
Quando è necessaria la protesi di spalla e come funziona l’intervento di chirurgia protesica
PUBBLICATO IL 19 MAGGIO 2025
Alzi la mano chi non ha mai avvertito un dolore alla spalla? Percepire un fastidio a questa articolazione è piuttosto comune: è la più complessa del corpo umano e garantisce le maggiori possibilità di movimento.
Un conto, però, è essere alle prese con un’infiammazione o una tendinopatia, una lussazione o una sublussazione, un altro invece è essere in presenza di lesioni, fratture, degenerazioni articolari e cartilaginee.
Per questi ultimi casi il ricorso alla protesi è un’opzione terapeutica percorribile: ne parliamo con il dott. Fulvio Modonesi, Responsabile dell’Unità operativa di Ortopedia e Traumatologia sez. I dell’Istituto Clinico Città di Brescia.
Perché si ricorre alla protesi di spalla
Le indicazioni che spesso portano a un intervento di chirurgia protesica della spalla sono:
- artrosi primitiva, anche nota come omartrosi in quanto fisiologica con l’invecchiamento e quindi degenerativa;
- artrosi secondaria, legata a fratture, patologie traumatiche e articolari;
- artropatia da cuffia (cuff tear arthropathy), una condizione clinica in cui coesistono gravi alterazioni articolari e periarticolari della cuffia dei rotatori.
Quando, infatti, questo complesso anatomico funzionale, costituito da muscoli e tendini, non è più riparabile e siamo per di più in presenza di un quadro artrosico, l’indicazione chirurgica così come la protesi diventano quasi inevitabili, salvo compensazioni ottenute dai trattamenti conservativi.
Le terapie conservative
Prima del ricorso chirurgico, esistono delle strategie per contenere i disagi dettati dall’artrosi. Le soluzioni più efficaci contemplano terapie mediche e fisiche, oltre alla terapia infiltrativa con iniezioni di acido ialuronico o materiale biologico (come il PRP, plasma ricco di piastrine).
Tipologie di protesi di spalla
Ne esistono diversi tipi:
- endoprotesi, ovvero una protesi parziale in cui si ricostruisce solamente una parte anatomica, utilizzate per lo più in ambito traumatologico;
- protesi anatomiche, grazie a cui si inseriscono componenti protesiche omerali, glenoidee o scapolari;
- protesi inverse, dedicate invece a pazienti che presentano una cuffia non funzionante o non valida.
L’intervento di chirurgia protesica della spalla
L’intervento contempla un accesso alla spalla in cui si sacrifica la parte della testa, si espone l’articolazione e si sacrifica la superficie della glena (la parte laterale della scapola) per innestare le componenti protesiche.
Si tratta di un’operazione che dura generalmente 45/60 minuti e viene eseguita tramite anestesia generale o, in casi selezionati, in anestesia plessica, un tipo di anestesia loco-regionale che consiste nell'iniezione di un farmaco anestetico in prossimità di un plesso nervoso (per gli arti superiori, il plesso brachiale), così da non far arrivare al cervello segnali di dolore e/o sensibilità.
La degenza ha una durata generalmente di 3/4 giorni, dopo i quali si prescrive l’utilizzo di un tutore per almeno una ventina di giorni. Contestualmente si suggerisce un percorso riabilitativo grazie a cui tornare alle attività del quotidiano nel giro di 1 o 2 mesi.
Pro e contro della chirurgia protesica di spalla
Negli ultimi anni è cresciuto in maniera significativa il ricorso alla chirurgia protesica. Una crescita dettata non solo dalle tecniche chirurgiche affinate in questi anni, ma anche dai materiali protesici sempre più affidabili (titanio, ceramica e polietilene vitaminizzato quelli più impiegati) e dalla soddisfazione espressa dai pazienti operati.
Bisogna solo prestare attenzione alle complicanze e all’eventuale tasso di fallimento precoce/revisione che, in questo momento, statistiche alla mano, non sono equiparabili alla chirurgia protesica di anca e ginocchio.