Alzheimer: anche supporto e socializzazione per rallentare la malattia
PUBBLICATO IL 21 SETTEMBRE 2023
La malattia di Alzheimer è la più diffusa malattia neurodegenerativa in età senile che porta alla graduale perdita delle facoltà cognitive. Colpisce dopo i 60 anni, con una prevalenza maggiore nelle donne.
Per la gestione dei pazienti affetti da questa demenza gli Istituti Clinici Zucchi di Carate Brianza rappresentano un punto di riferimento nella provincia di Monza e della Brianza.
Per questo in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer facciamo il punto su questa patologia e sulle cure con la Professoressa Cecilia Perin, direttrice della Scuola di Specializzazione in Medicina Riabilitativa dell’Università Milano-Bicocca e responsabile dell’unità complessa delle gravi cerebrolesioni, e la dottoressa Benedetta Tagliabue, medico geriatra dell’Unità di Riabilitazione Specialistica Neurologica delle gravi cerebrolesioni, che visitano e gestiscono i malati nel Centro per i Disturbi Cognitivi e Demenze (CDCD) della clinica caratese.
Alzheimer: cos’è e quali sono i sintomi
“L’Alzheimer è una malattia che ha determinate caratteristiche di sofferenza dei neuroni e del tessuto cerebrale che portano a un cattivo funzionamento del cervello. Questo causa un deterioramento di tutte le abilità cognitive: memoria, linguaggio, attenzione, comunicazione e percezione della realtà.
Piano piano questa malattia porta alla morte dei neuroni, le cellule fondamentali per il funzionamento di tutto il nostro corpo”, segnala la Prof.ssa Perin.
“I primi sintomi sono:
- perdita di memoria;
- difficoltà nell’orientamento;
- difficoltà di pianificazione nelle attività;
- disturbi della parola come l’incapacità di trovare le giuste parole all’interno di una frase.
Questi sintomi rientrano nella fase prodromica e non hanno un’evidenza con esami neuroradiologici, se non per segni di atrofia non diagnostici. In questa fase la valutazione neuropsicologica, i cosiddetti test della memoria, può già dare un chiaro indirizzo diagnostico.
In seguito, si assiste all’isolamento sociale e alla perdita della memoria, soprattutto episodica. A questo si affiancano disturbi del comportamento come:
- aggressività;
- gelosia;
- deliri di persecuzione.
Si arriva poi alle forme più gravi dove non si è più in grado riconoscere i volti, anche quelli dei propri cari”, dichiara la dott.ssa Tagliabue.
Le cure
“A causa dell'invecchiamento della popolazione e al periodo della pandemia da COVID-19 nei nostri ambulatori vediamo diagnosi in continuo aumento. È vero che la ricerca sta facendo molto.
Recentemente in America è stato approvato un farmaco che è in grado di rimuovere i depositi cerebrali di amiloide, soprattutto nelle forme iniziali della malattia. Ci sono già delle linee guida per la somministrazione, ma in Europa siamo ancora in fase di sperimentazione su pochi casi.
Sicuramente come cura farmacologica ci si sta muovendo nella direzione più efficace, cioè quella della produzione di anticorpi monoclonali contro l’amiloide in grado di rallentare la malattia - dichiara la Prof.ssa Perin -.
Al momento a livello farmacologico stiamo continuando a somministrare gli inibitori reversibili dell'acetilcolinesterasi (AChE) e la memantina che sono gli unici farmaci approvati in Italia per il trattamento dell’Alzheimer. Poi, con una terapia antipsicotica controlliamo i sintomi comportamentali come aggressività, allucinazioni e la disinibizione” continua la Prof.ssa Perin
Il supporto per i pazienti e i familiari
“Riteniamo però che per rallentare l’avanzamento della malattia siano fondamentali i supporti non farmacologici come, ad esempio, il supporto psicologico:
- per i pazienti nelle fasi iniziali nel processo di accettazione della malattia;
- per i caregiver, i quali dovranno affrontare tutta la gestione della quotidianità e i disturbi comportamentali del malato.
