Tumore alla vescica muscolo-infiltrante: la ricerca verso nuove terapie per evitarne l’asportazione

Tumore alla vescica muscolo-infiltrante: la ricerca verso nuove terapie per evitarne l’asportazione

PUBBLICATO IL 22 OTTOBRE 2025

Tumore alla vescica muscolo-infiltrante: la ricerca verso nuove terapie per evitarne l’asportazione

PUBBLICATO IL 22 OTTOBRE 2025

Consulta la Disease Unit Tumori della Vescica

“In Italia, sono circa 300.000(1) le persone che convivono con una diagnosi di tumore alla vescica, una patologia che colpisce prevalentemente gli uomini. Difatti, 7 pazienti su 10 sono di sesso maschile”, spiega il prof. Andrea Necchi, coordinatore della Disease Unit di Tumori alla Vescica presso l’Ospedale San Raffaele e associato di Oncologia Medica all’Università Vita-Salute San Raffaele. 

Abbiamo incontrato il professor Necchi insieme alla dott.ssa Valentina Tateo e al dott. Antonio Cigliola, medici oncologi del nostro Ospedale, per fare una panoramica aggiornata sui tumori alla vescica. In particolare, una delle linee di ricerca del gruppo guidato dal professore si concentra sullo studio di nuove strategie terapeutiche per trattare il tumore alla vescica muscolo-infiltrante

 

Cos’è il tumore alla vescica muscolo-infiltrante

La vescica è l’organo in cui si raccoglie l’urina prodotta dai reni prima di essere espulsa all’esterno del corpo. La parete vescicale è formata da strati di cellule collocati a diverse profondità. Quando le cellule tumorali invadono il più profondo strato muscolare si parla di tumore alla vescica muscolo-infiltrante

Questa neoplasia rappresenta circa un quarto di tutti i tumori che interessano la vescica e si presenta in una forma aggressiva e capace di generare metastasi

 

Il trattamento tradizionale per il tumore alla vescica muscolo-infiltrante

Solitamente, il suo trattamento prevede la chemioterapia a base di cisplatino, un farmaco che blocca la sintesi di nuovo DNA e, di conseguenza, la divisione delle cellule, seguita dalla cistectomia radicale, un’operazione chirurgica altamente invasiva.

“I pazienti vengono indirizzati dapprima alla chemioterapia, che ha lo scopo di ridurre la massa tumorale, seguita dalla cistectomia radicale, un intervento chirurgico che consiste nella rimozione della vescica, dei linfonodi pelvici, della prostata negli uomini e degli organi genitali nelle donne”, spiegano i dottori Tateo e Cigliola. 

“Tuttavia, la chemioterapia preoperatoria con cisplatino viene somministrata solo nel 20% dei pazienti con tumore alla vescica muscolo-infiltrante. Circa il 50% delle persone con questo tumore, infatti, non possono ricevere chemioterapia preoperatoria con il cisplatino a causa di condizioni preesistenti, mentre un’altra frazione dei pazienti rifiuta la chemioterapia.”, aggiunge il professor Necchi.  

In aggiunta, le persone che soffrono di questa neoplasia spesso rifiutano anche la cistectomia radicale, considerata la sua invasività e l’impatto che può avere sulla qualità della vita e la salute psicologica.

Per queste ragioni, la ricerca sta lavorando attivamente per offrire a queste persone alternative terapeutiche meno impattanti per rimuovere il tumore e prevenirne la ricomparsa, conservando, allo stesso tempo, la vescica e gli altri organi. 

 

L’immunoterapia come possibile alternativa alla chemioterapia preoperatoria

In quest’ottica, il professor Necchi si dedica da anni alla ricerca nell’ambito dell’immunoterapia dei tumori per mettere a punto strategie alternative alla chemioterapia preoperatoria e ridurre drasticamente il successivo ricorso alla chirurgia radicale nel trattamento dei tumori alla vescica muscolo-infiltranti. 

