Il protocollo del Policlinico San Donato per Umanizzare la Terapia Intensiva

PUBBLICATO IL 23 DICEMBRE 2020

All’IRCSS Policlinico San Donato un protocollo ad hoc per rispettare la parte umana delle cure in Terapia Intensiva: rassicurazione, contatto costante con i familiari e accudimento dei pazienti, oltre gli aspetti medici. 

In questi lunghi mesi di emergenza sanitaria ci siamo abituati a sentire quotidianamente termini come terapia intensiva, intubazione, casco-CPAP, e abbiamo visto immagini dei reparti e dei numerosi macchinari che permettono di tenere in vita i pazienti. C’è però un lato umano da enfatizzare: l'impegno quotidiano con i paziente di medici e infermieri per sopperire alla mancanza del contatto e delle visite dei parenti. 

Se nella prima ondata pandemica, che ha travolto l’Italia da febbraio 2020, si affrontava una malattia ignota e si era concentrati quasi esclusivamente sulla parte clinica, oggi, definiti i protocolli terapeutici, si può prestare maggiore attenzione all’umanizzazione delle cure. All’IRCCS Policlinico San Donato, nelle Terapie Intensive dedicate ai pazienti Covid, si è adottato un “protocollo” specifico per avvisare i familiari, confortarli sulle cure prestate al paziente e presentare l’équipe medico-infermieristica che assiste il malato. Un modo per eliminare la distanza e restituire un volto umano alle cure intensive

Il Dott. Marco Vittorio Resta, referente della Terapia Intensiva Covid I del Policlinico San Donato, spiega com’è nata quest’esigenza e come i reparti si sono organizzati per rassicurare e informare tempestivamente le famiglie dei malati

La mail per presentarci 

I ricoveri in Terapia Intensiva non hanno un orario prestabilito: i pazienti arrivano in qualsiasi ora del giorno, spesso in modo rocambolesco, perché le loro condizioni si sono aggravate e la degenza in un reparto ordinario non è più sufficiente. 

“Non essendo un’attività programmabile, non sappiamo mai quando avvertire i parenti: a volte vengono avvisati tardi, altre volte non ci sono i contatti per raggiungerli – spiega il Dott. Resta -. Abbiamo quindi voluto definire una procedura condivisa per mantenere i contatti con i familiari: appena abbiamo notizia dell’arrivo di un paziente, avvisiamo prontamente la famiglia e chiediamo loro un indirizzo mail

Abbiamo infatti predisposto un documento che ha lo scopo di tranquillizzare i parenti, informarli su cosa succederà ai pazienti, come e da chi verranno accuditi

Oltre alle competenze cliniche, che diamo per scontate, è importante che sappiano, prima di tutto, che il nostro staff è fatto di uomini e donne che si prendono cura dei pazienti con umanità e passione

Grazie a un monitoraggio costante, siamo in grado di intercettare i segnali che possano far pensare a un dolore o una situazione di ansia, che trattiamo prontamente in modo che i pazienti non ne soffrano. 

Spieghiamo ai parenti che in terapia intensiva non mancano gesti di affetto o le attenzioni per i particolari, come fare la barba o mantenere in ordine i capelli: cerchiamo di sostituire l’amore che i familiari darebbero al malato. 

Diamo indicazioni pratiche su come e quando contattarci, tramite mail, telefono e tablet, su come sono organizzati i nostri turni e, soprattutto, ci mettiamo la faccia. Nella presentazione che mandiamo alle famiglie ci sono i nomi e le fotografie di tutto il personale: medici, specializzandi, infermieri, operatori socio sanitari… vogliamo mostrare i volti che assistono i loro cari”. 

La terapia intensiva “aperta” per i familiari

Rassicurazione, vicinanza e coinvolgimento sono temi già cari alla Terapia Intensiva del Policlinico San Donato, da anni attenta agli aspetti umani delle cure. Il paziente trae grande giovamento dal supporto dei familiari, perché l’apparente ‘abbandono’ è un ulteriore fonte di sofferenza, e avere un aggancio con il mondo fuori è molto importante. 

Oltre ai pazienti, lo staff medico e infermieristico si prende cura anche dei familiari, sempre al corrente di come il malato sta affrontando il percorso di cure intensive, verso la guarigione. 

In terapia intensiva si può guarire: è un aspetto da sottolineare. La narrazione dei giornali in questi mesi ha forse un po’ mitizzato l’ambiente della terapia intensiva, descritta come un luogo di grande sofferenza. 

Ma è importante dire che c’è un infermiere ogni due pazienti, è sempre presente un medico, il monitoraggio e l’accudimento sono continui, nessuno viene abbandonato. 

Cerchiamo di trasferire ai parenti i principi della terapia intensiva ‘aperta’, rassicurandoli e coinvolgendoli, anche se in questo momento le limitazioni vigenti impediscono la visita quotidiana dei parenti. Venendo a mancare questo aspetto, ce ne prendiamo carico noi, come persone, tenendo conto delle esigenze dei pazienti, oltre gli aspetti medici. 

Il rispetto della persona è al primo posto, ed è un principio che accomuna tutti i professionisti coinvolti nella gestione dei pazienti. Gli infermieri, in particolare, raccontano ai parenti come i loro cari hanno affrontato la giornata e come sono stati accuditi. 

È importante, inoltre, conoscere la storia delle famiglie: quando ci sentiamo via mail o telefono, chiediamo sempre ai familiari come stanno. Dall’altra parte della cornetta ci sono spesso persone positive al Covid, in isolamento, e questo non fa che aumentare la sofferenza e l’impotenza della situazione”, racconta Resta.

L’ultimo saluto

Il culmine di questo progetto di umanizzazione prevede anche la possibilità di fare visita al parente per l’ultimo saluto, quando nemmeno le cure più all’avanguardia possono sconfiggere la morte.  

“Durante la prima ondata di epidemia ci è capitato di usare il tablet per far vedere per l’ultima volta il paziente alla sua famiglia. Un’esperienza davvero commovente, che perde però di umanità. Oggi, con la consapevolezza che è possibile proteggersi con i dispositivi adeguati e riducendo il tempo di contatto, abbiamo ottenuto dalla Direzione Sanitaria l’autorizzazione per realizzare il saluto finale

Riteniamo che permettere a un parente di dare l’addio al proprio caro sia un atto fondamentale, un gesto che può portare un piccolo sollievo in un momento di grande sofferenza”. 

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