I supporti digitali di attivazione cognitiva
Oltre a questo, si hanno anche percorsi personalizzati di attivazione cognitiva tramite supporti digitali. Viene utilizzato un software interattivo di stimolazione cognitiva che dispone di moltissimi esercizi che permettono di riabilitare e potenziare:
- la memoria;
- il linguaggio;
- il calcolo;
- l’attenzione;
- il riconoscimento;
- l’orientamento;
- le funzioni esecutive.
Il software è installato su un tablet o uno smartphone e il paziente può lavorarci anche più volte al giorno. Il neuropsicologo da remoto o in telemedicina può controllare i risultati e valutare se adeguare o incrementare la difficoltà degli esercizi. Attraverso questi percorsi di attivazione cognitiva abbiamo visto molti pazienti migliorare le proprie capacità cognitive, acquistando anche più autonomia” dichiara la dott.ssa Tagliabue.
I gruppi di autoaiuto
“Ci sono inoltre gruppi di autoaiuto dedicati soltanto ai familiari dei malati. Sono sempre supervisionati da uno psicologo o un educatore e le famiglie si confrontano sulle fragilità che emergono nella gestione quotidiana del paziente”, aggiunge la specialista.
L’Alzheimer Cafè
“Infine, iniziative come l’Alzheimer Cafè, un progetto partito all’inizio del 2017 a seguito di un protocollo d’intesa firmato dall’Associazione FeliceMente Segui L’Onda, gli Istituti Clinici Zucchi e l’Amministrazione Comunale del Comune di Carate Brianza.
È uno spazio gratuito dedicato ad attività di stimolo e socializzazione per persone affette da demenze degenerative e i loro familiari - illustra la dott.ssa Tagliabue -.
Sono sedute quindicinali dove si organizzano attività in presenza e in contemporanea con i familiari:
- il malato fa terapia di gruppo come danzaterapia, arteterapia, musicoterapia;
- con il familiare si lavora sulla gestione della malattia, sull’approfondimento di tecniche di approccio alla malattia, sulla condivisione di informazioni utili alla cura del malato e alla gestione sociale e amministrativa”.
La medicina narrativa
“Nel 2024 inseriremo all’interno dell’Alzheimer Cafè anche un percorso di medicina narrativa tenuto dalla nostra Psicologa la dott.ssa Federica Peroni. È una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa il cui fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato.
Si leggono alcune pagine di un libro o si fanno vedere visionare spezzoni di film e si chiede ai pazienti di condividere il loro vissuto e le loro emozioni su quanto letto o visto. Da questi momenti si apprendono storie di vita che aiutano ad autocurarsi e ad autogestirsi nella quotidianità. È un lavoro trasversale a tutte le fasi della malattia. Nascono spunti interessanti, profondi dove la capacità cognitiva si attiva” dichiara la Prof.ssa Perin.
Maggiore attenzione alla socializzazione, alla prevenzione e all’inclusività
“Oltre a quanto sopra citato per rallentare la progressione della malattia è importante la socializzazione: frequentare i centri diurni offre benefici in termini di progressione della malattia e questo è evidente dai test che somministriamo durante i controlli all’interno dei nostri CDCD”.
Inoltre, arrivando con una riserva sia fisica, sia cognitiva elevata davanti alla senilità, è possibile ritardare la malattia. Sono quindi importanti:
- i controlli periodici;
- l’attività fisica;
- la dieta equilibrata.
Durante questa giornata dedicata all’Alzheimer - conclude la prof.ssa Perin -, il nostro auspicio è che tra qualche anno ci sia un meccanismo che consenta di vivere questa malattia in modo migliore grazie:
- alla prevenzione;
- ai farmaci efficaci;
- a una comunità che supporti la malattia e che sia inclusiva”.