Chirurgia della Mano: a Zingonia il centro di riferimento di Bergamo e Provincia delle microchirugia
PUBBLICATO IL 08 NOVEMBRE 2020
Chirurgia del piccolo, non piccola chirurgia: il Policlinico San Marco di Zigonia, grazie alla sua strutture e alla preparazione dei suoi chirurghi, è un centro d'eccellenza della chirurgia della mano.
27 ossa, 18 articolazioni, 43 tendini e una serie infinita e ancora non del tutto conosciuta e identificata di legamenti che partecipano insieme a una complessa funzione, dal semplice atto di prendere un oggetto, al manipolarlo trasformandolo in relazione a funzioni superiori. Questa è la mano, parte del corpo tanto complessa quanto fondamentale nella quotidianità di tutti noi, in qualsiasi nostro gesto e che, proprio per questo, spesso va incontro a lesioni che ne possono compromettere l’integrità.
Ma quali sono le lesioni più comuni? E quali sono oggi le prospettive di cura? Ne parliamo con il dottor Giuseppe Andreoletti, responsabile dell’Unità di Ortopedia e Traumatologia del Policlinico San Marco, centro di eccellenza per la chirurgia della mano con tecniche mini-invasive e materiali all’avanguardia.
La mano? Versatile, altamente specializzata, insostituibile e “irriproducibile”
“L’uomo possiede una mano straordinariamente versatile e un cervello altamente qualificato per dirigerla. Ed è una fortuna. Nel cammino delle specie animali la mano ha sempre costituito un carattere determinante nelle abilità individuali, dalla comparsa nei pesci palmati del Devoniano per giungere ai rettili mammiferi che già nel Triassico presentavano l’estremità superiore con formula scheletrica uguale a quella della mano umana. Fino ai giorni nostri” osserva il dottor Andreoletti.
Le nostre mani svolgono nelle attività comuni della vita quotidiana migliaia di funzioni, alcune evidenti, altre meno analizzate (basti pensare al ruolo della mimica della mano nella costruzione della personalità individuale): “Per la sua versatilità, per il gran numero di funzioni, per la presenza di una complessa e altamente specializzata e differenziata sensibilità, la mano potrà difficilmente essere, anche in avvenire, sostituita, anche se i progressi in tal senso costituiscono una delle frontiere più ambizione dello sviluppo tecnologico biomedico”.
È evidente, quindi, quanto la restituzione dell’integrità delle strutture anatomiche e funzionali della mano sia determinante per il recupero delle sue abilità: e questo vale dalla semplice perdita di tessuti molli di un polpastrello, alla più complessa riparazione di lesioni delle strutture tendinee e scheletriche, fino ad arrivare a schiacciamenti e amputazioni.
Le lesioni ai tendini, le più frequenti
Tra le lesioni più frequenti ci sono quelle dei tendini estensori, cioè quelli che permettono alla mano di aprirsi: “In questo caso il problema della riparazione dei danni è per la maggior parte di natura tecnica e prevede la riparazione dei tendini con un completo recupero della funzione.
Oltre a suture di particolare impegno ci si avvale spesso, in questi casi, di immobilizzazioni temporanee.
Le lesioni vanno dalla rottura spontanea, che accade ad esempio mentre si rifà il letto, alla ferita profonda da oggetti taglienti con conseguente impossibilità a estendere una o più dita. Queste ferite a volte si estendono fino al polso e all’avambraccio dove risiedono la maggior parte dei muscoli motori della mano” spiega lo specialista.
Le lesioni dei tendini flessori
“Discorso diverso è quello che riguarda le ferite dei tendini flessori, quelle cioè che riguardano la parte prensile della mano: a questo livello i tendini, due per ogni singolo dito (flessore superficiale e profondo), compiono percorsi tortuosi e scorrono attraverso pulegge (tunnel la cui funzione è mantenere il tendine aderente al piano osseo), simili a vere e proprie carrucole, che permettono la complessità dei movimenti del prendere e tenere gli oggetti. Una lesione da taglio, spesso con perdita di sostanza, non solo necessita di riparazione del tendine ma anche di accurata ricostruzione delle pulegge per il buon funzionamento e i risultati, se tempi e modi del trattamento, non sono congrui sono spesso insoddisfacenti”.
Strumenti e materiali minuscoli per riparare le ossa
Associate alle lesioni tendinee e alle perdite di sostanza, ci sono poi le lesioni dello scheletro, le fratture delle ossa lunghe che compongono le dita e le ossa corte del carpo.
“Per questi segmenti scheletrici tanto piccoli quanto utilissimi, la chirurgia della mano ha messo a disposizione strumenti e materiali infinitesimamente piccoli, fino a viti di 1 millimetro di diametro, in materiali efficienti, quali le leghe di titanio: questi materiali e gli strumenti dedicati permettono oggi tecniche di riparazione mini-invasive ed efficaci con ripristino della anatomia che vuol dire in questo caso ripristino della funzione. Basti pensare che l’accorciamento anche solo di un paio di millimetri di un segmento fratturato può ridurre del 30% la mobilità di quel dito” sottolinea il dottor Andreoletti.
La frattura dello scafoide: il trauma più temuto dagli sportivi
Nell’ambito della chirurgia della mano la frattura dello scafoide, uno degli ossicini del carpo, è sicuramente la condizione più critica e invalidante. Perché tanta difficoltà nella sua riparazione?
“Proprio per motivi di ordine anatomico - spiega lo specialista -. Lo scafoide spesso si rompe dove c’è l’unico vaso sanguigno che è in grado di nutrirlo, un vaso sottile che se interrotto rende difficile nutrire il segmento scheletrico, determinando nel tempo la sua morte.
Ci sono esempi di sportivi di alto livello che per una frattura dello scafoide hanno dovuto abbandonare la loro attività sport. Mi riferisco per lo più a motociclisti, a ginnasti e acrobati, per la quale la caduta sul polso per alte velocità e da altezze rilevanti hanno segnato la fine di una brillante carriera.
Oggi la riparazione dello scafoide in un centro dove siano presenti chirurghi della mano, come la nostra Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia, permette una riparazione poco invasiva della frattura in tempi adeguati e con buon ripristino della funzione del polso. Mini viti, mini placche di spessore infinitesimamente piccolo, fili sottili, aghi dedicati alle suture e tecniche studiate da anni dalle Scuole di Chirurgia della Mano hanno permesso di raggiungere livelli di riparazione incredibili”.
È evidente quindi da quanto detto che la chirurgia della mano non deve essere considerata piccola chirurgia di secondo ordine, ma una chirurgia del piccolo e per questo anche più complessa e delicata.