Bi-test: 5 cose importanti da sapere sull’esame

PUBBLICATO IL 13 FEBBRAIO 2020

Il Bi-test è un esame di screening che si fa in gravidanza, ecco quel che c’è da sapere.

Si chiama Bi-test o test combinato o Ultra-screen ed è un esame di screening prenatale non invasivo che permette di calcolare con alta attendibilità la probabilità di rischio di alcune anomalie cromosomiche del feto, come per esempio la sindrome di Down.

La dottoressa Paola Rosaschino, responsabile dell’unità di ginecologia e ostetricia del Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro, struttura presso la quale viene eseguito l’esame, ci spiega 5 aspetti importanti da conoscere su di esso.

1. Cos’è e come funziona

Il Bi-test consiste nel dosaggio di due proteine - Free Beta-HCG e PAPP-A - a partire da un semplice prelievo di sangue ed un’ecografia addominale per misurare la translucenza nucale.

I valori di questi dosaggi e il parametro ecografico vengono confrontati con quelli delle cosiddette mediane di riferimento. Il risultato è un indice di rischio espresso come percentuale o frazione.

La Beta-HCG e la PAPP-A subiscono delle variazioni in presenza di anomalie cromosomiche e/o anomalie della placenta.

In particolare, è stata studiata l’associazione con la trisomia 21 (o sindrome di Down), la più frequente anomalia cromosomica presente alla nascita: un aumento della Beta-HCG e una diminuzione della PAPP-A sono considerati indice di un aumentato rischio di anomalia cromosomica.

2. Quando si esegue

Sia il dosaggio delle proteine, sia la translucenza nucale vengono eseguiti in genere tra la 11a e la 13a settimana.

In questo periodo della gestazione, infatti, è possibile una migliore visualizzazione della plica nucale e i dosaggi ematici presentano la maggior sensibilità.

3. Attendibilità dei risultati

Questo test non offre una diagnosi certa, ma esprime rischio che il bambino presenti un difetto cromosomico: maggiore è lo spessore della translucenza nucale, più alto è il rischio di anomalia.

Rispetto alle altre indagini invasive, come ad esempio la amniocentesi, questo esame, contemplando anche l’ecografia, fornisce indicazioni anche per le cardiopatie congenite (cioè presenti fin dalla nascita), anomalie scheletriche e alcune sindromi genetiche.

L’associazione tra prelievo ematico e translucenza nucale, se eseguiti in modo corretto e da personale adeguatamente formato, ha un’attendibilità che può raggiungere il 90-95%.

È importante comunque ribadire che si parla di attendibilità e probabilità di rischio, non di certezza: la negatività riduce il rischio, ma non lo annulla, mentre la positività non implica necessariamente che il feto sia affetto da malattia, anche se richiede eventualmente ulteriori accertamenti diagnostici (procedure invasive di secondo livello o ricerca del DNA fetale su prelievo ematico materno).

4. Quando è utile 

Questo esame è consigliato in tutti i casi in cui si vuole avere una probabilità di benessere fetale senza incorrere nei rischi di un esame invasivo, soprattutto in una età in cui il rischio è minimo (< a 35 anni)

5. Indolore per la mamma, senza rischi per il bambino

Il prelievo ematico non presenta alcun rischio e non è doloroso.

Lo stesso vale per la translucenza nucale, che da un punto di vista “tecnico” è un’ecografia a tutti gli effetti.

 

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