L’immunoterapia dei tumori ha lo scopo di potenziare la risposta del sistema immunitario contro le cellule tumorali

Gli inibitori dei checkpoint immunitari sono un esempio di farmaci immunoterapici. Essi rimuovono il freno che blocca l’attività dei linfociti T, le cellule del sistema immunitario che attaccano e neutralizzano gli agenti estranei o nocivi al nostro organismo. Rimuovendo il freno, gli inibitori dei checkpoint immunitari fanno sì che i linfociti T attacchino ed eliminino anche le cellule tumorali.

Già nel 2018, l’Ospedale San Raffaele era stato capofila di uno studio(2) che aveva mostrato che il trattamento di immunoterapia con l’inibitore dei checkpoint immunitari pembrolizumab, somministrato prima della cistectomia radicale, aveva portato a una riduzione o addirittura alla scomparsa del tumore alla vescica muscolo-infiltrante in una frazione dei pazienti trattati, che però avevano dovuto comunque sottoporsi alla cistectomia radicale. 

Il farmaco pembrolizumab agisce bloccando una proteina chiamata PD-1, il “freno” che normalmente inibisce l'attivazione delle cellule T. In questo modo, esse possono attivarsi in modo più efficace contro le cellule tumorali e ucciderle. 

“Questi risultati indicarono che l’immunoterapia preoperatoria con i farmaci come pembrolizumab poteva rappresentare un’alternativa promettente alla chemioterapia per indirizzare e facilitare la chirurgia successiva. Tutti i pazienti di questo studio del 2018, però, necessitavano ancora della chirurgia radicale - commenta il professor Necchi -. Per questo motivo, oggi il nostro obiettivo è ancora più ambizioso: vogliamo cioè evitare del tutto l’intervento chirurgico radicale”. 

 

Prospettive future per evitare la cistectomia radicale

A questo proposito, lo scorso giugno il prof. Necchi e il suo gruppo hanno presentato al congresso annuale di ASCO, la Società Americana di Oncologia Clinica (dall’inglese, American Society of Clinical Oncology), i primi risultati di uno studio clinico che si propone di utilizzare gli inibitori dei checkpoint immunitari in combinazione con gli anticorpi farmaco-coniugati per potenziare l’efficacia dell’immunoterapia e portare a una scomparsa del tumore tale per cui la successiva cistectomia radicale non si renda più necessaria.  

Gli anticorpi farmaco-coniugati sono farmaci che combinano (“coniugano”) un anticorpo, capace di riconoscere in modo specifico le cellule tumorali, con un farmaco chemioterapico che di solito agisce bloccando la moltiplicazione di queste ultime, portandole alla morte. 

La combinazione di anticorpo e chemioterapico fa sì che questi farmaci colpiscano il tumore in modo più mirato e circoscritto, poiché il chemioterapico viene rilasciato direttamente all’interno delle cellule cancerose, bloccando la crescita del tumore.

Nello studio clinico presentato ad ASCO(3), 40 pazienti con tumore alla vescica muscolo-infiltrante hanno ricevuto la terapia combinata con pembrolizumab e sacituzumab, un anticorpo farmaco-coniugato, da somministrare prima dell’intervento chirurgico. 

In circa il 44% dei pazienti trattati, la risonanza magnetica ha mostrato una remissione significativa del tumore. Sulla base di tale risultato, a questi pazienti è stato proposto un intervento chirurgico meno invasivo della cistectomia radicale per rimuovere le eventuali cellule tumorali residue. 

Quest’intervento, chiamato resezione transuretrale del tumore vescicale, consiste nell’introdurre uno strumento sottile attraverso l’uretra (il condotto che collega la vescica all’esterno del corpo) per “raschiare” il tumore residuo. È un’operazione meno invasiva, che ha il vantaggio di risparmiare alla persona la rimozione della vescica e di altri organi.

