Cos’è il diabete da farmaci corticosteroidei e come si cura

PUBBLICATO IL 02 OTTOBRE 2024

I farmaci corticosteroidei vengono impiegati nella terapia di molte e diverse patologie. Si stima che circa l’1% della popolazione faccia uso di steroidi. Non tutti però sanno che l’uso prolungato di questi farmaci può comportare l’insorgenza del diabete steroideo

Affrontiamo la tematica con la dott.ssa Ioana Savulescu, responsabile del Servizio di Endocrinologia e Diabetologia dell’Istituto di Cura Città di Pavia.

 

Gli usi del cortisone nelle terapie

La terapia a breve termine con cortisone trova utilizzo in diversi ambiti: 

  • è un valido aiuto nella risoluzione di problematiche acute, specie allergiche e anafilattiche; 
  • trova indicazione in pneumologia per la gestione di forme asmatiche, allergiche e nelle riacutizzazioni di bronchiti croniche;
  • in oncologia, nei vari protocolli di chemioterapia;
  • in ambito ginecologico, per la maturazione polmonare fetale nel caso di parto pretermine; 
  • in ambito neurologico, per la risoluzione di edemi cerebrali o nelle meningiti;
  • in endocrinologia, nella cura delle tiroiditi subacute.

 

L’utilizzo del cortisone a lungo termine, anche per diversi anni, viene prescritto per le patologie:

Inoltre, viene utilizzato anche nella terapia antirigetto post-trapianto d’organo.

 

Cos’è il diabete steroideo

Viene denominato diabete steroideo o metasteroideo l’aumento della glicemia riscontrato in corso di terapia con farmaci corticosteroidei, in pazienti con o senza una storia precedente di diabete.

“Questo non vuol dire che tutti i pazienti che assumono steroidi sono destinati a divenire diabetici – sottolinea la dott.ssa Savulescu -, ma è una patologia frequente che si manifesta mediamente nel 20% (range 10-60%) delle persone trattate per periodi prolungati con terapia steroidea.

La comparsa di iperglicemia è correlata a fattori individuali del paziente, alla malattia oggetto di trattamento steroideo e alla modalità di terapia cortisonica”.

I fattori di rischio legati al paziente

I fattori di rischio legati al paziente sono: 

  • età, predisposizione genetica al diabete/familiarità, precedente riscontro di condizione prediabetica; 
  • iperglicemia a digiuno, ridotta tolleranza ai carboidrati;
  • obesità o sindrome metabolica (ipertensione arteriosa/dislipidemia); 
  • pregresso diabete gestazionale o diabete steroideo;
  • malattie concomitanti.

I fattori di rischio legati alla terapia steroidea

I fattori di rischio legati alla terapia sono: 

  • tipo di patologia oggetto di trattamento steroideo;
  • tipo di molecola (breve o a lunga durata d’azione);
  • dose (alte o basse dosi) e posologia (1-2 volte al dì) del farmaco;
  • durata terapia a breve, media durata (6 mesi) o a lungo termine (oltre 5 anni);
  • trattamento continuativo e non a boli di cortisone;
  • tipo di somministrazione: orale, iniettiva, inalatoria, topica od oculare.

 

Come si fa la diagnosi di diabete steroideo

“La diagnosi di diabete indotta da steroidi - precisa la dott.ssa Savulescu - si basa sul controllo della glicemia a 2 ore dal pranzo e non sulla glicemia a digiuno, che spesso risulta nella norma. È proprio questo il motivo principale per cui la diagnosi di diabete metasteroideo avviene spesso con ritardo. La diagnosi viene, invece, fatta precocemente se si considerano i fattori di rischio per lo sviluppo del diabete e se il paziente è ricoverato”.

Il dosaggio dell’emoglobina glicata HbA1c risulta meno attendibile per possibili interferenze con altre patologie concomitanti (es: ematologiche, epatiche, renali).

“Chi soffre di questa patologia - sottolinea la dottoressa - andrà educato a un differente monitoraggio glicemico, con la rilevazione della glicemia capillare 2 ore dopo pranzo, prima e dopo cena”.
 

Cura del diabete steroideo

Nella gestione del paziente diabetico in trattamento steroideo per altra patologia, bisogna tenere presenti:

  • gli aspetti inerenti al diabete (buon controllo glicemico con obiettivi personalizzati sulle caratteristiche del paziente, possibili controindicazioni specifiche come l’insufficienza d’organo o possibili effetti indesiderati dei farmaci ipoglicemizzanti condizionanti la terapia);
  • la patologia che rende necessario il trattamento steroideo.

“La terapia insulinica – spiega la specialista - rappresenta l’opzione più sicura ed efficace nel trattamento del diabete steroideo per la sua flessibilità e per la facile gestione. 

Ad oggi, l’utilizzo dei farmaci ad azione incretinica si propone come valida alternativa a quella insulinica. Agendo su alcune delle principali cause di iperglicemia indotta da steroide (potenziamento secrezione insulinica e riduzione secrezione glucagone ai pasti), questi farmaci presentano un effetto mirato sul controllo della glicemia postprandiale, a beneficio di un minor rischio ipoglicemico

Altro vantaggio è che possono essere somministrati in corso di problematiche renali e presentano anche effetti benefici sul peso corporeo (GLP1). Altrettanto valida può essere l’associazione di tale terapia a quella insulinica col fine di ridurre il numero di iniezioni.

Un aspetto importante da non trascurare – sottolinea la diabetologa - riguarda la modifica e gli adeguamenti della terapia ipoglicemizzante in caso di graduale riduzione/sospensione del trattamento steroideo. Non sempre questa sospensione comporterà la scomparsa del diabete che potrebbe dover essere curato in maniera cronica!”.

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