sensazioni di dolore;
-
iperattività delle cellule periferiche (mastociti) localizzate nel derma, vicino a vasi sanguigni e terminazione nervose, che determina non solo il rilascio di sostanze infiammatorie nel tessuto circostante ma anche alterazioni delle strutture nervose;
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un cambiamento della proprietà di contrarsi del pavimento pelvico, quel complesso sistema di muscoli, fasce e legamenti disposti su più strati che sostiene vescica, utero, retto;
-
uno o più fattori di rischio che risultano associati a questa patologia e che pertanto si ritiene possano concorrere alla sua insorgenza, favorendone lo sviluppo o accelerandone il decorso”.
Terapie e cura
Una volta formulata la diagnosi di vulvodinia, in seguito ad un’accurata ricostruzione della storia clinica della paziente, si potranno suggerire delle terapie che se non riusciranno ad eliminare completamente il dolore, serviranno comunque a ridurlo in maniera tale che la qualità della vita sessuale possa ritornare a livelli accettabili.
“La TENS (Transcutaneus Electric Nerve Stimulation) - spiega il Dott. Francescangeli - è una tecnica molto utilizzata che attraverso uno stimolo elettrico applicato alla vulva, ha l’obiettivo di ‘resettare’ il sistema preposto a rilevare e convogliare le sensazioni di dolore. Un’alternativa farmacologica alla TENS è l’amitriptilina che agisce sulla contrattura della muscolatura pelvi-perineale favorendo una decontrattura muscolare che è la causa più importante del dolore.
In presenza, invece, di un’iperattività delle cellule periferiche (mastociti), normalmente l’organismo cerca di riequilibrarla producendo delle sostanze endogene chiamate PEA che, al bisogno, i tessuti producono quando sono esposti a danni di varia natura. Alcune donne, verosimilmente, non riescono a produrre queste sostanze in maniera fisiologicamente sufficiente per cui lo stimolo doloroso permane. In questi casi potrebbe essere utile offrire loro una somministrazione orale dei PEA per alcune settimane.
Soffermandoci ulteriormente sulle cause dell’iperattivazione di queste cellule, alcuni esperti suggeriscono un’infiltrazione sottocutanea locale di cortisone associato ad un anestetico, per ridurre così la risposta infiammatoria ed il dolore”.
I rimedi per la vulvodinia da spasmo del pavimento pelvico
Qualora l’alterazione della forza e del tono muscolare del pavimento pelvico fosse la causa della vulvodinia, i rimedi presi in considerazione sono due: uno più complesso, l’altro meno.
“Il rimedio più complesso - continua l’esperto - consisterebbe nell’utilizzo di uno strumento detto elettromiografo di superficie che viene collegato ad un sensore similare endovaginale. L’obiettivo è quello di far capire alla donna come controllare la muscolatura pelvica in base agli stimoli esterni ed interni.
In alternativa, il secondo rimedio consiste nell’infiltrazione a livello vulvare della tossina butulinica che, inibendo il rilascio dell’acetilcolina, uno dei neurotrasmettitori più importanti, determina un rilassamento muscolare”.
Attenzione ai fattori predisponenti
Va posta molta attenzione anche ai fattori predisponenti e precipitanti come gli episodi infettivi vulvovaginali che, se non diagnosticati o curati correttamente, possono determinare l’insorgenza di una vulvodinia. In aggiunta, vi sono alcune semplici norme comportamentali molto utili per ostacolare l’insorgenza di una patologia cronica dolorosa su base infiammatoria come:
- indossare biancheria intima di cotone e bianca;
- evitare vestiti stretti;
- evitare detergenti invasivi;
- evitare assorbenti o salvaslip al di fuori del ciclo mestruale.
L’importanza di un sostegno psicologico
Un supporto psicoterapeutico potrebbe sicuramente essere utile soprattutto nei casi in cui vi siano stati episodi riferibili a traumi psichici, ad abusi fisici o sessuali.
“La vulvodinia - conclude il Dott. Francescangeli - è una condizione patologica abbastanza frequente, molto invalidante e da non sottovalutare. L’attenzione del ginecologo dovrebbe essere massima per far sì di mettere a proprio agio la paziente che, a sua volta, deve superare il grosso ostacolo dell’imbarazzo. Fondamentale, quindi, creare quel rapporto di fiducia che consente alla paziente di potersi esprimere senza sentirsi giudicata o derisa per quella situazione che ha il nome di vulvodinia”.