Successivamente alla resezione transuretrale, i pazienti hanno ricevuto il solo pembrolizumab fino a un anno dopo l’intervento, come terapia di mantenimento volta a prevenire l’eventuale ricomparsa del tumore. 

“È importante sottolineare che i dati raccolti in questo studio sono ancora preliminari e basati su un numero di pazienti ancora troppo piccolo per poter trarre conclusioni robuste e definitive. Sarà necessario dunque confermare questi risultati su un maggior numero di casi attraverso ulteriori studi - precisa il Professor Necchi -. 

Ciononostante, crediamo che questa linea di ricerca possa contribuire a cambiare l’approccio terapeutico finora adottato, per il quale la terapia medica, cioè l’uso di farmaci o altri trattamenti non chirurgici, è stata impiegata soprattutto come supporto alla chirurgia, che oggi rimane l’opzione principale per trattare i tumori alla vescica.  

L’idea è di ribaltare questa visione, puntando a un futuro in cui, almeno in alcuni casi, sarà la terapia medica l’opzione principale nel trattamento di questi tumori, relegando la chirurgia a un ruolo sempre più marginale".

 

Sensibilizzare su un tema poco discusso: prevenzione e diagnosi precoce

“La prevenzione rimane in ogni caso la strategia più efficace per ridurre l’incidenza di tutti i tumori alla vescica, non solo quelli muscolo-infiltranti, a partire dall’eliminazione dell’abitudine al fumo

Solitamente, le campagne antifumo si concentrano soprattutto sulla prevenzione del tumore al polmone. Sarebbe opportuno che tali campagne sensibilizzassero l’opinione pubblica sul fatto che il fumo di sigaretta è un fattore di rischio anche per il tumore al polmone” affermano la dott.ssa Tateo e il dott. Cigliola. 

Il fumo di sigaretta è infatti il principale fattore di rischio per lo sviluppo del tumore alla vescica.

L’associazione PALINURO(4) (Pazienti Liberi dalle Neoplasie Urologiche), nata dalla collaborazione tra pazienti e medici tra cui lo stesso professor Necchi, riporta che circa la metà dei casi di tumore alla vescica negli uomini è probabilmente causata dal fumo, mentre nelle donne questo dato corrisponde a circa il 20-30% dei casi. In generale, chi ha l’abitudine al fumo presenta un rischio fino a 4 volte maggiore di sviluppare la malattia rispetto a chi non ha mai fumato. 

Il fumo di sigaretta contiene numerose sostanze cancerogene (che causano, cioè, il cancro), le quali passano nel sangue, che a sua volta viene filtrato dai reni. 

Dai reni, queste sostanze si riversano dunque nell’urina, che si raccoglie nella vescica. Durante la loro permanenza nella vescica, tali sostanze nocive entrano in contatto diretto con le cellule che formano la parete dell’organo, il che aumenta la probabilità che queste si trasformino in cellule tumorali.

“C’è poi un’altra questione che riguarda la prevenzione, e cioè la diagnosi precoce. I tumori alla vescica presentano un tratto distintivo: la presenza di sangue nelle urine, che spesso è uno dei primi segnali di allarme che dovrebbe spronare le persone a ricercare il consulto di un esperto, per eventualmente ricevere una diagnosi precoce e, dunque, un intervento tempestivo che potrebbe aumentare le possibilità di guarigione”, concludono il professor Necchi e i dottori Tateo e Cigliola.

 

Fonti

  1. https://www.aiom.it/wp-content/uploads/2024/12/2024_NDC-def.pdf 
  2. https://ascopubs.org/doi/10.1200/JCO.18.01148?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori:rid:crossref.org&rfr_dat=cr_pub%20%200pubmed 
  3. https://ascopubs.org/doi/10.1200/JCO.2025.43.16_suppl.4518 
  4. https://www.associazionepalinuro.com/cosa-facciamo/progetti/stop-al-fumo-o-vedrai-rosso.html