ADHD nell’adulto: come si riconosce e cosa fare
PUBBLICATO IL 05 MARZO 2025
Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) esordisce tipicamente in età precoce, ma può essere diagnosticato anche in età adulta. Quando presente in forma severa può influenzare significativamente la qualità della vita, le relazioni affettive e la carriera professionale.
Se non diagnosticato e trattato, può sviluppare comorbilità psichiatriche come disturbi dell’umore, disturbi d’ansia e disturbi della personalità. Tuttavia, con la giusta diagnosi e le adeguate terapie, è possibile gestire efficacemente i sintomi severi e migliorare la qualità della vita.
Il dott. Massimiliano Dieci, responsabile dell’Unità operativa di Riabilitazione Psichiatrica Specialistica degli Istituti Clinici Zucchi di Carate Brianza e di ZucchiMentalCare, ci illustra come comprendere meglio l’ADHD nell’adulto, dai sintomi ai trattamenti più efficaci.
Cos’è l’ADHD
“L’ADHD è un disturbo del neurosviluppo verosimilmente caratterizzato da una disfunzione del sistema dopaminergico e noradrenergico, che compromette i circuiti cerebrali coinvolti nella regolazione dell’attenzione, dell’impulsività e della capacità di pianificazione.
Comunemente esordisce nell’infanzia con difficoltà marcate nel mantenere l’attenzione su compiti prolungati: i bambini affetti possono distrarsi facilmente di fronte a stimoli irrilevanti, avere difficoltà a completare i compiti scolastici e mostrare un’eccessiva irrequietezza nei movimenti.
Questa iperattività è spesso una strategia per autoregolare l’attenzione, cercando nuovi stimoli esterni per mantenere l’attivazione cognitiva”, spiega il dott. Dieci.
Inoltre, è un disturbo che ha una componente genetica e biologica. Se si hanno parenti di primo grado affetti da ADHD si ha una probabilità maggiore di sviluppare il disturbo.
Forme severe e forme lievi
“È importante specificare che l’ADHD non è una condizione binaria, cioè presente o assente, ma si manifesta lungo un continuum di gravità.
Nei casi più severi, l’incapacità di mantenere l’attenzione e il controllo dell’impulsività compromette profondamente il rendimento scolastico e sociale. Al contrario, esistono forme più lievi (subcliniche) che possono non interferire significativamente con la quotidianità”, aggiunge Dieci.
L’ADHD in età adulta
“Con l’ingresso nell’età adulta, tende spesso ad attenuarsi, ma in alcuni casi persiste la disattenzione e, dunque, l’incapacità di gestire in modo efficace il tempo e gli impegni quotidiani”.
Gli studi dimostrano che l’ADHD infantile è un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi psichiatrici in età adulta, tra cui il disturbo bipolare, il disturbo antisociale di personalità e altri disturbi dell’umore.
Sebbene nella maggior parte dei casi l’ADHD sia una condizione che si manifesta già nell’infanzia e continua nell’età adulta, in alcuni individui i sintomi possono emergere più tardi, in una forma a esordio tardivo.
I sintomi dell’ADHD nell’adulto
Nell’adulto, la forma più frequente è quella prevalentemente disattentiva, con sintomi che possono includere:
- difficoltà nel mantenere la concentrazione su compiti prolungati (es. lettura di un libro, seguire riunioni, completare un progetto);
- facile distraibilità da stimoli ambientali irrilevanti;
- problemi nella gestione del tempo e nella pianificazione delle attività quotidiane;
- difficoltà a portare a termine compiti iniziati;
- tendenza a perdere oggetti personali;
- sensazione di sovraccarico mentale.
“Molti pazienti adulti, pur avendo un’intelligenza normale o superiore alla media, riferiscono di avere difficoltà persistenti nel leggere libri, nell’organizzare attività quotidiane e nel mantenere alta la concentrazione”, continua Dieci.
Cosa fare se si sospetta di avere l’ADHD da adulti
Se una persona sospetta di avere l’ADHD, il primo passo è rivolgersi a uno specialista, come uno psichiatra o un neuropsichiatra, per una valutazione approfondita.
È importante evitare l’autodiagnosi e affidarsi a professionisti esperti nel riconoscere i sintomi e differenziarli da altre condizioni psichiatriche o neurocognitive.
La diagnosi di ADHD è clinica, basata sulla raccolta della storia del paziente e su interviste strutturate.
“Un aspetto critico è il rischio di sovradiagnosi e overtreatment: la soglia al di sopra della quale iniziare un trattamento farmacologico è argomento dibattuto nella comunità scientifica.
Per questo motivo, è fondamentale una valutazione accurata e prolungata nel tempo prima di decidere se un paziente necessiti effettivamente di un trattamento farmacologico”.
Il trattamento dell’ADHD nell’adulto
L’ADHD può essere gestito attraverso diversi approcci:
- trattamento farmacologico: in Italia sono approvati 2 farmaci a base di anfetamine e metilfenidato, che agiscono aumentando i livelli di dopamina e noradrenalina nel cervello. Questi farmaci possono migliorare la concentrazione e ridurre l’impulsività, ma devono essere prescritti con attenzione dopo un’accurata diagnosi;
- psicoterapia cognitivo-comportamentale: aiuta a sviluppare strategie per migliorare l’organizzazione, la gestione del tempo e la regolazione delle emozioni;
- interventi riabilitativi e comportamentali: tecniche di training attentivo e supporto psicoeducativo possono essere utili per gestire le difficoltà quotidiane;
- modifiche dello stile di vita: un’alimentazione equilibrata, esercizio fisico regolare e tecniche di mindfulness possono favorire una migliore regolazione dell’attenzione.
“È bene precisare che in molti individui, l’ADHD tende a ridursi con l’età, e alcuni pazienti non necessitano più di una terapia in età avanzata”, indica Dieci.
Come dimostrano le esperienze di personaggi famosi, ad esempio, gli attori Jim Carrey ed Emma Watson, l’ADHD non è un ostacolo insormontabile. Con una diagnosi corretta e un corretto trattamento, è possibile gestirlo efficacemente e condurre una vita serena e soddisfacente.