All’Istituto Clinico Sant’Ambrogio impiantato con successo un pacemaker leadless su paziente di 75 anni

PUBBLICATO IL 01 OTTOBRE 2020

La paziente ha recuperato velocemente e migliorato la sua qualità di vita. L’esperto spiega caratteristiche e benefici di questo innovativo peacemaker.

All’istituto clinico Sant’Ambrogio è stato impiantato con successo un peacemaker leadless (ossia senza fili) su una paziente di 75 anni affetta da blocco atrioventricolare. L’intervento, realizzato per la prima volta a livello delle strutture Ospedaliere del Gruppo San Donato, è stato effettuato qualche giorno fa dal dottor Massimo Mantica, responsabile del Centro di Elettrofisiologia e Aritmologia, e dalla sua équipe. Un grande passo avanti in termini di miglioramento della qualità di vita dei pazienti affetti da patologie difficili e  per il Centro di Elettrofisiologia dell’Istituto Clinico Sant’Ambrogio.

Le caratteristiche del pacemaker leadless

L’innovativo peacemaker leadless non utilizza elettrodi transvenosi e viene posizionato tramite la vena femorale destra, anziché le vene toraciche. Il pacemaker viene portato a livello del cuore attraverso un sistema di rilascio che, una volta alloggiato il pacemaker, viene asportato lasciando nel muscolo cardiaco solamente questa piccola formazione metallica miniaturizzata, che svolge tutte le funzioni di un device tradizionale. 

“Abbiamo impiantato il pacemaker - spiega il dottor Mantica - in una paziente di 75 anni, per una problematica di bradicardia da blocco atrioventricolare successivo a intervento di cardiochirurgia complessa di sostituzione valvolare. Il suo cuore era soggetto a frequenti arresti transitori con conseguente perdita di coscienza. Il pacemaker leadless è stato provvidenziale perché le ha permesso di migliorare la qualità della vita con tempi di recupero molto brevi”. 

La buona riuscita dell’intervento è stata evidente fin da subito: già nelle prime 24 ore post operatorie c’è stata una stabilizzazione completa dell’impianto che ha permesso la rapida dimissione della paziente. I prossimi step saranno i controlli di follow up che avverranno a 3, 6 e 12 mesi a seconda dello stato di salute della paziente. 

I benefici del pacemaker leadless rispetto a un device tradizionale

“Se fino ad ora il pacemaker leadless poteva garantire solamente la stimolazione di una singola camera cardiaca, il modello che abbiamo utilizzato in questo intervento rappresenta una grande novità, perché consente di coordinare tutte le camere cardiache atriali e ventricolari, in modo da garantire un funzionamento più armonioso ed efficiente, in cui il ritmo cardiaco del paziente viene preservato in modo molto più efficace – esprime lo specialista -. 

I benefici che si possono riscontrare rispetto a un pacemaker tradizionale sono notevoli e su tutti i fronti”.

Tra i benefici del pacemaker leadless:

  • durata: il leadless garantisce un’autonomia che va dai 10 ai 12 anni, grazie a potenti batterie di ultima generazione; 
  • mininvasività: l’invasività dell’intervento è molto modesta perché tutto viene effettuato con un accesso tramite punture, senza tagli e senza suture. Chirurgicamente è tutto miniaturizzato. Si utilizza la vena della piega inguinale destra in anestesia locale, con un sistema di rilascio dedicato che percorre le vene fino al cuore del paziente;
  • ripresa: la mobilizzazione del paziente avviene il giorno successivo all’intervento, con dimissione 1-2 giorni dopo;
  • fattori di rischio: consente di trattare anche pazienti con fattori di rischio importanti come anzianità, rischio di infezioni, insufficienza renale che, durante l’approccio chirurgico tradizionale, sono molto più esposti a sviluppare complicanze;
  • qualità della vita: il pacemaker leadless migliora la vita del paziente che, spesso, non si ricorda nemmeno di averlo;  
  • complicanze: rispetto a un pacemaker tradizionale, il leadless non è soggetto alle complicanze più frequenti come le fratture degli elettrodi di comunicazione fra il generatore e il cuore, che quasi sempre comportano interventi rischiosi di estrazione delle sonde danneggiate. 
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“L’utilizzo di questo device apre degli scenari molto importanti e rassicuranti sull’utilizzo dei pacemaker per il trattamento di patologie particolarmente difficili - conclude Mantica -. 

L’équipe di Elettrofisiologia dell’Istituto Clinico Sant’Ambrogio è tra i supporter ufficiali di questa tecnica in tutta Italia, assistendo molti altri Ospedali italiani nell’esecuzione di questo intervento”.

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