Trombosi venosa profonda agli arti: quali sintomi ha e come si cura

PUBBLICATO IL 12 APRILE 2021

La formazione di un trombo agli arti può avere gravità diverse. Il chirurgo vascolare dell’IRCCS Policlinico San Donato spiega quali sono le differenze, le cause e i sintomi

Parlare di trombosi venosa agli arti non basta. È necessario specificare se si tratta di trombosi venosa profonda o trombosi venosa superficiale: due condizioni molto diverse, spesso confuse, con origine, frequenza e cause differenti. Il Dott. Paolo Carlo Righini, Chirurgo Vascolare referente dell’area clinica dell’Unità di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare dell'IRCCS Policlinico San Donato, spiega che cos’è la Trombosi venosa, che sintomi ha e come si interviene per curarla.

Trombosi venosa profonda e superficiale: cosa sono

“Innanzitutto è opportuno distinguere i sistemi venosi che attraversano il corpo umano - approfondisce il dottore -: il sistema venoso profondo è maggiormente deputato al vero ritorno venoso del sangue verso il centro del corpo, verso il cuore. 

Il sistema venoso superficiale si occupa di far convergere il sangue venoso della parte più superficiale (cioè cute, sottocute e distretto sovra-fasciale) verso il circolo venoso profondo, e quindi le camere cardiache di destra. 

Se il trombo, ovvero il coagulo di sangue, si forma nel sistema venoso superficiale parliamo di trombosi venosa superficiale, detta anche tromboflebite superficiale

Se invece si ha una trombosi venosa profonda (TVP), quello coinvolto è il sistema venoso profondo”. 

La tromboflebite o trombosi venosa superficiale

“La trombosi venosa superficiale è un evento che può coinvolgere l’arto superiore, ma più frequentemente colpisce l’arto inferiore.  

Parliamo per esempio delle note vene varicose: le vene sono dilatate, il sangue scorre in maniera più lenta, le pareti del vaso hanno un danno che espongono molecole di adesione che possono favorire condizioni pro-trombotiche

Le conseguenze sono: 

  • la formazione di un coagulo della vena, un trombo; 
  • l’infiammazione del tessuto adiposo sottocutaneo vicino alla vena. 

La cute si arrossa a livello superficiale. In questo caso parliamo di tromboflebite”. 

Le vene del sistema venoso superficiale coinvolte possono essere:

  • nelle gambe
  • la grande safena
  • la piccola safena
  • i collaterali extrasafenici 
  • nelle braccia la vena basilica
  • la vena cefalica. 

Le cause

Quali sono le cause? “La tromboflebite può essere conseguenza di un colpo, un trauma o uno sforzo molto prolungato

Esistono, infatti, casi di trombosi venosa superficiale in vene sane che avvengono in pazienti che hanno fatto la maratona, uno sforzo molto intenso e ripetuto. 

Negli arti superiori, inoltre, può essere conseguenza di un prelievo sanguigno, risolvibile con l’applicazione di pomate a eparina e/o l’assunzione di eparina a basso peso molecolare sottocute. 

Tutte le tromboflebiti superficiali non sono eventi preoccupanti, perché il sistema venoso superficiale è un sistema accessorio: anche se permane la presenza di un trombo in un piccolo tratto di una vena, non è una condizione particolarmente grave”, descrive il Dott. Righini.

TVP: trombosi venosa profonda agli arti

Diversa è la situazione se il coagulo di sangue si forma in una vena che è essa stessa il vero sistema di ritorno venoso dell’arto, ovvero del sangue che dal piede torna verso il cuore. 

Negli arti inferiori potrebbe coinvolgere: 

  • le vene tibiali
  • le vene surali
  • la vena poplitea 
  • la vena femorale superficiale 
  • la vena femorale profonda 
  • la vena femorale comune. 

Può avvenire anche nelle vene iliache, che vanno nell’addome, e il sistema della vena cava inferiore o cava superiore, che convoglia verso il cuore il sangue proveniente rispettivamente dalla metà inferiore o dalla metà superiore del corpo. 

I sintomi e le cause 

“Se si forma un coagulo in queste vene, le manifestazioni sono diverse e si presenta un quadro clinico più serio rispetto alla tromboflebite: nel caso di TVP dell’arto assisteremo alla comparsa di gonfiore, calore, e in molti casi di febbre”.

