Incontinenza safenica: cos’è e le ultime tecniche per curarla
PUBBLICATO IL 26 GENNAIO 2023
Più comunemente conosciuta come patologia varicosa, l’incontinenza safenica è quella condizione che dà origine alla comparsa di vene varicose e varici sugli arti inferiori, caratterizzata da sintomi collaterali quali pesantezza alle gambe, edema e gonfiore.
Approfondiamo l’argomento con la dott.ssa Alessia Dossena, specialista in chirurgia vascolare e responsabile della Vein & Derma Clinic dell’Istituto di Cura Città di Pavia.
Safena incontinente: di cosa si tratta
Per spiegare cos’è la safena incontinente, bisogna partire dal funzionamento del circolo venoso superficiale: “Il circolo venoso superficiale degli arti inferiori è costituito da numerosi vasi tra loro collegati che riportano il sangue ‘sporco’, carico di anidride carbonica, verso il circolo venoso profondo. Da qui il sangue ‘sporco’ viene poi portato fino al cuore, per essere sospinto verso i polmoni dove una volta riossigenato, viene distribuito ai vari organi e tessuti”, spiega la dott.ssa Dossena.
Le safene sono i 2 principali vasi venosi collettori del circolo venoso superficiale e sono 2 per ciascun arto:
- la safena interna, o safena magna (grande safena), è più lunga e percorre tutto l’arto dalla caviglia all’inguine, per confluire nel circolo venoso profondo a livello della vena femorale comune;
- la safena esterna, o safena parva (piccola safena), decorre sulla superficie posteriore della gamba dalla caviglia al cavo popliteo (regione posteriore del ginocchio), confluendo nella vena poplitea.
“Immaginiamo – ci spiega la dott.ssa Dossena - il circolo venoso superficiale degli arti inferiori come un albero al contrario, dove i rami sono un fitto reticolo in cui il sangue scorre verso i tronchi, le safene appunto.
Le safene sono dotate di valvole a nido di rondine, che in condizioni fisiologiche consentono al flusso sanguigno di dirigersi ritmicamente dai piedi verso il cuore. Aprendosi ritmicamente come un paracadute, impediscono il reflusso verso i piedi”.
Nel caso della malattia varicosa, dove assistiamo a processi degenerativi delle valvole venose e a dilatazione abnorme delle vene superficiali, il sangue venoso nel circolo superficiale finisce per invertire completamente la sua naturale direzione, procedendo così dall’alto verso i piedi.
"L'incontinenza safenica si presenta in questi casi, in cui - continua la dottoressa -, le safene hanno perso completamente la loro funzione e possono altresì causare una progressiva dilatazione e tortuosità dei rami collaterali, con comparsa delle cosiddette vene varicose o varici”.
Come curare l’incontinenza safenica
In passato, sino a non molti anni fa, il trattamento chirurgico dell’incontenenza safenica più comune era lo stripping: la safena malata veniva ‘sfilata’ con l’aiuto di una guida in materiale plastico (stripper) inserita all’interno del vaso, in anestesia spinale selettiva o, talora, in anestesia generale e comportava una degenza di 1-2 notti. L’intervento non era scevro di complicanze come la comparsa di voluminosi ematomi e più raramente, di fastidiose alterazioni della sensibilità dovute alla lesione del nervo safeno.
Ciò ha spinto i chirurghi vascolari alla ricerca di tecniche meno invasive, gravate da minori complicanze, possibilmente senza degenza ospedaliera, con tempi di recupero più brevi e in anestesia locale o addirittura senza necessità di anestesia.
Le ultime tecniche mininvasive per il trattamento della safena
Il trattamento chirurgico, utilizzato fino a qualche anno fa per la cura di questa patologia, lascia lo spazio a strategie mininvasive che riducono i rischi e accorciano i tempi di recupero. Sono tecniche innovative, ma dall’acclarata efficacia, che si propongono, con metodiche differenti, di chiudere la safena malata.
Vediamole di seguito.
La termo-ablazione della safena
La termo-ablazione della safena è la terapia attualmente raccomandata dalle linee guida internazionali per il trattamento della safena patologica. È in grado di chiudere dall’interno la safena mediante il calore generato da una sonda inserita nel vaso, che eroga tecnologia laser o radiofrequenza. Obiettivo in entrambi i casi: ‘seccare’ il vaso.
La termoablazione si effettua in anestesia locale e in sala chirurgica sotto guida ecografica. Salvo casi particolarmente complessi, non è necessaria la degenza in ospedale.
Indicata la calza elastocompressiva da indossare di giorno per circa 1 mese.
La scleroterapia e scleromousse
Per quanto riguarda la scleroterapia e scleromousse, il medico inietta un farmaco sclerosante in forma liquida o in schiuma (che consente una migliore aderenza tra la parete del vaso e l’agente chimico di cui è composta), per indurre una occlusione chimica della safena e, se necessario, anche delle collaterali varicose e dei capillari.
Si tratta di un trattamento ambulatoriale, effettuato sotto guida ecografica che non necessità di anestesia.
Post-trattamento snello: calza elastocompressiva da indossare solo di giorno per circa 1 mese dopo la fine del trattamento, effettuabile in 1 o più sedute a seconda dei casi.
Colla di cianoacrilato
Si tratta dell'iniezione all’interno della safena di una sostanza che la ‘incolla’. Ha il vantaggio di essere un trattamento ambulatoriale e di non richiedere alcuna anestesia.
Nel post trattamento è consigliata per circa 1 mese la calza elastocompressiva.
L’ablazione meccanico-chimica della vena safena (MOCA)
L’ablazione meccanico-chimica della vena safena (MOCA) consiste nel provocare un microtrauma sulla parete interna della safena attraverso un catetere che in punta ha una struttura rotante. Contemporaneamente viene iniettata una schiuma sclerosante che agisce meglio sulla parete danneggiata, con l’obiettivo di occludere il vaso.
Trattamento ambulatoriale che non necessita di anestesia.