Dolore al calcagno: cosa fare?

PUBBLICATO IL 24 APRILE 2017

La calcagnodinia, la tallodinia o meglio il dolore calcaneare, come più comunemente viene descritto - spiega il dottor Umberto Alfieri Montrasio, responsabile dell’Unità Specialistica Piede e Caviglia (U.S.P.eC.) all’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi - è una sintomatologia dolorosa piuttosto importante che coinvolge l’osso calcaneare del piede ed è caratterizzato talvolta anche da tumefazione anche se è principalmente il dolore che porta il paziente a rivolgersi a uno specialistica. È un’affezione frequentissima che colpisce sia gli uomini sia le donne dalla terza decade in poi, e che risulta essere veramente invalidante”.
“Il paziente, quando viene in ambulatorio - spiega - viene visitato dall’ortopedico del piede il quale può dare diverse indicazioni di esami strumentali: esecuzione di una radiografia di ambedue i piedi in carico magari con una proiezione particolare (assiale di calcagno), questo appunto perché potrebbe esserci una frattura, magari un’infrazione dell’osso calcaneare, e soprattutto anche per osservare radiograficamente come è strutturato il piede; oppure esecuzione di un’ecografia nel caso vi fosse sospetto, invece, di una patologia a carico della fascia plantare quindi dei tessuti molli e in particolare l’inserzione della fascia plantare che avviene a livello dell’osso calcaneare. Fatti questi esami, al successivo controllo, viene data solitamente un’indicazione non chirurgica invitando il paziente a utilizzare delle scarpe adatte possibilmente con all’interno le tallonette (cuscinetti che sostengono il tallone) o, nei casi più importanti, i plantari (solette).
Il dolore calcaneare, o talvolta la fascite plantare, è spesso legata anche a un’alterazione biomeccanica del piede, cioè un mal funzionamento dello stesso mentre si trova in stazione eretta oppure mentre cammina. Questo fa sì che ci possa essere un interessamento della fascia plantare sia nella situazione di piede piatto sia nella situazione di piede cavo (quest’ultima forse leggermente più frequente rispetto al primo). In questi casi, appunto, bisogna cercare di compensare il movimento del piede e il plantare, a tale scopo, può rivelarsi molto utile. Nelle situazioni più gravi, lo specialista può dare indicazione chirurgica, questo per far sì che si possa riallineare il retro piede, parlando di piede piatto, oppure in caso di piede cavo è necessario compensare questa elevata volta plantare che lo contraddistingue”.
“Nel caso, ad esempio, di fascite plantare - conclude il dott. Alfieri Montrasio - si può dare indicazione di terapia fisica-strumentale attraverso l’utilizzo di onde d’urto extracorporee le quali possono essere un ottimo espediente per eliminare il problema”.

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