Vaccini anti-covid: perché non dobbiamo temere effetti a lungo termine

PUBBLICATO IL 05 NOVEMBRE 2021

I vaccini Pfizer e Moderna a mRNA sono frutto di decenni di ricerca, sviluppo e sicuri. Il Prof. Burioni spiega perché sono sicuri e non dobbiamo temere presunti effetti a lungo termine. 

Le ragioni citate più di frequente da chi ha scelto di non vaccinarsi per il Covid-19 sono la rapidità con cui i nuovi vaccini sono stati approvati, e quindi si sottintende i ridotti standard di qualità e sicurezza del processo, e la paura di effetti a lungo termine, ovvero di conseguenze per la propria salute, anche gravi, che potrebbero emergere ad anni di distanza.

Eppure, dopo un anno di somministrazioni e quasi 3 miliardi di persone vaccinate in dose completa, molte da più di 10 mesi, i vaccini per Covid-19 risultano tra i più efficaci e sicuri mai realizzati: secondo gli ultimi dati dell'Istituto Superiore di Sanità, la protezione che conferiscono dalla malattia grave supera il 90% e gli effetti collaterali sono rarissimi. 

Se davvero la tecnologia di questi vaccini è così recente e il processo di sviluppo frettoloso come si sente dire, com’è stato possibile raggiungere un risultato simile? E chi ci assicura che non si manifesteranno effetti collaterali a distanza di anni?

In realtà, il successo dei vaccini per Covid-19 è tutt’altro che un colpo di fortuna: le tecnologie impiegate sono frutto di decenni di ricerca, anche clinica. E, d’altro canto, non c’è ragione di temere effetti collaterali a scoppio ritardato: un fenomeno mai accaduto nella storia dei vaccini, e per una buona ragione.

Cerchiamo di capire perché insieme al prof. Roberto Burioni, ordinario di Virologia e Microbiologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

 

L’evidenza storica sulla sicurezza a lungo termine dei vaccini

“Dobbiamo innanzitutto partire dallevidenza storica, che è incontrovertibile: i vaccini sono i più sicuri tra tutti i tipi di farmaci

Questo è vero anche per gli effetti avversi che compaiono entro poche ore, giorni o settimane dalla somministrazione, ma è ancora più impressionante quando guardiamo gli effetti a lungo termine - spiega il prof. Burioni -.

Non esistono, infatti, casi di vaccini che abbiano avuto effetti indesiderati comparsi più tardi di 8 settimane dopo la somministrazione. Anzi, in genere si manifestano, pur nella loro rarità, entro poche ore o giorni.”

Questo ovviamente non significa che il sistema di sorveglianza si possa disinteressare dopo questo intervallo di tempo: compito dei medici, degli organismi regolatori e dei produttori è infatti continuare a monitorare la sicurezza dei vaccini ben oltre questo intervallo, per ragioni di precauzione. Dobbiamo però anche essere consapevoli che si tratta di rischi estremamente bassi.

 

Perché i vaccini non hanno effetti a lungo termine

Del resto, non è un caso che i vaccini siano tra i farmaci più sicuri e che producano i loro rari effetti avversi entro poche settimane dalla somministrazione. La ragione fondamentale è che i vaccini sono farmaci che vengono assunti poche volte nel corso della vita e quindi le molecole contenute al loro interno rimangono nel nostro organismo per pochissimo tempo.

Una situazione molto diversa da quella di tantissimi farmaci (ad esempio, quelli per l’ipertensione), che vanno assunti quotidianamente, a volte per tutta la vita. L’assunzione quotidiana è necessaria proprio per mantenere costante la quantità di principio attivo in circolo nel sangue: quando introduciamo delle molecole estranee nel nostro organismo, queste vengono eliminate nel giro di poche ore o giorni. 

Gli effetti dei vaccini a mRNA

“Nel caso dei vaccini a mRNA, il tempo di permanenza delle molecole nell’organismo è particolarmente breve, perché si tratta di molecole fragilissime, che vengono denaturate e dissolte rapidamente, così come vengono denaturate rapidamente le copie di proteina Spike prodotte a partire dall’mRNA,” spiega Roberto Burioni. 

Ciò significa che, già entro 1 giorno dalla somministrazione, nel nostro corpo è rimasto poco o nulla del prezioso contenuto del vaccino. 

Come può allora funzionare così bene nel proteggerci dal Covid-19? A rendere sufficiente questa presenza effimera del vaccino in circolo, è la straordinaria capacità di reazione e memoria del sistema immunitario. I vaccini funzionano, infatti, stimolando il sistema immunitario a memorizzare l’identikit del virus (la proteina Spike brevemente prodotta a partire dall’mRNA fornito), così da essere in grado di attivare una risposta rapida ed efficiente in caso di una successiva infezione. 

“Questo processo di addestramento avviene in larga parte nei primi giorni dopo l’incontro con l’antigene e in ogni caso viene completato nel giro di 6 giorni, massimo 8 settimane. Ecco perché eventuali effetti avversi dovuti a questo processo di attivazione avviene in questa finestra di tempo e non dopo.”

 

La lunga storia dei vaccini a mRNA

Il fatto che i vaccini anti-Covid-19 siano stati i primi farmaci a mRNA ad essere approvati dagli enti regolatori, per di più in tempi record, ha creato la falsa impressione che si trattasse di una tecnologia sviluppata frettolosamente.

 In realtà i vaccini a mRNA sfruttano una tecnologia che è il risultato di decenni di ricerca e il cui obiettivo iniziale era la lotta ai tumori: stimolare il sistema immunitario a riconoscere meglio le cellule tumorali.

“Non solo, ma la tecnologia era abbastanza avanzata al momento dello scoppio della pandemia Covid-19 da essere già entrata in fase di sperimentazione clinica per alcuni tipi di cancro, mostrando un profilo di sicurezza altissimo,” spiega Roberto Burioni. 

A tutto questo va aggiunto che l’iter di sperimentazione e di approvazione dei vaccini ha rispettato tutte le fasi previste dagli enti regolatori. La rapidità del processo è stata possibile solo grazie a un misto di colpi di fortuna e di situazioni fuori dall’ordinario, tra cui non va trascurata la trasmissione del virus su scala globale, che ha permesso di trovare volontari e di vedere l’effetto protettivo del vaccino molto velocemente. 

Infine, le fasi cliniche sono state parzialmente sovrapposte tra loro e il processo di revisione e analisi dei dati è stato accelerato in modo drastico, grazie a risorse economiche virtualmente infinite e alla collaborazione di tutti gli enti, accademici, farmaceutici, regolatori e governativi, coinvolti nel processo.

“In un certo senso, la pandemia Covid-19 ci ha dimostrato che il processo di sviluppo di un vaccino, quando ci sono investimenti adeguati e collaborazione tra pubblico, privato e cittadinanza, può essere molto più veloce di quello a cui siamo, purtroppo, abituati. Una lezione per la lotta alle altre infettive ancora in attesa di un vaccino efficace,” conclude Burioni.

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