
La ricerca sul melanoma, tra immunoterapia e nuove prospettive
PUBBLICATO IL 23 MAGGIO 2025
In occasione del 24 maggio, giornata europea dedicata alla prevenzione del melanoma, abbiamo intervistato il professor Vincenzo Russo, associato di Patologia Generale presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e Group Leader del laboratorio di Immuno-bioterapia del melanoma e dei tumori solidi dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, per approfondire i meccanismi di patogenesi e gli approcci terapeutici per trattare questo tumore.
Cos’è il melanoma
Il melanoma è un tumore maligno che costituisce circa il 25% dei casi di tumore della pelle. Il restante 75% è rappresentato dai casi di carcinoma basocellulare e di carcinoma squamocellulare, tumori che originano, rispettivamente, dalla proliferazione incontrollata delle cellule basali e delle cellule squamose dell’epidermide, lo strato più esterno della pelle.
A differenza dei 2 tipi di carcinoma menzionati, i melanomi sono tumori molto aggressivi.
“In Italia si è verificato un aumento costante dei casi di melanoma, fino a raggiungere circa 13 mila nuovi casi solo nel 2024 - afferma il professor Russo -. Questi numeri sono storicamente legati all’uso eccessivo, soprattutto in passato, dei lettini solari e alle prolungate e improprie esposizioni ai raggi solari senza l’impiego di protezioni adeguate”.
L’eccessiva e continua esposizione ai raggi ultravioletti provenienti dal sole è infatti il principale fattore di rischio per lo sviluppo del melanoma. In particolare, è l’esposizione continua e non schermata ai raggi ultravioletti di tipo B a danneggiare il DNA dei melanociti, le cellule che producono melanina, il pigmento che colora la pelle.
Solitamente, le cellule mettono in atto una serie di processi per riparare il danno. Tuttavia, questi meccanismi, sul lungo termine, possono diventare inadeguati o insufficienti alla riparazione del DNA. Dunque, quando il danno al DNA prende il sopravvento e interessa i geni che regolano la divisione cellulare, quest’ultima può diventare incontrollata e portare all’insorgenza del melanoma.
La ricerca sul melanoma, tra passato, presente e futuro
Oggi conosciamo gran parte delle alterazioni genetiche che sono alla base della formazione del melanoma come, ad esempio, la mutazione del gene BRAF, che interessa circa il 50% dei casi di questo tumore. Oltre alla mutazione di BRAF, esistono altri tipi di mutazione che possono portare all’insorgenza del melanoma, come la mutazione a carico del gene NRAS, che interessa circa il 20% dei casi.
Negli anni, la ricerca sulle caratteristiche molecolari e cellulari dei melanomi ha permesso lo sviluppo di diverse opzioni terapeutiche, come i farmaci a bersaglio molecolare e l’immunoterapia dei tumori.
“Per esempio, sappiamo che la mutazione del gene BRAF porta alla produzione di una proteina BRAF mutata, che è responsabile in ultima analisi della proliferazione incontrollata dei melanociti - spiega il professor Russo. E continua -: Oggi abbiamo dei farmaci cosiddetti a bersaglio molecolare, che inibiscono in modo altamente specifico l’attività della proteina BRAF mutata e quindi riducono la proliferazione incontrollata delle cellule tumorali, che muoiono. Questi farmaci sono molto efficaci sia nel promuovere la remissione della malattia, sia nel mantenere questo stato di remissione sul lungo periodo”.
Gli studi sul melanoma hanno inoltre fatto scuola per quanto riguarda lo sviluppo dell’immunoterapia dei tumori, cioè quell’insieme di strategie terapeutiche che mirano a ripristinare e/o potenziare l’azione del sistema immunitario (in particolare, delle cellule immunitarie linfociti T) contro le cellule tumorali.
“Il primo tipo di immunoterapia oncologica fu infatti approvato nel 2011 dalla Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia statunitense per gli alimenti e i medicinali, proprio per il trattamento del melanoma metastatico, cioè una forma in cui il tumore si è diffuso dalla pelle ad altri distretti corporei. Questa è stata una vera e propria svolta nella storia della medicina oncologica e ha reso possibile l’inizio di un nuovo, intenso filone di ricerca nell’immunoterapia dei tumori che continua ancora oggi”, continua il professore.
I trattamenti a base di farmaci immunoterapici, in particolare gli inibitori dei checkpoint immunitari, sono efficaci nel 50-60% dei pazienti con melanoma; attualmente, la ricerca sta studiando i meccanismi e le caratteristiche tumorali che rendono questi trattamenti inefficaci nel rimanente 40-50% dei pazienti.
“Oggi più della metà dei pazienti con melanoma, se adeguatamente sottoposta a trattamenti immunoterapici, sopravvive per più di 10 anni. Questo è un risultato molto importante, perché prima del 2011 meno del 10% delle persone affette da melanoma metastatico aveva quest’aspettativa di sopravvivenza a 10 anni dalla diagnosi - aggiunge il professor Russo -.
Tuttavia, stiamo ancora studiando quei meccanismi molecolari, cellulari e immunologici che impediscono al rimanente 40-50% dei pazienti con melanoma di rispondere positivamente al trattamento”.
Le linee di ricerca del prof. Russo
Nella continua ricerca di nuove strategie di trattamento del melanoma attraverso il ripristino della risposta immunitaria antitumorale si inserisce il lavoro del professor Russo, che con il suo gruppo si occupa di immunologia e immunoterapia dei tumori, da sempre concentrandosi sul melanoma come modello di studio.
“Perché ci siamo concentrati proprio su questo tumore? Perché il melanoma è stato il primo tumore di cui si sono riconosciute le relazioni molto forti con il sistema immunitario. Per esempio, proprio sulle cellule tumorali di melanoma è stato identificato il primo antigene umano specificamente riconosciuto dal sistema immunitario - specifica il professore -.
Con il mio gruppo di ricerca, nel corso degli anni abbiamo scoperto che le cellule tumorali, incluse quelle del melanoma, producono gli ossisteroli, cioè molecole di colesterolo ossidato, le quali inibiscono a più livelli la risposta immunitaria che l’organismo mette in atto per contrastare il tumore”.
Gli ossisteroli in ultima analisi danneggiano la risposta immunitaria legandosi ai recettori LXR, strutture proteiche che normalmente regolano il metabolismo del colesterolo e degli acidi grassi.
“Per questo motivo, con il mio gruppo di ricerca e in collaborazione con un gruppo di chimici dell’Università di Perugia, stiamo sviluppando e studiando in modelli preclinici molecole antagoniste dei recettori LXR. Questi antagonisti sono progettati per bloccare l’azione degli ossisteroli sui recettori LXR e quindi contrastare il danno al sistema immunitario e ripristinarne la funzione”, spiega il professore.
Obiettivo prevenzione, con poche regole, ma precise
Si sta avvicinando l’estate e con essa il bel tempo e le lunghe giornate da trascorrere al sole. Poiché l’impropria esposizione solare è il principale fattore di rischio di insorgenza dei melanomi, è fondamentale seguire poche, ma precise, regole di prevenzione primaria, quali:
- ridurre al minimo l’esposizione al sole nelle ore più calde della giornata, che vanno da circa le 11:30 a circa le 16:00;
- applicare sempre su tutta la superficie cutanea esposta le protezioni solari adeguate e rinnovarne l’applicazione ogni 2 ore .
“Rientra nelle strategie di prevenzione primaria anche il regolare consulto del dermatologo - conclude il Professor Russo. Che aggiunge -: La prevenzione primaria e il controllo dermatologico sono gli alleati imprescindibili per la salute della pelle e dell’organismo.