Anomalie congenite delle coronarie: importanti passi avanti dalla ricerca condotta all’IRCCS Policlinico San Donato

PUBBLICATO IL 21 AGOSTO 2019

Un modello matematico permetterà di identificare il profilo di rischio dei pazienti affetti dalla rara cardiopatia congenita, che può portare a morte improvvisa.

Molti aspetti delle anomalie congenite delle coronarie rimangono ancora da scoprire: perché qualcuno muore, purtroppo spesso in giovane età, mentre altri vivono tutta la loro vita senza nemmeno essere a conoscenza del problema? Perché la morte improvvisa in un ragazzo di 15 anni? Perché in quel preciso momento? Il dottor Mauro Lo Rito, cardiochirurgo pediatrico e dei congeniti adulti, ci spiega i passi avanti della ricerca condotta all’IRCCS Policlinico San Donato, per rispondere ai numerosi dubbi sulla malattia e, soprattutto, dare speranza ai pazienti. 

Esiste un esame specifico per valutare il rischio che i pazienti corrono?

A oggi nessun esame può darci la riposta, perché non è possibile riprodurre in ambulatorio lo sforzo prolungato o ripetuto nel tempo e alcuni aspetti, come la componente emotiva o i fattori esterni, non sono replicabili.

Come vengono seguiti a pazienti?

L’IRCCS Policlinico San Donato possiede una delle casistiche più ampie in Italia di pazienti affetti da anomalia di origine delle coronarie. Dall’avvio degli studi di ricerca, nel 2015, sono circa 60 i pazienti operati o seguiti da noi, sia pediatrici che adulti. Abbiamo sviluppato un percorso diagnostico dedicato che comprende l’ecocardiogramma, fatto da esperti che hanno la capacità di analizzare l’anomalia da una determinata proiezione, la Tac coronarica, che definisce le caratteristiche anatomiche della patologia e un primo profilo di rischio, il test da sforzo, la risonanza magnetica a riposo e da stress, per capire se ci sono danni ischemici, e la coronarografia. Il paziente che arriva a noi, quindi, si affida a un gruppo iperspecializzato di professionisti, con competenze multidisciplinari, e accede a un protocollo clinico e di ricerca che consente di fare una diagnosi completa e un monitoraggio continuativo nel tempo.

Come è possibile capire se, e quando, la malattia darà luogo a un’ischemia o, nei casi più gravi, a morte improvvisa? 

Poiché in ambito scientifico non c’è quest’informazione, abbiamo sviluppato un modello matematico che ci permetterà di simulare lo sforzo del paziente, inserendo tutte le condizioni di stress, e studiare il comportamento della coronaria e del flusso sanguigno. Il lavoro degli ingegneri dell’Università degli Studi di Pavia che collaborano con il nostro Laboratorio di simulazione computazionale e 3D ha dato origine al primo modello teorico, che ora vorremmo popolare con i dati per creare un nuovo metodo diagnostico “paziente specifico”.

Qual è l’obiettivo?

Il nostro fine ultimo è quello di dare indicazioni precise ai pazienti e alle famiglie, per migliorare la qualità di vita in termini di tranquillità e libertà. La diagnosi della malattia è invalidante, perché dobbiamo comunicare a un individuo apparentemente sano, e giovanissimo, che è affetto da una patologia, che potrebbe causare morte improvvisa oppure non avere nessuna conseguenza. Customizzando le cure vorremmo essere in grado di dire ai pazienti, per esempio, che possono condurre una vita normale e continuare a svolgere attività fisica, a patto di non superare alcuni parametri specifici che possono esporre a un rischio concreto. 

È necessario intervenire chirurgicamente?

Diagnosticata la malattia e stratificato il rischio, la soluzione può essere un intervento chirurgico di complessità standard, per liberare la porzione di coronaria posizionata erroneamente all’interno della parete aortica. Non è un intervento complesso, ma viene effettuato in un paziente “sano” e giovane. Deve quindi essere valutato molto bene il rischio/beneficio: per questo è preferibile che venga realizzato solo in centri con alti volumi di interventi coronarici. 

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