Sindrome del tunnel carpale: quando ricorrere alla chirurgia
PUBBLICATO IL 29 NOVEMBRE 2018
“La sindrome del tunnel carpale nelle fasi iniziali, spiega il dottor Enzo Caruso, Responsabile dell’U.O. di Chirurgia della Mano dell’Istituto Clinico San Siro, può essere non chirurgica, considerando che la patologia può rendersi più sintomatica in alcuni periodi per poi spontaneamente migliorare.
Quando la compressione del nervo e la degenerazione nervosa non sono ancora marcate, il trattamento può essere conservativo con l’utilizzo di tutori del polso, antinfiammatori, l’assunzione di integratori neurotrofici che stimolano il nervo (acido alfa-lipoico), le terapie fisiche (tecar, laser, ultrasuoni) o le infiltrazioni, che hanno l’effetto di diminuire i sintomi e sono per lo più indicate in quelle persone che non possono sottoporsi all’intervento. L’efficacia di queste terapie è, però, temporanea con effetto limitato nel tempo”.
“Quando i sintomi persistono o peggiorano, continua, è consigliato l’intervento chirurgico (endoscopico o a cielo aperto) che consiste nella decompressione del nervo mediano che viene liberato dalla compressione esercitata del legamento sovrastante. La procedura è eseguita mediante l’incisione del legamento stesso, l’apertura dello spazio e la liberazione del nervo. Se il nervo mediano non è gravemente degenerato, può avere un recupero brillante, con una immediata regressione delle parestesie, sin dalla sera stessa del giorno dell’intervento; se il nervo è invece già degenerato, il recupero può essere più lento o molto limitato. Per questo è importante che il paziente sia informato circa le condizioni del nervo dopo l’intervento”. “Il post operatorio non richiede generalmente immobilizzazione, conclude Caruso, e il paziente è subito incoraggiato a muovere autonomamente la mano, ad aprire e a chiudere il pugno. È sconsigliato fare sforzi, sollevare pesi e bagnare la ferita, per almeno 15-20 giorni”.