Aneurisma dell’aorta addominale: come riconoscerlo
PUBBLICATO IL 21 NOVEMBRE 2020
L’aneurisma dell’aorta addominale colpisce la più importante arteria del corpo umano. L’esperto spiega come riconoscerlo e come trattarlo.
L’aorta è il più grosso vaso che il corpo umano possiede: partendo dal cuore, ha un decorso prima toracico (le cui ramificazioni portano sangue al cervello) e, successivamente, addominale (le cui ramificazioni irrorano intestino, fegato, organi splancnici, rene e arti inferiori).
Si parla di aneurisma quando l’aorta va incontro a una patologia dilatativa. Ma quali sono le tipologie di trattamento? È possibile adottare misure di prevenzione? Ce ne parla il dottor Pierluigi Vandone, responsabile del Servizio di Chirurgia vascolare all’IRCCS Ospedale Galeazzi - Sant'Ambrogio.
Che cos’è l’aneurisma dell’aorta addominale
“L’aneurisma dell’aorta è una dilatazione permanente dell’arteria che interessa tutto lo spessore della parete. Si può sviluppare lungo tutto il suo decorso, anche se il segmento più frequentemente interessato è quello addominale – spiega il dott. Vandone -. Altra sede frequentemente colpita è l’aorta toracica e l’aorta addominale nel tratto in cui vengono emessi i vasi viscerali”.
L’aneurisma colpisce maggiormente gli uomini rispetto alle donne perché più predisposti all’arteriosclerosi. Essendo quest’ultima una malattia tipica dell’invecchiamento, è più facile osservarla dopo i 65 anni di età.
Se, una volta riscontrato, non fosse già delle dimensioni tali per essere operato (al di sopra dei 50 mm), è necessario tenerlo monitorato nel tempo impiegando un esame non invasivo come l’Ecocolordoppler”.
Le cause
“Nel 90% dei casi, l’aneurisma dell’aorta è dovuto all’arteriosclerosi, patologia multifattoriale causata da:
- familiarità;
- invecchiamento;
- ipercolesterolemia;
- tabagismo;
- ipertensione;
- diabete;
- dislipidemia;
- altri fattori non ancora ben studiati (infettivi o infiammatori cronici dell’arteria).
Come si manifesta l’aneurisma dell’aorta addominale
L’aneurisma dell’aorta addominale è solitamente asintomatico e lo si riscontra, il più delle volte, in maniera occasionale, attraverso esami di routine (es. ecografia addominale) eseguiti per altri quesiti diagnostici.
Quando l’aneurisma è sul punto di rompersi, il soggetto può avvertire un dolore addominale molto intenso, esteso spesso alla schiena che simula una colica renale sinistra.
In circa la metà dei casi di rottura dell’aneurisma aortico addominale, causa di un’emorragia interna massiva con shock ipovolemico, difficilmente risolvibile. Nell’altra metà dei casi, invece, si verifica una perdita di sangue, con abbassamento della pressione e contenimento dell’emorragia che consente un intervento chirurgico di urgenza prima che sopraggiunga la rottura vera e propria dell’aorta.
Come si diagnostica l’aneurisma dell’aorta addominale
“L’esame di primo livello a cui tutti possono sottoporsi per la diagnosi di un aneurisma dell’aorta addominale è l’ecografia o, meglio ancora, l’Ecocolordoppler che permette di visualizzare nel dettaglio l’aorta addominale – continua l’esperto -. È un esame non invasivo, senza mezzi di contrasto e senza la somministrazione di radiazioni ionizzanti, indicato per valutare il flusso all’interno di ogni vaso e il diametro dell’aorta.
Le dilatazioni dell’aorta possono essere:
- fusiforme, più frequente, quando la dilatazione è uniforme e interessa a 360° la parete;
- sacciforme, quando interessa un solo lato dell’aorta”.
La storia naturale dell’aneurisma dell’aorta addominale è la sua progressiva dilatazione priva di sintomi sino al momento della rottura.
Il trattamento chirurgico
La terapia dell’aneurisma dell’aorta addominale risolutiva è esclusivamente chirurgica e può essere:
- tradizionale (open): consiste nella sostituzione del segmento di aorta dilatato e la sua ricostruzione mediante l’impianto di una protesi in tessuto plastico che può essere dritta (protesi retta) oppure a forma di Y (protesi biforcata);
- endovascolare: consente di trattare la stessa patologia posizionando una protesi dall’interno dell’aorta malata, accedendo attraverso le arterie femorali tramite piccoli fori. Con l’ausilio dell’angiografo, si effettua un’angiografia con mezzo di contrasto e si osserva l’aneurisma, il rapporto che ha con le altre arterie, decidendo poi che tipo di protesi utilizzare.
Mentre la chirurgia tradizionale prevede un ricovero di una settimana, l’esclusione endovascolare richiede solitamente in decorso di 2-3 giorni. Superata la fase di degenza e di convalescenza, il paziente può ritornare tranquillamente alle proprie attività quotidiane.
Endoprotesi e protesi tradizionale
L’endoprotesi viene introdotta sempre tramite le arterie femorali attraverso device specifici che la vanno a posizionare facendola aderire. Mentre la protesi tradizionale viene ‘cucita’ direttamente all’arteria, l’endoprotesi si fissa a monte e a valle del tratto da sostituire utilizzando protesi di calibro adatto a ogni singolo caso e, precedentemente, preparate sulla scorta di uno studio TC con mezzo di contrasto. Un limite all’impiego della tecnica endovascolare è proprio l’uso del mezzo di contrasto che talvolta è controindicato in pazienti con insufficienza renale grave.
Il follow-up prevede, in tutti i casi, l’utilizzo dell’Ecocolordoppler. Nella correzione endovascolare dell’aneurisma è, però, anche necessario un controllo TC con contrasto per verificare se l’endoprotesi ha efficacemente escluso l’aneurisma”.
Aneurisma e prevenzione
“Sarebbe opportuno sottoporsi, dopo i 55 anni di età per gli uomini e i 60 per le donne, a un Ecocolordoppler per un check completo di tutto l’apparato vascolare (aorta, arterie, arti inferiori e carotide) in modo da riuscire a rilevare eventuali patologie non ancora evidenti – conclude Vandone -. Un’aorta sana richiede un controllo ogni 10 anni, una dilatata richiede controlli seriati per monitorarne l’evoluzione nel tempo, mentre aneurismi oltre i 50-55 mm richiedono una correzione chirurgica”.