Cos’è il Victim blaming o colpevolizzazione della vittima e quali sono le conseguenze
PUBBLICATO IL 24 NOVEMBRE 2023
“Se sono nervoso è solo colpa tua”. “È il tuo comportamento che mi ha provocato”. “Il tuo profumo e i tuoi vestiti sono orrendi rispetto a quello delle mie colleghe”. Queste sono solo alcune delle frasi che il partner rivolge alla propria compagna per giustificare il ricorso alla violenza fisica e/o psicologica nei suoi confronti, attribuendo a lei tutta la responsabilità delle proprie azioni aggressive.
Il victim blaming, o colpevolizzazione della vittima, è un fenomeno tipico nelle coppie dove l’uomo considera la donna come un oggetto di proprietà, sulla quale esercitare un dominio completo anche tramite la violenza.
La donna subisce questi insulti, provocazioni, offese fino a convincersi che il compagno abbia ragione e lei sia veramente inadeguata al suo ruolo di moglie, madre, donna. Questo accade nel pensiero della donna perché si crea, a lungo andare, un meccanismo di plagio vittima/carnefice che resta impresso e di cui non può più fare a meno per sopravvivere, provando anche un senso di vergogna e rinunciando a far valere i propri diritti.
Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, una giornata dedicata alla sensibilizzazione, ma anche a far sentire la propria voce rispetto a questa importante tematica, ancora oggi poco affrontata. Ne parliamo con la dottoressa Doris Mascheroni, responsabile dell’Unità Operativa di Medicina e Sub-Acuti dell’Istituto Clinico Villa Aprica, da molti anni attiva nella difesa delle donne.
Cos’è il victim blaming
“Il victim blaming, cioè la colpevolizzazione della vittima, non si verifica solo all’interno delle mura della famiglia - spiega la dr.ssa Mascheroni -, ma a volte anche nell’ambiente di lavoro, o comunque nella società: non è più il responsabile delle violenze a essere biasimato, ma chi ha subito i soprusi.
Nella nostra società permane tuttora purtroppo una mentalità di tipo patriarcale che, tradizionalmente, considera le donne proprietà del padre e del marito (a volte persino dei figli maschi): l’uomo è coraggioso, logico, intraprendente, dominante e la donna diventa una creatura remissiva, vulnerabile, molto emotiva, poco equilibrata, e basta.”
Nel libro Incolpare la vittima del 1976, lo psicologo William Ryan, esaminando la mentalità che porta a incolpare i poveri per la loro povertà, esprimeva un concetto che può sicuramente riguardare anche il victim blaming: “Da un punto di vista esterno, incolpare le vittime per la situazione in cui si trovano è un modo semplice per affrontare situazioni difficili, permette, ad esempio, di ignorare il problema in quanto è responsabilità della vittima trovare il modo di risolverlo o imparare a conviverci”.
Cos’è la vittimizzazione secondaria
Spesso, non è solo la versione dei fatti fornita dalla vittima a essere messa in dubbio, ma addirittura la vittima viene a più riprese sommersa, a opera di una parte della società, di domande sul proprio abbigliamento, sull’assunzione di bevande alcoliche o di sostanze stupefacenti e su un verosimile atteggiamento provocatorio.
Tutto ciò produce il fenomeno della vittimizzazione secondaria, ovvero il secondo trauma provocato alla vittima non solo dall’aggressore, ma anche da chi osserva, segue e commenta l’accaduto. La vittima è costretta infatti a rivivere le condizioni di sofferenza a cui è stata sottoposta e, in questo modo, viene scoraggiata a parlare apertamente della propria situazione, a volte persino a denunciare l'accaduto, oppure viene spinta a ritirare la denuncia presentata in precedenza.
“Le conseguenze sul piano psicologico possono essere veramente gravi - afferma -:
- timore;
- senso di impotenza;
- scarsa autostima;
- depressione;
- ansia;
- disturbi psicosomatici (cefalea, disturbi digestivi);
- sindrome da stress post traumatico.
Questi motivi, che portano la donna ad aver paura di denunciare e a pensare, così facendo, di non danneggiare i figli, aumentano la frustrazione e peggiorano nel tempo la sua condizione.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2021 ha condannato l’Italia per le comunicazioni sature di vittimizzazione secondaria incluse nelle sentenze dei Tribunali relative a episodi di violenze sessuali dove erano veicolati pregiudizi sessisti sul ruolo delle donne italiane”.
Cosa si può fare come supporto alle vittime
Come si può tentare di risolvere questo grave problema? “Innanzitutto con la cultura, la formazione nelle scuole medie inferiori e superiori con una comunicazione efficace ai giovani, parallela a quella che dovrebbe fornire la famiglia.
Collateralmente - prosegue la specialista - dovrebbe essere ampliata la diffusione di un’informazione precisa circa l’importanza del:
- servizio del numero verde 1522, attivo h24 su tutto il territorio nazionale;
- Telefono Rosa.
La pubblicità data dal servizio televisivo non basta, è rara e occasionale, troppo breve, e presuppone che la donna-vittima abbia già deciso di voler uscire dalla propria situazione e cerchi semplicemente un interlocutore adatto a cui rivolgersi. Invece spesso la donna-vittima non riesce a convincersi di dover chiedere aiuto.
Fondamentale sarebbe il ruolo dei Servizi Sociali preposti a ricevere le segnalazioni che possono pervenire, prima che dalla donna-vittima, da altri contesti:
- familiari;
- amici;
- vicini di casa;
- insegnanti che colgono il disagio dei figli delle coppie in grave crisi;
- operatori dei Pronto Soccorso;
- medici a cui le pazienti si rivolgono per curare segni di violenza o ansia e depressione, o altre patologie ‘anomale’;
- forze dell’ordine intervenute per sedare liti domestiche.
Gli operatori dei Pronto Soccorso sono oggi più che mai allertati dalla situazione di rischio per le donne e preparati ad intervenire a più livelli, ma, come detto, la prevenzione deve essere intrapresa ancora prima che accadano eventi gravi che necessitino l’accesso in PS”.
Purtroppo, a oggi, questi elementi di prevenzione e controllo sembrano essere non efficaci quanto dovrebbero. Solo a Como, negli ultimi 2 anni, sono aumentati i casi di violenza sulle donne: 1 donna su 3 riceve violenza di ogni tipo, in Italia ogni giorno ci sono 88 donne vittime di violenza di ogni genere, una ogni 15 minuti.
“Il riconoscimento del valore di una donna e la sua tutela si evidenziano anche in eventi come quelli organizzati da Onda (Osservatorio Nazionale sulla Salute della donna e di genere) che premia gli Ospedali riconosciuti ‘a misura di donna’ sia per il trattamento di patologie femminili, sia per la presenza di donne che interagiscono a vario titolo nella gestione dell’ospedale - conclude Mascheroni -. A questo proposito l’Istituto Clinico Villa Aprica ha ottenuto per molti anni questo riconoscimento.”