Le cause possono essere diverse, non attribuibili a traumi: 

  • Tumori, perché ad alcune neoplasie è associata una situazione pro-trombotica che aumenta la possibilità di formazione di coaguli nelle vene;
  • Trombofilie: anomalie congenite della coagulazione del sangue che caratterizzano patologie come la mutazione del fattore V di Leiden, un deficit della proteina C o della proteina S della coagulazione, il fattore LAC (lupus anticoagulante), che possono coinvolgere anche soggetti giovani;
  • La chirurgia addominale maggiore, ortopedica, ginecologica, o qualsiasi causa di allettamento prolungato. Quando noi camminiamo, infatti, i nostri muscoli si contraggono e contraggono le vene: questo contribuisce al ritorno venoso del sangue e allo scorrimento del sangue venoso. L’allettamento prolungato, eliminando la “pompa muscolare”, diminuisce il ritorno venoso e favorisce la formazione (in soggetti predisposti) di trombosi venosa profonda: è quindi necessario fare la profilassi eparinica. Il rischio maggiore è che il coagulo migri verso il centro, episodio che può essere causa di embolia polmonare. Per questo si associa l’elastocompressione mediante calze elastiche a compressione graduata terapeutica.
  • Procedure di elettrofisiologia, per il posizionamento di defibrillatori/pacemaker, che prevedono inserimento di cateteri nella vena succlavia e che possono in rari casi, e in soggetti predisposti, favorire la formazione di coaguli, soprattutto nelle procedure di reimpianto o sostituzione di cateteri precedentemente impiantati. 

La diagnosi

“La trombosi venosa profonda avviene quando si verificano tre fattori: 

  • alterazione della velocità di scorrimento del sangue
  • danno endoteliale (anomalia della superficie interna del vaso) 
  • ipercoagulabilità, che descrivono la cosiddetta Triade di Virchow

La diagnosi è clinica: l’arto è gonfio, perché il sangue fa fatica a tornare verso il centro, dolente, caldo, il paziente può presentare febbre

Inoltre, effettuando un ecocolordoppler, si può verificare lo scorrimento del sangue nella vena e se è comprimibile o meno (compressione ultrasonografica - CUS). Se non si comprime, è presente un coagulo.  

È importante effettuare anche degli esami ematochimici nei pazienti che sanno di avere familiarità per patologie della coagulazione/trombofilia, che sono a conoscenza di parenti affetti da mutazioni genetiche specifiche o sono affetti da neoplasia. 

In caso di comparsa di edemi, è necessario effettuare subito un ecocolordoppler venoso e verificare la presenza del D-dimero nel sangue, una proteina che, se assente, esclude a priori la presenza di trombosi venosa profonda; se invece è elevata non necessariamente è indice di TVP, se non per valori estremamente elevati e segni clinici associati tipici”. 

Quando l’infiammazione riguarda le vene superficiali, in caso di tromboflebite, riconoscere la patologia è più facile. “Al tatto si sente il coagulo della vena, dura e dolente alla palpazione, e la cute presenta degli arrossamenti e rigidità nelle zone attorno alla vena coinvolta dal processo tromboflebitico”. 

La prevenzione e la terapia

Se riconosciuti tempestivamente, gli episodi di trombosi venosa, anche profonda, non rappresentano oggi un problema di particolare gravità

“Grazie alla terapia anticoagulante (con i farmaci NAO e TAO), si sciolgono i coaguli e si diminuisce il rischio di peggioramento di trombosi venosa profonda o di comparsa di embolia polmonare. Anche l’utilizzo di una calza elastica a compressione graduata terapeutica abbassa il rischio di formazione di coaguli, della migrazione prossimale degli stessi e la comparsa di edema”. 

La presenza di vene varicose è un fattore di rischio per la trombosi venosa superficiale/tromboflebite. “Per questo è utile fare un ecocolordoppler e una visita di inquadramento con il chirurgo vascolare. È possibile migliorare questa condizione indossando calze elastiche, assumendo farmaci venotonici (bioflavonoidi, integratori naturali che diminuiscono la probabilità di comparsa di flebite) o, eventualmente, sottoporsi a intervento chirurgico in presenza di vere varici degli arti inferiori” conclude il Dott. Righini. 

Cura e Prevenzione