Al nuovo Galeazzi l’intervento d’impianto di un dispositivo per la cura del reflusso gastroesofageo
PUBBLICATO IL 12 APRILE 2023
L’intervento si è svolto per la prima volta in Lombardia. Approfondiamo col prof. Bona che lo ha eseguito.
L’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio è stato scelto per impiantare, per la prima volta in Lombardia, un dispositivo per il trattamento del reflusso gastroesofageo. A eseguire l’intervento è il professor Davide Bona, Responsabile della Unità Operativa di Chirurgia Generale, con la sua équipe.
La terapia del reflusso gastroesofageo
Il reflusso gastroesofageo è provocato da 2 meccanismi fisiopatologici:
- la risalita sovradiaframmatica dello sfintere esofageo inferiore;
- la conseguente modificazione dell’angolo di His, ovvero l’angolo acuto tra la parete laterale sinistra dell’esofago e il fondo gastrico fondamentale nel meccanismo di continenza sfinteriale.
Il nuovo dispositivo impiantato agisce su entrambe queste componenti.
“La terapia di elezione per il reflusso gastroesofageo è sicuramente farmacologica, con l’assunzione degli inibitori della pompa protonica; tuttavia, in pazienti adeguatamente selezionati, l’opzione chirurgica rappresenta una valida alternativa - spiega il prof. Bona -.
Accanto alla classica chirurgia mininvasiva antireflusso, che riconosce nella fundoplicatio secondo Nissen e nella plastica anti-reflusso secondo Toupet il ‘gold standard’ di trattamento, negli ultimi anni si è sviluppato un filone di ricerca nell’ambito dei device impiantabili con l’obiettivo di ottenere una standardizzazione della procedura chirurgica, garantendo l’ottimizzazione dei risultati, riducendo gli effetti collaterali come disfagia, distensione addominale, difficoltà di eruttazione e vomito”.
In cosa consiste l’intervento
La nuova tecnica sperimentata permette di ricostruire, mediante punti di sutura in materiale non riassorbibile, l’angolo di His tra esofago e stomaco ricostituendo così uno dei principali meccanismi che contribuiscono alla prevenzione del reflusso gastroesofageo. Il fondo gastrico viene poi rinforzato creando sulla parete anteriore una tasca nella quale si inserisce il device sferico costituito da silicone biocompatibile.
Lo scopo del dispositivo è quello di mantenere la giunzione gastroesofagea in posizione intra-addominale bloccando la risalita sovradiaframmatica dello sfintere esofageo inferiore durante la respirazione.
L’intervento, della durata di 45 minuti/1 ora, necessita di anestesia generale e sfrutta un approccio laparoscopico.
Dapprima la pancia viene gonfiata con anidride carbonica e vengono praticate 5 piccole incisioni, esattamente come avviene per la plastica anti-reflusso, attraverso le quali vengono inseriti gli strumenti chirurgici. Il primo passo prevede l’isolamento dell’esofago che viene riposizionato in addome, poi si procede con la chiusura dei pilastri diaframmatici, successivamente viene ricostruito l’angolo di His e posizionato il device.
Non sono necessari drenaggi e il paziente, dopo aver trascorso una sola notte in ospedale, viene dimesso al domicilio e può da subito riprendere le abitudini quotidiane.
“Questa innovativa procedura agisce andando a ricostituire i meccanismi fisiologici di competenza del giunto esofagogastrico bloccando il reflusso di materiale acido in esofago - conclude il professor Bona - . Questo intervento va pertanto ad ampliare le possibilità di scelta a disposizione del chirurgo nell’ottica di sviluppare una chirurgia sempre più tailored, cioè su misura per ogni singolo paziente”.
Si tratta di un intervento definitivo al quale possono accedere tutti i pazienti affetti da reflusso gastroesofageo con eventuali piccole ernie iatali da scivolamento. L’unica controindicazione è quella di essersi sottoposti in precedenza a chirurgia gastrica.