Il reflusso gastroesofageo brucia per 15 milioni di italiani
PUBBLICATO IL 04 DICEMBRE 2017
Si è tenuto a Milano dal 29 novembre al 1 dicembre presso l’Aula Magna del Policlinico San Donato, l’International Meeting on Gastro-Esophageal Reflux Disease, organizzato dal Professor Luigi Bonavina, Responsabile dell’U.O. di Chirurgia Generale II dell’IRCCS Policlinico San Donato e Professore Ordinario dell’Università degli Studi di Milano. I relatori, provenienti da Italia, Stati Uniti, Australia, Israele, Svizzera, Germania, Austria, Serbia, Grecia, Spagna e Regno Unito faranno il punto sia sugli aspetti diagnostici sia sulle terapie mininvasive oggi disponibili per la cura del reflusso gastroesofageo.
La malattia da reflusso gastroesofageo è una patologia in crescita costante e ancora troppo esposta a cure “fai da te”, per la quale manca una consapevolezza diffusa degli effetti anche gravi sull’intero organismo. Sono 15 milioni gli italiani che soffrono di reflusso gastroesofageo, con conseguenze significative sulla qualità della loro vita. Tuttavia, i più non hanno una diagnosi precisa, ricorrono ai farmaci anti reflusso senza il controllo del medico e non si sottopongono agli esami che possono tenere sotto controllo l’evoluzione della malattia.
La correzione chirurgica del difetto meccanico del cardias – la valvola muscolare posta tra esofago e stomaco che non richiudendosi bene dopo il passaggio del cibo è alla base della malattia da reflusso – viene realizzata oggi con tecniche laparoscopiche mininvasive come la plicatura dello stomaco o l’impianto di un piccolo “collarino” magnetico (Linx) in grado di aprirsi quando passa il bolo alimentare, mantenendo poi il canale chiuso per impedire la risalita dei succhi gastrici.
Esistono anche tecniche molto promettenti e ancora meno invasive, come ENDOSTIM una sorta di “pacemaker” per il cardias, grazie al quale l’anatomia dello stomaco rimane intatta e due piccoli elettrodi vengono collegati, grazie a una minima incisione, a un generatore di impulsi, del tutto simile a un pacemaker, collocato in una tasca sottocutanea nell’addome. Gli elettrodi conducono impulsi a bassa energia, con una frequenza programmata che stimola il tono del muscolo che, contraendosi, contrasta il reflusso proveniente dallo stomaco.
“Oggi abbiamo numerose alternative ai farmaci inibitori della secrezione gastrica, ancora poco diffuse e note, quando i farmaci assunti continuativamente possono dare effetti collaterali e non agiscono sulle cause “meccaniche” della patologia.
La grandissima disponibilità di questi medicinali e la pessima abitudine di condividerli in famiglia portano moltissimi pazienti a sottovalutare i rischi legati al protrarsi negli anni della malattia da reflusso e alla sua degenerazione nella malattia di Barrett, prodromica all’adenocarcinoma.” – spiega il professor Luigi Bonavina. “Promuoviamo questo convegno internazionale proprio per creare un consenso sulla gestione della malattia da reflusso in stadio precoce e condividere i dati sull’appropriatezza e la sostenibilità delle nuove tecnologie biomediche”.